SACRED REICH Awakening (Metal Blade, 2019)
Ricordate cosa stavate facendo 23 anni fa? Io sì: servizio civile a Chieri, Torino. Era il 1996 e i Sacred Reich, uno dei gruppi più "intelligenti" dell'ondata Thrash metal di metà anni ottanta, nonostante un nome che può trarre in inganno, incideva quello che fino ad oggi era rimasto l'ultimo album in studio, Heal. Lo presi proprio a Torino in uno dei tanti negozi che oggi non esistono più.
Poi lo scioglimento e la ripresa live nel 2006, ma di nuovo materiale non se ne parlava. In ventitre anni hanno messo da parte qualche nuova canzone, non troppe a dire la verità ma va bene così.
Awakening è un disco corto e compatto, poco più di mezz'ora, come si usava una volta. Otto canzoni che mischiano sapientemente l'old school thrash (la veloce 'Divide & Conquer') con il groove anni novanta (la quadrata 'Killing Machine', la title track) dei quali il gruppo di Phoenix, Arizona, è stato in un certo qual modo precursore e con qualche apertura più melodica come la pesante e sabbathiana 'Death Valley'. Non mancano assoli di chitarra ficcanti e fulminei.
Sono della partita i due veterani Phil Rind (voce e basso) e il chitarrista Wiley Arnett, e poi il ritorno dell'esperto Dave McClain già batterista del gruppo tra il 1991e il 1997 per poi passare alla gloria con i Machine Head. Completa la formazione il giovanissimo ventiduenne Joey Radziwill alla chitarra. Non inganni anche la vecchia etichetta Metal Blade che non li ha mai abbandonati, aspettandoli, Awakening è un disco che non dorme sugli allori del passato ("i sogni di gloria li abbiamo lasciati nel passato" chiosa Rind), non ha la carica eversiva di dischi come Ignorance (1987), Surf Nicaragua (1988) e American Way (1990) ma si appresta a conquistare nuovi adepti con titoli come 'Manifest Reality', la tirata quasi hardcore 'Revolution' e l'anthemica 'Something To Believe' ancora carichi di testi mai banali, dal piglio positivo e socialmente motivanti.
Una garanzia.
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