martedì 27 marzo 2018

RECENSIONE: MONSTER MAGNET (Mindfucker)

MONSTER MAGNET    Mindfucker   (Napalm Records, 2018)





Esplorato l’intero universo con lo space rock, pesante e stonato dei primi dischi, prima o poi era inevitabile la ricaduta sulla terra (avvenuta all’incirca con POWERTRIP, anno 1998 ), abbracciando con fervore il groove hard rock'n'roll con alti e bassi, dettati dell'umore del leader Dave Wyndorf, a sua volta dettato dagli agenti esterni più pericolosi per uomo . Oggi in ottima salute direi. Anche se qualche stella lontana riescono ancora ad acciuffarla (la lunga e acida ‘Drowning’, ‘All Day Midnight’), MINDFUCKER ha i piedi ben piantati al suolo del loro New Jersey e ampie zone limitrofe: ‘Ejection’ (sotto il video) e ‘Want Some’ potrebbero essere il parto tra Iggy Pop e Josh Homme se il loro matrimonio non fosse stato troppo fighetto ma avesse messo in gioco l’istinto più garage (siamo dalla parte degli Stooges) e selvaggio dei due. ‘I’m God’ è tutta lì in quel titolo quasi autobiografico di un’intera carriera, arrivata quasi al trentennale. L’iniziale triade (‘Rocket Freak’, ‘Soul’,’Mindfucker’) e la fine (‘When The Hammer Comes Down’) sono pure mazzate hard rock, le prime dirette, dall’istinto garage e psichedeliche il giusto, la seconda figlia cadenzata dello stoner dei novanta, campo da loro conosciuto e arato. E poi c'è ‘Brainwashed’ che fa storia a sé von il tiro e l’epicità da classico degli anni settanta, e la butto lì: un Nick Cave con baffi a manubrio (Grinderman) che prende il posto di Paul Di'Anno nei primissimi Iron Maiden figli diretti del punk. Pollice su. Un grande ritorno.





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