sabato 22 giugno 2024

RECENSIONE: MIKE CAMPBELL & The DIRTY KNOBS (Vagabonds, Virgins & Misfits)

 

MIKE CAMPBELL & The DIRTY KNOBS   Vagabonds, Virgins & Misfits (BMG, 2024)




atto terzo

Il terzo disco di Mike Campbell si apre come se stesse finendo un concerto. Un concerto di Tom Petty naturalmente. 'The Greatest' è l'ultima jam prima di salutare un pubblico entusiasta e plaudente: "tu sei il più grande, guarda questo posto, guarda queste facce..." canta Campbell con quella sua voce nasale che racchiude un terzo di Bob Dylan, un terzo di Ozzy Osbourne e un terzo di Tom Petty. Io il "più grande" me lo persi in quel Giugno del 2012 a Lucca: davanti a una scelta, scoprii di aver  fatto quella sbagliata, non immaginando minimamente cosa potesse riservare il futuro. So solo che rimane uno dei più grandi rimpianti musicali della mia vita. Ok, andiamo avanti.

Oggi però non c'è nessuno al mondo che possa fare Tom Petty come sa fare Mike Campbell. "Tutto quello che ho fatto da quando Tom è morto, incluso nell'album con i The Dirty Knobs, è nello spirito di onorare ciò che abbiamo fatto insieme" raccontò Mike Campbell all'uscita del debutto della band che mise in piedi per divertimento quasi vent'anni fa, tra un tour degli Heartbreakers e l'altro.

Vagabonds, Virgins & Misfits si candida, a pochi giorni dall'uscita, a diventare il migliore dei tre album pubblicati da Campbell con i Dirty Knobs (Chris Holt alle chitarre e tastiere, Lance Morrison al basso, Matt Laug alla batteria).

Oltre al fantasma di Petty che si aggira indisturbato tra le note di 'Angel Of Mercy' e 'Hands Are Tied' ("se ci penso troppo, divento triste" ha lasciato detto recentemente Campbell), si percepisce tutta la voglia del chitarrista di lasciarsi andare, suonare e divertirsi, portando avanti si un' eredità pesante ma segnante e significativa negli ultimi cinquant'anni di american music: che sia l'hard rock veloce e guizzante di 'So Alive', il blues di 'Shake These Blues' con quel finale di chitarre veloci, tutto l'amore per i Byrds che permea 'Innocent Man' o il tanto alcol versato nel country 'My Old Friends' che contiene nel testo più nomi di bevande alcoliche del menù del peggior bar della città.

Piacciono poi gli interventi discreti ma di spessore di tre amici ospiti: con la presenza di Graham Nash in 'Dare To Dream', Campbell corona il sogno di fare una canzone nello  stile degli amati Hollies con Nash ai cori, affida a Lucinda Williams 'Hell Or High Water' una ballata folk arricchita da archi e fiati con un testo scritto con occhio femminile e si catapulta in uno scatenato honky tonk da fine serata ('Don't Wait Up') in compagnia di Chris Stapleton e con Benmont Tench a saltellare sul pianoforte. 

Ecco, la presenza di Tench e di Steve Ferrone in un paio di canzoni, alcune di queste recuperate dal passato e lasciate riposare fino ad oggi (decisivo l'invito della moglie Marcie che compare  pure ai cori in 'Hands Are Tied') sembrano ricompattare quei cuori spezzati ma non ancora smarriti che a questo punto potrebbero essere l'ultima mia salvezza per alleviare un rimpianto che esce ogni qual volta il nome di Tom Petty compare fuori. Tipo ora. A rincarare la dose è appena uscito un tributo della scena Country americana a Tom Petty a cui partecipano tra i tanti anche Steve Earle, Chris Stapleton, Margo Price, Dolly Parton, Willie & Lukas Nelson, Marty Stuart, Rhiannon Giddens e Mike Campbell e Benmont Tench appunto.






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