giovedì 26 aprile 2018

DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA #59: THE DEL FUEGOS (Boston, Mass.)


The DEL FUEGOS     Boston, Mass. (1985)



Per capire cosa abbiano rappresentato i bostoniani DEL FUEGOS nei pieni anni ottanta potrebbero bastare due episodi, o meglio chiamarli segni di riconoscenza, avvenuti proprio in prossimità dell’uscita del secondo album BOSTON, MASS. nel 1985: un Bruce Springsteen, in quel momento al top delle cronache musicali con lo status di popstar più che rock appiccicato addosso, che tra uno stadio e l’altro, copertine patinate sulle riviste più in voga dell’epoca, li raggiunse in un piccolo club del North Carolina, il Rhinoceros Club, per accompagnarli in un paio di pezzi “era tra il pubblico e gli chiedemmo se volesse salire sul palco. Rispose di sì e suonò con noi ‘Stand By Me’ e Hang On Sloopy’. A fine serata la radio ne parlava. Noi chiamammo in nostri amici a Boston: ‘non credereste mai a quello che ci è successo’ “, e poi c'è Tom Petty che con i suoi Heartbreakers se li portò in tour insieme ai Replacements nel 1986. Dimostrazioni d’affetto o una velata nostalgia delle star verso gli ingenui e ruspanti tempi degli esordi? Sicuramente le due cose insieme. La band dei fratelli Dan (voce e chitarra) e Warren (chitarra) Zanes era la band giusta al momento giusto, con Dave Alvin dei Blasters come padrino e l’etichetta Slash che ci crede, furono capaci nell’unire il passato legato alle radici rock'n'roll, garage e R&B con il presente (senza comunque rincorrerlo) e ricondurre il rock nei luoghi a lui più congeniali: dentro i piccoli club affamati di voce, chitarre, basso e batteria e lungo le strade secondarie dove la vita continuava a scorrere tra mille difficoltà. Il vicolo da fine nottata brava rappresentato nel retro copertina è la fotografia giusta: lampioni, rifiuti abbandonati e la luce di un nuovo giorno dietro l’angolo in fondo. Non furono dei rivoluzionari ma proprio per questo apprezzati. Dei tradizionalisti devoti a ferro e legno quando tutti rincorrevano la plastica colorata degli anni ottanta. Spettinavano i capelli con le chitarre (‘Sound Of Our Town’, ‘Shame’, ‘It’s Alright’ potrebbe essere una bella outtake di The River tanto per rimanere a Springsteen), ruffiani il giusto (‘Don’t Run Wild’ era la prova di squadra perfetta con la batteria di Woody Giessmann e il basso di Tom Lloyd in bella evidenza), ma poi erano in grado di ritagliare le stelle dai cieli della notte con affreschi notturni bagnati da hammond, soul e romanticismo (‘I Still Want You’,’Fade To Blue’,’Coupe DeVille’) o lasciare impronte indelebili sul terreno umido caro ai migliori Stones, e ‘Night On The Town’ è lì da ricordare insieme all’esigua manciata di dischi incisi lungo il percorso della carriera.



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