domenica 27 febbraio 2022

RECENSIONE: JAIME DOLCE'S INNERSOLE (Love Generator)

JAIME DOLCE'S INNERSOLE   Love Generator (lo Stran Palato, 2022)


amore per la musica

Jaime Dolce è un bluesman che come tutti i buoni bluesmen  assorbe: luoghi, amicizie, situazioni, temperature, generi musicali. Un viaggiatore partito dalla lontana New York che ha trovato in Italia, a Parma, la sua comfort zone. Chitarrista per Mason Casey nei primi anni novanta, arrivato in Italia ha partecipato e suonato per molti progetti ma quando ha da parte abbastanza canzoni per un disco tutto suo esce allo scoperto con il progetto Jaime Dolce's Innersole, accompagnato da Filippo Buccianelli alle tastiere, Matteo Sodini alla batteria, Andrea Mr. Tibia Tiberti al basso. 

La sua chitarra guida canzoni trasversali, mai scontate che si abbeverano tra i generi, così che il passo dal blues al dub reggae di 'God Love If You Want It' (di Slim Harpo, una delle due cover, l'altra è 'Fire' del suo mentore Jimi Hendrix), dal RnB al funky di 'Bad Gone Blues' sembrano di una facilità disarmante. Ma si chiama bravura, stile e attitudine. Così come la chitarra che straborda nel finale di 'Money Ain't Nothing', la solarità quasi pop che circonda 'Zinfandel Blues', il blues sincopato 'Losing Me' portato a termine con la voce sporca il giusto, la classe della band che esce  nella strumentale 'TTF (Lust Generator'), il southern funky travolgente di 'Holy Sole', il soul spartano e avvolgente di 'Time (Pietrasanta Blues)', il blues acustico di 'The Wind Cries Mississippi John Hurt', la ballata 'Love Generator' e l'arrivederci della finale  'Il Bacio Della Buona Notte' confermano la bontà del chitarrista americano, ma se lo chiamate italiano, credo non si offenda. Fa da buon sigillo di qualità blues la produzione e distribuzione da parte de Lo Stran Palato di Brescia.

                                                          Foto: Gianfilippo Masserano





martedì 22 febbraio 2022

RECENSIONE dischi in pillole: EDDIE VEDDER (Earthling)

EDDIE VEDDER  Earthling (Seattle Surf/Republic Records, 2022)


divertimento assicurato

Ho letto tante cose sull'ultimo di EDDIE VEDDER: alcune lo dipingevano come una ciofeca immonda, altre lo osannavano quasi fosse il disco in grado di salvare il rock'n'roll. Naturalmente bisogna alzare e abbassare i livelli e arrivare al centro dove forse siede pacifica e annoiata la verità, troppo democratica (parolona che fa sempre paura) per far rumore e troppo dimenticata per far litigare le opposte fazioni nei social. 

È un disco pasticciato EARTHLING, questo sì, ma nel senso buono del termine, che potrebbe anche voler dire: essere spassoso, incatalogabile, vario, paraculo il giusto. A tratti chiassoso e sopra le righe come il suo produttore Andrew Watt. Uno che ha ricordato a Ozzy Osbourne di fare Ozzy almeno ancora una volta. Non ha un mood  intimista piantato al centro dell'opera come i precedenti due dischi di Vedder, gli scarni e acustici Into The Wild e Ukulele Songs (i fan oltranzisti quello volevano) ma bensì raccoglie per strada canzoni presumibilmente scritte nel tempo che quindi ondeggiano a seconda dell'umore e del momento nei quali sono state scritte. 

Certo, l'apertura secondo me non è delle più incoraggianti: l'epicità di 'Invicible' mi sembra tronfia come le cose peggiori di Vasco Rossi. Eppure per molti è tra le migliori. Ma dalla seconda traccia in avanti le montagne russe che percorrono l'intero disco funzionano alla grande senza attimi di noia. No, non ci si annoia nell'ultimo disco di Vedder. Passare dalla solarità di 'Fallout Today', all'intimità di 'The Haves', al rock'n'roll tirato che pare Danko Jones di 'Rose Of Jericho' è un attimo. 

Certo, manca la fame della gioventù che bruciava il terreno intorno (ma quella manca da anni ormai, vent'anni si hanno una volta sola) sostituita dalla maturità che si nutre di mainstream. L'intervista con Bruce Springsteen uscita in contemporanea  è un lancio mediatico opportunista e furbo. La maturità porta ad avere anche amici di peso. Ma si deve arrivare lì. 

E a conferma di quanto Vedder abbia voglia di divertirsi ci sono i tre duetti che: fanno suonare l'armonica di Stevie Wonder (che assolo pazzesco) dentro a un pezzo dal tiro punk ('Try'), fanno fare ad Elton John se stesso come fosse ancora negli anni settanta ('Picture'), fanno suonare Ringo Starr in una canzone dei Beatles che non è dei Beatles ('Mrs. Mills'). Sono "cose" anche queste. 

E poi una 'Long Way' che profuma di Tom Petty e 'Brother THe Cloud' che sembra rifarsi ai Talking Heads come alcune delle ultime cose firmate Pearl Jam.Un omaggio alla musica. Da fan. 

Ah, per me  è comunque meglio dell'ultimo Gigaton firmato Peal Jam. E che ci vuole direte voi?





sabato 12 febbraio 2022

RECENSIONE, dischi in pillole: MADRUGADA (Chimes At Midnight)

 


MADRUGADA  Chimes At Midnight (Madrugada Music/ Warner, 2022)




tornati per restare

Il concerto alla Latteria Molloy di Brescia per il tour del 2019, nato per festeggiare i vent'anni dall'uscita del loro strepitoso esordio Industrial Silence rimane, per intensità, uno dei migliori concerti visti negli ultimi anni. Ora che la band si è riformata, a quattordici anni dall'ultimo album, che fu registrato durante e dopo la morte del chitarrista Robert Buras, i MADRUGADA ritornano con CHIMES AT MIDNIGHT. Dicono di averlo registrato per suonare nuove canzoni ai prossimi concerti, anche se due le pescano dal passato. Tornati per restare quindi. Intanto io dico che questo album registrato in parte nei mitici Sunset Sound Studio di Los Angeles, ha tutte le carte in regola per far proseguire la band norvegese sugli stessi binari di sempre come se il tempo non fosse mai passato, dove tensione, atmosfere romantiche e notturne, rarefatte e scatti elettrici sono come al solito guidati dalla inconfondibile e baritonale voce di Sivert Høyem come sempre l'arma in più. I loro paesaggi sonori sono inconfondibili, ed è un piacere lasciarsi trasportare senza fretta e con lòa voglia di non finire mai il viaggio. L'unico limite è forse la troppa perfezione dei Madrugada che fanno i Madrugada, dall'inizio alla fine, ma per un ritorno dopo tanti anni mi sembra il minimo che si possa concedere loro. Un trademark ormai consolidato. Ancora un caldo abbraccio dalla sempre fredda Norvegia. 





martedì 1 febbraio 2022

RECENSIONE, dischi in pillole: EELS (Extreme Witchcraft)

 

EELS   Extreme Witchcraft (E Works Records, 2022)


mi voglio divertire!

Ho ancora negli occhi l'arsenale di chitarre che Mr. E si portò dietro durante il tour  che passò all'Alcatraz di Milano nel 2010. Cambiò quasi una chitarra ad ogni pezzo in preda ad una bulimica voglia di rock'n'roll, arrotolato dentro a una tuta da meccanico bianca e candida e una bandana che finiva dove iniziava la sua lunga barba ascetica dell'epoca. 

La stessa voglia di divertirsi che sembra esplodere nei primi quattro pezzi e poi ancora più avanti in questo nuovo album dopo il per me poco riuscito ed ombroso Earth To Dora del 2020.

Schitarrate beat garage ('Amateur Hour', 'Good Night On Earth') che sembrano riportare ai tempi di Souljacker (ed ecco di nuovo John Parish in produzione, mica un caso) e Hombre Lobo. È un disco spassoso dall'inizio alla fine, uno dei più  divertenti della sua carriera. Perché vario: quando le chitarre incontrano l'elettronica ('The Magic') quando si lancia nel giro funky di 'Grandfather Clock Strikes Twelve', nel riff blues di 'Better Living Through Desperation' e quando torna al passato, agli inizi, in 'Learning While I Lose'. 

Anche l'umore sembra essere up (i tempi sono cambiati) nonostante la pandemia e le sue "strane abitudini alimentari" acquisite per inerzia ('Strawberries & Popcorn'), le ore che sembrano non passare e qualche disavventura d'amore ('Stumbling Bee') che però sembra non preoccupare così tanto come una volta perché nella soffice 'So Anyway' c'è una dichiarazione d'amore sincera e romantica. Sarà la stessa persona? Mr. E si è nuovamente accasato e bambini e cani scandiscono i suoi giorni. 

Certamente l'uscita più varia e divertente dei suoi ultimi anni. Bentornato Mr. E. 

Recentemente ha detto: "sono costantemente stupito di essere una delle poche persone fortunate al mondo che riesce a fare quello che vuole fare per lavoro". E questa volta è proprio un buon lavoro.