domenica 31 dicembre 2023

30 DISCHI per ricordare il mio 2023


 


6x5 Italia


1-KARMA - K3

2-RUDY MARRA & The M.O.B. - Morfina

3-LUCIO CORSI - La Gente Che Sogna

4-OMAR PEDRINI - Sospeso

5-SABBIA - Domomental

GIORGIO CANALI & ROSSO FUOCO - Pericolo Giallo

DANIELE TENCA - Just A Dream

VINICIO CAPOSSELA - Tredici canzoni urgenti

DAVIDE VAN DE SFROOS - Manoglia



6x5 hard



1-URIAH HEEP - Chaos & Colour

2-TYGERS OF PAN TANG - Bloodlines

3-DIRTY HONEY - Can't Find The Brakes

4-ALICE COOPER - Road

5-GRAVEYARD - 6

DOKKEN - Heaven Comes Down

WINGER - Seven

EXTREME - Six

WINERY DOGS - III

L.A.GUNS - Black Diamonds



6x5 heavy


1-OVERKILL - Schorched

2-OBITUARY - Dying Of Everything

3-PRONG - State Of Emergency

4-CHURCH OF MISERY - Born Under A Mad Sign

5-BARONESS - Stone

METAL CHURCH - Congregation of Annihilation

THERAPY? - Hard Cold Fire



6x5  it's still rock'n'roll to Me



1-ROLLING STONES - Hackney Diamonds

2-IAN HUNTER - Defiance Part 1

3-THE HIVES - The Death Of Randy Fitzsimmons

4-RIVAL SONS - Lightbringer/Darkfighter

5-DEWOLFF - Love  Death & In Between

JIM JONES ALL STARS - Ain't No Peril

QUEENS OF THE STONE AGE - In Times New Roman

DANKO JONES - Electric Sounds

THE RECORD COMPANY - The Fourth Album

THE COLD STARES - Voices

GOV'T MULE - Peace...Like A River

DUFF MCKAGAN - Lighthouse



6x5 Made in Usa



1-DUANE BETTS - Wild & Precious Life

2-JOHN MELLENCAMP - Orpheus Descending

3-JONATHAN WILSON - Eat The Worm

4-MARTY STUART And His Fabulous Superlatives - Altitude

5-LUCINDA WILLIAMS - Stories From A Rock N Roll Heart

-MALCOLM HOLCOMBE - Bits & Pieces

-JASON ISBELL And The 400 Unit - Weathervanes

-RODNEY CROWELL - The Chicago Sessions

-ROBERT FINLEY - Black Bayou

-MYRON ELKINS - Factories, Farms & Amphetamines

-THE LONG RYDERS - September November

-ROSE CITY BAND - Garden Party

-GRAHAM NASH - Now

-BEN HARPER - Wide Open Light

-LUCERO - Should Have Learned By Now

-COLTER WALL - Little Songs

-MOLINA, TALBOT, LOFGREN, YOUNG - All Roads Lead Home



6x5: Live & Lost Album



1-TODD SNIDER - Crank It, We're Doomed

2-SPARKLEHORSE - Bird Machine

3-RORY GALLAGHER - All Around Man, Live in London 1990

4-THE DUCKS - High Flyin'

5-STEPHEN STILLS - Live At Berkeley 1971

-BOB DYLAN - Shadow Kingdom

-NEIL YOUNG - Chrome Dreams

-DRIVE BY TRUCKERS - The Complete Dirty South



venerdì 29 dicembre 2023

RECENSIONE: FOGHAT (Sonic Mojo)

FOGHAT  Sonic Mojo (Foghat Records, 2023)




sempre in pista

Dalle nostre parti seguire i Foghat non è mai stata cosa da gran fighi già negli anni settanta pur con un loro grande seguito e  successo in America. Forse proprio per via di quel successo aldilà  dell'oceano che certa critica altezzosa mal digeriva perché persa in ascolti più "impegnati". Come se non si potesse ascoltare tutto senza paraocchi.

Hanno sempre snobbato il loro hard blues dalle tinte boogie relegandoli in serie che non sono la A ma forse nemmeno la B, figuriamoci oggi che hanno perso per strada tanti pezzi della loro storia. 

Per inciso: Foghat (1972), Energized (1974), Fool For The City (1975) e il live Foghat Live (1977) sarebbero tutti da rivalutare.

Ricordo in particolare come band come loro, con i Watt sopra la media e alcune hit commerciali (la loro 'Slow Ride' ha vissuto anche una seconda giovinezza con il gioco Guitar Hero) furono trattate in un volume chiamato Note di Pop Inglese (c'era anche il corrispettivo Americano) , tra i miei primi libri di musica negli anni ottanta: " rock blues di maniera incapace di provocare la pur minima emozione" si scriveva. Guarda caso tutte le band che piacevano a me venivano massacrate.

La compagnia era numerosa, ricordo pure i Nazareth ("uno dei tanti esempi di come si possa diventare miliardari giocando sui soliti tre accordi amplificati da qualche migliaio di Watt") e gli Status Quo ("un quartetto approssimativo persino nell'uso dello strumento" sempre in quel libro): tre gruppi che però, sarà una coincidenza, oggi pur con mille defezioni sono ancora vive e operanti.

Londinesi, nati nel 1970 da alcune costole estirpate ai Savoy Brown, oggi sono guidati dall'unico superstite dell'epoca, il batterista Roger Earl ,  dal chitarrista e produttore Bryan Bassett (Wild Cherry, Molly Hatchet), dal bassista Rodney O' Quinn (Pat Travers Band), e dal buon cantante Scott Holt (da anni sotto l'aurea di Buddy Guy), chitarra solista e voce. Ritornano dopo sette anni di assenza discografia con un disco di pregevole fattura che seppur non avendo e non potendo puntare sull'esuberanza giovanile si aggrappa al mestiere riuscendo  a portarsi a casa un pregevole titolo di "disco da viaggio" che dalle mie parti non si butta mai via.

Dodici canzoni che mettono in fila alcune cover di Chuck Berry, B.B.King, Willie Dixon, Rodney Crowell, Claude DeMetrius con quattro canzoni composte per l'occasione e tre pezzi lasciati da Kid Simmons, proprio dei Savoy Brown, prima di morire l'anno scorso (avrebbe dovuto anche suonarli su disco) che in qualche modo sembrano chiudere il cerchio con il passato.

"I brani che Kim ha scritto per noi penso siano tra i migliori dell'album e tra i miei preferiti" lascia detto Earl.

Tra trascinanti boogie alla ZZ Top ('She's A Little Bit Of Everything'), shuffle alla John Lee Hooker (la slide in 'Drivin' On'), rock melodici ('I Don't Appreciate You') e più pesanti ('Black Days & Blue Nights'), latin rock alla Santana ('Mean Woman Blues' già incisa anche da Elvis), incursioni nel country ('Wish I'd A Been There' scritta in collaborazione con Colin Earl dei Mungo Jerry, fratello maggiore di Roger Earl) e blues nostalgici e notturni ('Time Slips Away') la musica dei Foghat, inglesi ma di casa negli States (il disco è stato registrato al Boogie Motel South a Deland  in Florida), scorre ancora con incredibile disinvoltura e senza pretese di cambiare il mondo se non aggiungere altre fresche canzoni da portare in tour.

Tenacia e passione a volte riescono a sopperire l'inventiva, portando la carriera a superare il traguardo dei cinquant'anni di vita.







sabato 16 dicembre 2023

RECENSIONE: DUFF McKAGAN (Lighthouse)

DUFF McKAGAN  Lighthouse (BFD Records, 2023)





con la benedizione di Bob Dylan

Se vi siete persi Tenderness (2019), il precedente disco di Duff McKagan, recuperatelo, ne vale assolutamente la pena: un flusso di coscienza intimo e cantautorale scritto e musicato insieme a Shooter Jennings. Perfino Bob Dylan si è scomodato per elogiare una canzone lì contenuta: 'Chip Away'.

Questo per dire che questo Lighthouse non riesce ad avvicinare l'intensità di quella raccolta di canzoni, puntando piuttosto sulla varietà rafforzata dalla presenza di alcuni ospiti: il sodale Slash che lascia il suo assolo su 'Hope', l'amico Jerry Cantrell presente nella ballata acustica 'I Just Don't Know' e Iggy Pop con uno spoken, in verità poco incisivo, nell'ultima traccia del disco 'Lighthouse' che riprende la title track che apre il disco. Presenze discrete e poco ingombranti di amici che si mettono al servizio delle canzoni.

Duff McKagan ha confessato che nell'ultimo periodo ha buttato giù una enorme quantità di canzoni dal tiro punk. Non sono però su questo disco a parte la veloce 'Just Another Shakedown', certamente la più movimentata.

Cosa ci troviamo allora? Una raccolta di  canzoni intimiste dai toni scuri ('Longfeather) e malinconici ('Forgivness') ma anche pop come in  'Holy Water' che sembra guardare agli U2. Se con 'I Saw God On 10th St.', un folk punk che gioca sull'effetho elettro acustico  portando la memoria a Johnny Thunders, certamente tra gli eroi musicali di Mckagan, 'Fallen' e 'Fallen Ones' sono ballate da  classic rock vecchio stampo che rinforzano il legame con la tradizione cantautorale americana.

Il faro di Duff McKagan in questi ultimi anni sta proiettando la sua luce verso strade cantautorali sempre più marcate. Anche se poi, lui il titolo di questa raccolta lo spiega così: "ho una moglie straordinaria: è sempre stata un vero faro di speranza, bellezza ed eccitazione, e affronterei qualsiasi cosa per lei", dice. “Mi ha fatto passare così tante cose. Lei è il mio faro, ma su scala più ampia, la stiamo tutti cercando. Si tratta di speranza e di chiedersi cosa accadrà dopo". 

Un sopravvissuto, come spesso si dichiara, che sta vivendo una dignitosa seconda parte di carriera lontana dagli eccessi di gioventù ma sempre più vicina a quella tranquillità di mezza età che però non sembra imbrigliarne l'ispirazione. Pollice verso per la copertina che seppur disegnata dal compagno della figlia, non sembra regalare una buona vetrina al disco. 





venerdì 8 dicembre 2023

RECENSIONE: NEIL YOUNG (Before + After)

NEIL YOUNG  Before + After (Reprise, 2023)





la carriera in una canzone

Mai passare al negozio in prossimità dell'uscita di un nuovo disco di Neil Young. Che poi equivarrebbe a: non passare mai in un negozio di dischi, visto la frequenza delle uscite del nostro. Perché anche se mi prometto "questa volta salto questo inutile disco" poi ci casco sempre. E non ho nemmeno mai visto il vecchio canadese fuori dal negozio con il fucile puntato: "compralo!".

Ed eccolo qui infatti, con la sua copertina minimale e quel font che ruba pari pari da After The Goldrush, con il retro copertina dove il titolo scritto sulla sabbia riporta direttamente a On The Beach, con la foto interna che lo ritrae seduto su una panchina a Zuma Beach -tre rimandi a tre dischi cardine dei settanta- e quel lenzuolo gigantesco di carta con i testi delle canzoni stampati su, quasi consuetudine ultimamente. Un aiuto ai fan che invecchiano insieme a lui. Combattiamo la presbiopia insieme pare il messaggio. Grazie Neil.

Cos'è questa ennesima uscita di Neil Young? L'ennesima bizzarria che misura la temperatura della sua salute a 78 anni. Con tutti i guai che ha passato non sta male il vecchio Neil. Primo: c'è qualcosa di nuovo? Una canzone ma non è nuova.  'If You Got Love' che doveva uscire su Trans ma non vide mai la luce dove canta "se hai l’amore, il mondo in cui cammini sarà ai tuoi ordini" su un tappeto costruito da un organo a pompa. Amore e quella paura di invecchiare inseguita per tutta la vita legano le canzoni.

Quarantotto minuti di canzoni ininterrotte suonate da solo (quasi), chitarra, armonica, pianoforte e organo a pompa appunto, e quel "ininterrotte" è l'altra novità ( ricorda un po' il recente Shadow Kingdom di Dylan), un flusso di coscienza che lo stesso Young spiega così: "le canzoni della mia vita, registrate di recente, creano un montaggio musicale senza inizio o fine, il sentimento viene catturato, non in pezzi, ma come un pezzo intero, progettato per essere ascoltato in quel modo. Questa presentazione musicale sfida la mescolanza, l'organizzazione digitale, la separazione. Solo per l'ascolto. Questo dice tutto". In pratica un concerto, senza pubblico e interruzioni tra una canzone e l'altra. Una sfida a Spotify.

Un ripescaggio comunque assortito e non banale di canzoni quasi oscure, prese dal suo infinito repertorio che parte da 'Burned' e 'Mr. Soul' dei Buffalo Springfield, passa da 'On The Way Home' uscita quando la band era già sciolta ma che farà la sua parte su 4 Way Street di CSN &Y  arriva al più recente Barn con 'Don't Forget Love'. In mezzo quella 'Comes A Time' per me fatale quando uscì improvvisa da una radio tantissimi anni fa aprendomi un mondo che quarant'anni dopo sono qui a raccontare a modo mio, 'Homefires' presa dal vecchio ma fresco d'uscita Homegrown e poi molti anni novanta con 'I'm Ocean' (da Mirrorball con i Pearl Jam) a 'A Dream That Can Last' e 'My Heart' da Sleeps With Angels, 'Mother Earth' da Ragged Glory. Canzoni elettriche che si svestono di Watt e si rivestono di acustico.

Completano 'When I Hold You In My Arms' da Are You Passionate? del  2002 la più complessa musicalmente con la chitarra elettrica di Jeff Tweedy e  l'intervento di Bob Rice  al piano e 'Birds' da After The Goldrush, dando senso ai caratteri con i quali è scritto il suo nome in copertina.

Secondo: è utile questo disco? Naturalmente  no se poi siete di quelli "i miei soldi non li avrai per le ennesime canzoni". 

Quasi sessant'anni di carriera presentati da una voce che, a tratti dolorante e con qualche caduta di stanchezza dovuta all'età, continua a mantenere quella antica magia a cui non so mai rinunciare. La sua voce è Neil Young. Neil Young è la sua voce. Anche se a tratti stanca, pare sempre il 1973, regalando però nuove sfumature, saggezza e calore. Quando poi sbuffa dentto un'armonica apre varchi temporali.

Neil Young sarà duro e crudo fino alla fine dei suoi giorni e se lo avete sposato lo amerete e lo perdonerete ogni volta. Oppure lo manderete a cagare ancora una volta.

Poche magie in sala di registrazione, le esecuzioni sono live, prodotto insieme al novantenne Lou Adler ma sfido chiunque a capirlo,  Before + After serve a mantenere vivo il fuoco. Forse una volta un disco così lo avrebbe suonato e poi accantonato. Oggi lo fa uscire. Tanto vale prenderlo subito perché comunque lo avremmo preso comunque anche se fosse uscito tra dieci anni. Ma fra dieci anni ci sarà ancora Neil Young, ci saremo ancora noi, ma soprattutto un negozio di dischi dove poter entrare e chiedere l'ultimo di Neil Young? (Quest'anno siamo riusciti a chiedere l'ultimo Beatles, figurati!). Certo, roba da vecchi indefessi ma...God bless you.





domenica 3 dicembre 2023

RECENSIONE: TODD SNIDER (Crank It, We're Doomed)

 

TODD SNIDER  Crank It, We're Doomed (Thirty Tigers, 2023/2007)



tesoro nascosto

Il mio disco americano dell'anno è vecchio di sedici anni. Proprio così, Todd Snider fa uscire il suo disco perduto, perché tutti i grandi hanno un lost record da qualche parte,  registrato a Nashville nel 2007 fu accantonato per essere abbondantemente saccheggiato di alcune canzoni che appariranno in modo e titoli diversi in alcuni album successivi tra cui Peace Queer (2008), The Excitement Plan (2009) e Agnostic Hymns & Stoner Fables (2012).

Ora esce la versione dei tempi che si pensava persa del tutto. Trovato il master originale (dal tecnico Jim Demain), nulla è stato toccato di queste quindici canzoni che ci mostrano Snider in uno dei suoi tanti stati di grazia, liricamente e musicalmente. 

"A quel tempo stavo inventando così tante canzoni. Ho inventato così tante canzoni su così tante cose" dice.

Grezzo e spartano tra folk ('Doll Face), il violino dylaniano di 'Mercer's Folly', garage rock'n'roll ('Handlemab's Revenge'), funk ('Juice'), surf rock ('Slim Chance is Still a Chance'), sgangherati shuffle e bluesacci (lo stomper alla Bo Didgley di 'Mission Accomplushed'), Snider ci racconta la sua versione del mondo nel consueto e unico modo, ficcante e acuto: il "viaggio" con LSD di 'America's Favorite Pastine' vale il disco.

Riprende pure 'West Nashville Grand Ballroom Gown' di Jimmy Buffett e ospita due pezzi da novanta come Loretta Lynn (nel frattempo anche lei scomparsa insieme a Buffett e amici vari) con la quale ha coscritto lo swing 'Don't Tempt Me'  e Kris Kristofferson nella finale 'Good Fortune'. Un piccolo tesoro che lo stesso Snider ha raccontato essere un  personale incrocio tra Exile On Main Street degli Stones  e Desire di Dylan. Ora Snider sta attraversando un periodo di convalescenza, speriamo che queste canzoni perdute siano da spunto per una ennesima rinascita.