domenica 11 giugno 2023

RECENSIONE: BEN HARPER (Wide Open Light)

BEN HARPER  Wide Open Light (Chrysalis Records, 2023)



pensieri in solitaria

Era un bel disco Bloodline Maintenance, quasi ostico, tanto personale (dedicato al padre e alla ancora fresca ferita per la perdita dell'amico Juan Nelson) quanto combattivo in alcune stoccate inflitte alla politica USA. A un solo anno di distanza, a confermare un'ispirazione alta e prolifica , Ben Harper ne confeziona un fratello per certi versi ancora più sorprendente. Un fratello completamente acustico, spogliato di quasi tutti gli strumenti presenti nel precedente: ci rimangono Ben Harper uomo, le sue storie molto intime e personali raccolte nel tempo e legate l'una con l'altra, una chitarra acustica, qualche amico ospite (Jack Johnson in 'Yard Sale', Piers Faccini a ricamare di chitarra nella title track, Shelby Lynne ai cori in '8 Minutes') e due strumentali ('Heart And Crown' e 'Thank You Pat Brayer') ad aprire e chiudere il discorso.

Folk ridotto all'essenziale con una lap steel protagonista a rievocare quei fantasmi che ci accompagnano per tutta la vita, in  'Giving Ghosts', registrata live in Australia, dove canta "ogni giorno assomiglio un po' di più a mio padre e ogni giorno assomiglio meno a me", acquerelli soffici come un abbraccio che invitano a vivere il presente ( 'Masterpiece' cantata con una sensibilità cara a Cat Stevens). 

Wide Open Light cammina con delicatezza sui generi, ci parla di amore in 'Love After Love' (canzone più ricca di strumenti) dove l'amore è  visto "come l'ultima risorsa rinnovabile" ma anche di abbandoni (in 'Yard Sale' si chiede se è troppo tardi per il "sesso d'addio"), del tempo come prezioso alleato (il valzer folkie che sfocia nel gospel 'One More Change'), sembra pure citare Bob Dylan periodo New Morning in 'Growing Growing Gone', e poi ci sorprende con una jazzata 'Trying Not To Fall In Love With You' condotta in solitaria al pianoforte, canzone folle da piano a tarda notte quando i freni inibitori sono completamente fuori uso, tra Tom Waits e Randy Newman. 

Un riflessivo ritorno alla semplicità  delle origini, un dialogo soffuso e intimo con se stessi, : "c'è stato un tempo in cui gli album non avevano bisogno di una storia o di una favola. Quando bastavano le canzoni". E qui dentro di canzoni ce ne sono di buone. 





Nessun commento:

Posta un commento