Tante luci e qualche ombra per la prima di John Mellencamp in Italia. Assente da diciannove anni dai palchi europei, quest'anno il sessantenne giaguaro dell'Indiana fa le cose in grande e si ferma addirittura per tre tappe in Italia, paese che non aveva mai toccato durante i suoi 35 anni di carriera. L'attesa era più che legittima e giustificata.
Dopo lo straordinario No better than this(http://enzocurelli.blogspot.com/2010/08/john-mellencamp-un-vecchio-microfono.html), vero e proprio viaggio nelle radici della musica americana che partendo dalla stanza di Hotel a San Antonio dove ancora aleggia lo spirito blues di Robert Johnson, passava a Menphis negli Sun studio, luogo imprescindibile per il rock'n roll, finendo con il battesimo nella prima Chiesa Battista nera del Nord America, Mellencamp porta in giro per l'Europa uno spettacolo che ricalca in parte la ricerca musicale alla base di quel disco.
Nella splendida piazza del castello di Vigevano, il Festival "Dieci giorni suonati" quest'anno ha proposto grandi concerti e tante anteprime a partire dai Primus, John Mayall, Jeff Beck, Black Country Communion, Brian Setzer e Black Crowes e non ultimo un'altro battesimo per Mellencamp, quello davanti ai suoi fans italiani.
L'attesa per l'inizio del concerto viene ingannata con la proiezione del film/documentario "It's About You" che testimonia la nascita di questo suo ultimo disco prodotto da T-Bone Burnett con immagini rubate in studio, commenti dell'autore e spezzoni di musica live. Gli ultimi anni di musica di Mellencanp( fresco di coppia con l'attrice Meg Ryan, ma questo c'entra poco stasera) che si intrecciano con l'America rurale e di provincia da lui amata. Un documento di per sè interessante, che perde il suo fascino se proiettato prima di un concerto con i fans in attesa e qualcuno che sembra non gradire la scelta, disturbando senza un reale motivo.
Quando lo schermo scompare, sale sempre di più l'impazienza che finalmente viene interrotta dalla voce di Johnny Cash e la sua God's gonna cut you down, scelta come base di introduzione. Alle 22 e 25 Mellencamp e la sua band salgono sul palco per un concerto che durerà un'ora e mezza e sarà sostanzialmente diviso in tre parti.
La prima parte, se da un lato è la più affascinante musicalmente, rimane a fine serata la più fredda sotto l'aspetto emotivo e di coinvolgimento. Il salto indietro nel tempo che Mellencamp e band ci vogliono far compiere è tangibile e segue la scia degli ultimi due lavori in studio sotto la regia di Burnett. L'America delle radici folk, country-blues e rockabilly di un set semi-acustico, il contrabbasso suonato da Jon E.Gee, regalano a Authority song, No one Cares about you, Death Letter un fascino antico ed impolverato che sa di vecchi vinili e immagini in bianco e nero. Piace Check it out tratta da "The Lonesome Jubilee", dove la sinuosa figura della brava violinista Miriam Sturm si erge a protagonista.
Nella parte centrale del concerto Mellencamp mette sul piatto la sua vena da folk singer solitario, la chitarra acustica e la sua voce conquistano. Save some time to dream, apertura del suo ultimo disco, Jackie Brown (splendida), Jack and Diane, Small Town, il ricordo dell'amata nonna prima di Longest days( con la fisarmonica di Troye Kinnett) e anche qualche problema "di testa"(come dice lui, scusandosi) prima di attaccare a "cappella" Cherry Bomb iniziano a scaldare la serata, mentre qualche timida goccia di pioggia cade.
Con Rain on the scarecrow si apre la terza parte del concerto, che fino ad ora non ha concesso pause. Dane Clark alla batteria, Andy York e il fidato Michael Wanchic alle chitarre iniziano a fare sul serio aprendo un set rock fiammeggiante e potente, ora il pubblico è entrato definitivamente nella parte. Forse troppo tardi. Perchè Cramblin' Down, If i Die Sudden e Pink Houses sembrano scorrere via veloci e fiere più del previsto, tanto che R.O.C.K. in the USA sembra arrivare anche troppo presto. Mellencamp fa salire un fan sul palco a scandire il chorus, divertimento che purtroppo si interrompe qui.
Le richieste e la vana attesa di un bis scemano con l'illuminazione intorno al palco che si accende e le ombre che accennavo all'inizio che calano a infastidire la festa. Partendo dal pressuposto che avere Mellencamp in Italia è già un valore che mette in secondo piano tutto, le fantomatiche ombre che si possono scorgere sono: una setlist che poteva essere arricchita con una manciata di minuti e di canzoni in più, un Mellencamp un pò rigido nel cercare di coinvolgere il pubblico (insomma non è Springsteen e forse lo si sapeva già) e l'impressione di voler concedere troppo poco all' improvvisazione seguendo una scaletta standard. Qualche regalino ai fans italiani poteva essere concesso.
E' comunque un pezzo di storia musicale americana che sbarca in Italia per la prima e forse unica volta. Chi c'era potrà raccontare orgoglioso tutte le luci e anche le "ombre" della serata.
SETLIST: Authority song, No one cares about me, Death letter, John Cockers, Walk tall, The West End, Check it out, Save some time to dream, Cherry bomb, Jack and Diane, Jackie Brown, Longest days, Small town, Rain on the scarecrow, Crumblin’ down, If I die sudden, Pink houses, R.O.C.K. in the U.S.A.
Un grazie a Gabriella Ascari per le foto:2,4,5(quelle belle!)
avevo sentito mellencamp nel 1988 a losanna. complice la mia giovane eta' (24 anni) e i suoi 4 albums fulminanti (da american fool a lonesome ..) le due ore di concerto mi erano rimaste impresse nella memoria.
RispondiEliminaIeri sera ho assistito ad un gruppo di professionisti che sono saliti sul palco e incuranti di dove fossero (in Italia o altra parte del mondo...) hanno eseguito il loro show in maniera totalmente asettica. Nulla da eccepire tecnicamente ma il rock e' (sopratutto )cuore e intensita' emotiva.
Peccato..non era quello che mi aspettavo.
Inoltre tanto per farci del male ci siamo giocati nella setlist Paper in fire regolarmente suonata nelle altre date europee.
Inutile a dirsi che e' stata tagliata per proplemi di orarro. A mezzanotte bisogna chiudere rigorosamente i battenti. E allora perche' non cominciare un po' prima.......?
Forse sarebbe il caso di farglielo notare al sig. Trotta che ha costretto due pesi massimi (Black Crowes & Mellencamp) a miseri 90 minuti di show.......
Pare che aver finito presto non sia stata colpa di Mellencamp, ma dell'organizzazione che ha imposto il silenzio a mezzanotte (cosa avvenuta anche due giorni prima con i Black Crowes dopo solo 1h e 25 di concerto).
RispondiEliminaBisognerebbe capire dalla Barley Arts perchè non si poteva cominciare prima come accade in altri paesi europei. Ma si sa siamo in Italia...
Dove si possono riempire di insulti questi personaggi??
sulla pagina facebook ti Trotta ( http://www.facebook.com/note.php?note_id=10150228650811227 ) c'è una nota in cui spiega che non è stata una sua scelta, ma degli artisti, quella di suonare solo 1h e 30 m. In particolare ai Black Crows aveva offerto 3 ore e la possibilità di fare il doppio set acustico/elettrico ma il gruppo ha rifiutato. Sarà vero?
RispondiEliminaCerto che 1.30 per Mellencamp e Black Crowes è ridicolo!
Ottima recensione, completa e dettagliata.
RispondiEliminaCondivido praticamente tutto, comprese le note nel bene e nel male su documentario iniziale.
La mia recensione qui:
http://langolodelmartux.blogspot.com/2011/07/mellencamp-concerto-vigevano-recensione.html
Non ho bisogno di dire cose non vere,dico sempre e solo quello che penso e quello che è,diversamente taccio. Sia black crowes che mellencamp hanno suonato TUTTO IL TEMPO CHE HANNO VOLUTO senza ALCUN TAGLIO DA PARTE NOSTRA
RispondiEliminaclaudio trotta
Una precisazione, anche a Roma, tra il biasimo generale del pubblico, il concerto e' durato poco piu' di un'ora...mah...da spettatore uno spettacolo senza infamia e senza lode, M. e' un bravo artista ed un discreto performer, ma 1 ora e 15 di film, hanno messo a dura prova i nervi del pubblico, poi si sono persi altri 20 minuti per il "set up" degli strumenti sul palco, infine poco piu' di 1 ora per il concerto vero e proprio, ma nessuno del suo entourage gli ha suggerito che stavo facendo una cazzata a mettere su uno show del genere?
RispondiEliminaCon il senno di poi avrei preferito non vederlo, e non perdermi invece Warren Haynes a Genova. Comunque Cougar resta uno dei miei eroi, da Uh uh a Scarecrow a Jubilee. Mellencamp invece, il cowboy dell'Indiana, dovrebbe prendere lezioni di umiltà e di professionalità da quelli che ritiene essere i suoi modelli...
RispondiEliminaRecensione corretta e totalmente condivisibile: un ottimo professionista che però non mi ha fatto venire la pelle d'oca. Concordo anche con Bob Rock, molto lucido nella sua analisi, anche se non credo che l'organizzazione abbia colpe in tal senso.
RispondiEliminaCè stato qualche problema......Se andate a vedre tutte le altre date, relativi video e setlist.....è stat una tourne' trionfale......Solo in italia è successo....sfortuna forse...Non so'.....John è comunque un grande artista e un grande performer......Qualcosa è andato storto da noi...Peccato......Informatevi prima di dare giudizi affrettati e definitivi......Non avete visto il vero John Mellencamp......
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