The ROLLING STONES Some Girls (CBS, 1978)
“Volevamo essere più punk dei punk. Pensavamo, loro non sanno suonare, noi sì”. Keith Richards.
Some Girls rappresentò un importante e salvifico segnale di vita. Così immerso nella seconda metà dei settanta, dopo un album da spiaggia caraibica (mica tanto) come Black and Blue (oh, io lo adoro) e con i piedi immersi totalmente dentro alla rivoluzione punk che diede la caccia feroce ai dinosauri del rock. E gli Stones poco più che trentenni erano già animali preistorici per molti. Gli Stones non potevano affondare dentro alla melma che loro stessi contribuirono a foraggiare per attitudine e suoni. Un colpo di coda sfavillante partorito da una delle loro sedute di registrazioni più lunghe e prolifiche in assoluto (vedere la deluxe edition uscita qualche anno fa): entrarono negli studi parigini nell’Ottobre del 1977, ne uscirono fuori nel Febbraio 1978. “Parigi è sempre stato un bel posto per gli Stones, motivo per cui mi piace registrare là. È un luogo molto più calmo, senza la solita fan-mania, solo tossici e spacciatori” parola di Ron Wood. Bene.
Uscito nel 1978 con una geniale copertina di Peter Corriston, che inseguendo Warhol, crea un giornale vintage che nell'originale idea doveva immortalare importanti e famose star femminili del cinema e dello spettacolo (tra cui la nostra Sophia Loren), ma che per motivi di copyright e beghe legali divenne una sfilza di parrucche con i volti intercambiabili dei componenti del gruppo. Anche alcuni versi della canzone ‘Some Girls’ (un blues con l’armonica di Sugar Blue) vennero fraintesi, creando non pochi problemi.
SOME GIRLS rimane, per qualcuno, l'ultimo vero colpo di coda della band, calcolando che i seguenti Emotional Rescue e Tattoo You gli devono molto. Il primo estremizzò l'esperimento, il secondo fu un buon album ma costruito con tante canzoni provenienti dalle prolifiche session parigine.
“Le sedute di registrazione per Some Girls ebbero sempre il vento in poppa dal primo momento in cui cominciammo le prove negli studi parigini Pathè Marconi…fu come ringiovanire, una cosa sorprendente per quel momento così buio, quando era possibile che sarei andato in prigione e che gli Stones si sciogliessero. Ma forse in parte era per questo. Mettiamo giù qualcosa prima che succeda”, scriverà Keith Richards in Life.
È proprio ‘Miss You’, messa lì all'inizio, a far capire quanto gli Stones potessero giocare ancora a loro piacimento con la musica. In verità ‘Hot Stuff’ anticipò il giochetto di un paio di anni. La disco music che imperava venne assorbita, digerita e risputata fuori con un brano disco/funk, appiccicoso e contagioso nel suo coro ma che emana groove e sensualità, venuto in dono a Jagger frequentando lo Studio 54 e dall’intuito di Billy Preston che segnò la strada da seguire. Jagger ci va a nozze e forse fu l'inizio di un abuso per tante future mosse.
Il resto del disco però va da tutt'altra parte. Un disco di strada, chitarristico (Richards usò un pedale nuovo, MXR, un riverbero) e prodotto grezzamente il giusto, con pochi interventi esterni. Un disco marcato Jagger ma le chitarre di Richards e Wood (fu il suo primo vero disco dopo il battesimo di Black And Blue) sono protagoniste, nonostante il buon Keith in quegli anni continuava a bisticciare con le porte dei carceri (l’arresto a Toronto nel 77) e le tasche delle giacche piene di droghe. Come egli stesso racconta nella biografica ‘Before They Make Me Run’. L'aggressiva ‘When The Whip Comes Down’ con Jagger che si unisce alla terza chitarra, ‘Respectable’, ‘Lies’, i paesaggi urbani di ’Shattered’ presentano tipiche rasoiate quasi punk e sbeffeggianti verso qualunque novizio Steve Jones di turno. “Volevamo essere più punk dei punk. Pensavamo, loro non sanno suonare, noi sì” sempre Richards a rincarare la dose.
Ma c’è molto di più appunto: il piacevole retrogusto country di ‘Far Away Eyes’ evidentemente ispirata dall’amico Gram Parsons, scomparso qualche anno prima e con Ron Wood alla pedal steel, l’omaggio al soul con la cover di ‘Just My Imagination’ dei Temptations e il secondo singolo ‘Beast Of Burden’, ballata che diventerà un classico e segno che i Rolling Stones erano tutto fuorché dei dinosauri passati di moda.