martedì 1 ottobre 2019

RECENSIONE: DAN McCAFFERTY (Last Testament)

DAN McCAFFERTY   Last Testament (Ear Music, 2019)
 
 
 
la voce scozzese a tratti commovente
Per me Dan McCafferty è stato una delle migliori e più sottovalutate voci del mondo rock: una voce vissuta, abrasiva, penetrante. Riconoscibile e rock come poche. Quando qualche anno fa annunciò l'uscita dai Nazareth per problemi di salute dopo l'album Rock'n Roll Telephone del 2014 mai più avrei sperato di ritrovarlo dietro un microfono. La sua malattia BPCO (malattia che attacca l'apparato respiratorio) non gli permetteva più di seguire la band in tour. "Sul palco avrei deluso i fan, deluso la band e deluso me stesso, quindi ho dovuto prendere quella decisione".
Il gruppo, con i suoi cinquanta anni sulle spalle, è rimasto nelle mani del bassista Pete Agnew (unico membro originale) e sta proseguendo la sua corsa con un nuovo cantante ma con la benedizione di McCafferty: "volevo che continuassero, facessero andare avanti l'eredità".
Di Dan McCafferty nessuna notizia fino ad oggi con l'uscita di questo Last Testament che sembra avere scritto nel titolo un definitivo epitaffio dalla musica, anche se il diretto interessato sembra smentire e voler proseguire questa nuova avventura anche in futuro.
È un disco amaro, spesso triste, di ballate folk e pianistiche ('Sunshine', 'Refugee' a cui si aggiunge un dolente violoncello) lontano mille miglia dall'hard rock della band scozzese, riscontrabile solo in un paio di episodi più movimentati come 'Bring It On Back' e 'My Baby'.
Dan McCafferty mette in tavola tutti i suoi anni (quest'anno sono 73) in canzoni sofferenti, malinconiche anche se mai rassegnate, personali fino all'osso (bellissima 'Why', 'Tell Me' è pura sofferenza) affrontate spesso con voce che pare debole, quasi stanca e remissiva salvo poi graffiare come ai vecchi tempi. Il vecchio leone c'è ancora. Dal crescendo di 'Looking Back' alle atmosfere scozzesi di 'You And Me' (presente anche in una versione acustica a fine disco) le cornamuse ogni tanto affiorano come in 'Home Is Where The Heart Is' che emana sapori Scottish ad ogni nota, alla fisarmonica di Karel Marik, musicista della Repubblica Ceca che ha collaborato assiduamente alla riuscita del disco come autore (delle musiche) e produttore, che contrasta con la voce cresciuta a Whisky e sigarette di McCafferty in 'I Can' t Find One For Me', o in 'Right To Fail', fino alla più teatrale e quasi epica 'Mafia'.
Un disco autobiografico dall'inizio alla fine: dentro, in mezzo alle nuvole grigie, ci scorre ancora la vita.
 
 
 
 
 

 
 
 

1 commento:

  1. Concordo pienamente con la perfetta recensione. Al Unodi là di questo album Dan è uno dei 5 migliori rock vocalist di tutti i tempi e per questo il più sottovalutato dal grande pubblico ma non dai musicisti come Blackmore o gli Ac/Dc che lo volevano con loro... ma Dan è sempre stato "troppo" onesto e coerente...

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