sabato 25 settembre 2021
RECENSIONE: JESSE MALIN (Sad And Beautiful World)
domenica 19 settembre 2021
RECENSIONE: STEVE RUDIVELLI (Gasoline Beauty)
STEVE RUDIVELLI Gasoline Beauty (2021)
l'operaio del rock'n'roll
Nell'era in cui tutto viaggia smart e veloce attraverso applicazioni e bitcoin, Steve Rudivelli è ancora uno di quelli che sì, vi spedisce il suo nuovo disco ma per pagarlo dovete spedire a lui i soldi via posta, chiusi in una busta. Proprio come si faceva negli anni ottanta quando per ascoltare musica si era disposti a tutto e aspettare qualche giorno in più era un sacrificio sempre ben ricompensato. Un contratto di fiducia tra artista e fan. Un piccolo particolare che basta per raccontarvi lo spirito punk, (e po' anarchico) che vive annidato dentro a Steve. Proprio come quella copertina che mi ha subito riportato a Give 'Em Enough Rope dei Clash, i corvi sono gli stessi ma Steve ci mette la faccia e si immola nel nome del rock'n'roll. Ci lascia un po' del suo sangue contaminato di alcool.
Gasoline Beauty è il fratello del precedente Metropolitan Chewingum, nato in piena pandemia. Qui però si torna finalmente a viaggiare a fari accesi, country rock, nero e da notte fonda, chitarra acustica, armonica dylaniana e qualche bel taglio di elettrica (Handy D.) come succede nell'apertura 'Gasnevada' e nel quadro in stile Hopper musicato in 'Giù Le Mani Dal Banco'. Atmosfere giuste per il suo personale Oh Mercy.
Si esce di casa anche se tutto sembra ancora avvolto in una nebbia da notte fonda, invernale e brianzola, con strade presidiate da corvi neri che "giocano" da un lato della strada grigia e il Lambro che scorre dall'altro ('Lambro River'), un'utilitaria da pochi soldi sotto il sedere come fosse una Cadillac lanciata a tutto gas verso Lecco ('Gasoline Road') e personaggi poco raccomandabili come Frankie che ti superano lungo l'autostrada Bergamo Nevada magari facendoti pure il dito.
E visto che " in fabbrica sono un numero, fuori devo tornare Steve Rudivelli, al più presto", così Steve mi raccontava il suo desiderio di riprendersi la sua vita artistica dopo questi due anni passati lontano dai palchi del suo personale Texas (a proposito ecco 'Coca Jack Jet' texana fino all'ultima goccia), dove le serate scorrevano scivolose tra il bancone, una ballerina di tango jazz e il sogno bagnato Mary con la sua maglietta bianca dei Rolling Stones. L'augurio migliore è quello di trovarsi questo inverno davanti a un bicchiere in qualche bar sperduto della Brianza per riprenderci la nostra vita migliore.
lunedì 13 settembre 2021
RECENSIONE: DANKO JONES (Power Trio)
domenica 5 settembre 2021
RECENSIONE: STURGILL SIMPSON (The Ballad Of Dood & Juanita)
STURGILL SIMPSON The Ballad Of Dood & Juanita (High Top Mountain, 2021)
Ormai da Sturgill Simpson possiamo aspettarci di tutto. Salutato come il salvatore della country music di Nashville (lui è nativo del Kentucky) nei suoi primissimi dischi, dove cercava di svecchiare il genere con colpi ad effetto, ci aveva spiazzato con Sound & Fury, un disco carico di synth e chitarre elettriche in piena sbornia da anni ottanta e novanta (echi industrial rimbombavano di qua e di là), poi durante il lockdown se n'è uscito con due dischi che ritornavano al passato, riprendendo vecchie canzoni in stile bluegrass presentate da due copertine tanto orribili quanto autoironiche, e proprio dal bluegrass riparte con questo The Ballad Of Dood & Juanita. Un concept album, scritto e registrato in tempi brevissimi, che in meno di mezz'ora ci racconta l'epopea da vecchio West del tiratore scelto Dood, figlio di una cameriera e di un minatore di montagna, che in piena guerra di secessione parte alla ricerca della sua amata Juanita, sottratta al suo amore da un bandito che la rapisce. Il viaggio di Dood insieme al fedele cane e "miglior amico" Sam (cantato nel gospel 'Sam') e al cavallo Shamrock (anche a lui è dedicata una canzone) - eccoli disegnati in copertina - parte con gli spari di un fucile e una marcia militare ('Prologue') e si sviluppa in una sarabanda di country bluegrass che sanno di fieno e letame, spazi infiniti, strade, montagne e polvere, dove violino, banjo e scacciapensieri si rincorrono ora veloci ('Go in Peace'), ora minacciosi ('Ol' Dood'), ora a trotto lento ('One In The Saddle, One On The Ground'). Dood cerca la sua rivincita, la avrà anche se perderà per strada qualche pezzo della sua vita.
Il tutto con la benedizione di una vecchia volpe: il valzer 'Juanita' è arricchito dalla presenza dell'irriducibile Willie Nelson, qui completamente a suo agio.
"Volevo solo scrivere una storia, non una collezione di canzoni che raccontassero una storia. Una storia attuale, da cima a fondo. Una semplice storia di redenzione e vendetta, una corsa su un rollercoaster attraverso tutti gli stili del country e del bluegrass tradizionale, inclusi gospel e canto a cappella" racconta Simpson.
C'è poca innovazione in questi solchi, solo tanto devoto amore. Pura Americana a sua firma.