LUCA ROVINI- Figure Senza Età (autoproduzione/IRD, 2017)
Avevo già scritto la recensione di FIGURE SENZA ETÀ da qualche settimana, ero in attesa di pubblicarla quando pochi giorni, fra le tante parole che viaggiano confuse nel social network, lo stesso che mi ha fatto conoscere il simpatico Luca Rovini, ho trovato un buono spunto per descrivere e presentarvi in primis la sua attitudine, il che, molte volte, è più esplicativa di una noiosissima recensione track by track. Per la musica, comunque, vi rimando anche alle recensioni dei due dischi precedenti che troverete nei link sotto.
Pochi giorni fa Rovini ha pubblicato sulla sua bacheca Facebook, con giusto orgoglio, il ritaglio di una recensione molto positiva uscita nel più venduto mensile italiano che tratta musica americana. Naturalmente sono fioccate le congratulazioni degli amici, tranne la voce fuori dal coro di un noto ex direttore di riviste musicali che scriveva, con fare abbastanza provocatorio, visto il passato e le sue relazioni con la rivista: "ti cambierà la vita?".
Luca non ha aspettato molto nel dare la sua risposta: "ma nemmeno te hai mai cambiato la vita a qualcuno. E poi io sto bene nella mia vita. È solo una bella soddisfazione" . Ecco, in queste parole di risposta c'è tutto lo spirito del cantautore pisano. A voi le conclusioni.
Non nascondo nemmeno che una tra le principali ispirazioni per questa piccola rubrica dedicata alla musica italiana e la sua strada (chilometri, locali, viaggi nel tempo e nel futuro), mi è arrivata da Luca Rovini, anche se lui sembra smentirmi qualche riga più sotto nell'intervista, dicendo di essere molto legato alle sue radici. Credo che Luca rappresenti bene in modo metaforico la strada di un musicista. Arrivato piuttosto tardi al primo disco, nel giro di tre anni ha macinato sia tanti chilometri di passione che altrettanti in crescita musicale: e la bella ballata di frontiera 'Companeros' con la tromba di Mike Perillo è lì a dimostrarlo. Figure Senza Età è il lavoro più centrato fino ad ora: a livello di testi quanto sotto l'aspetto musicale, curatissimo. Un disco piuttosto uniforme se togliamo l'up tempo di 'Boogie Finchè Mi Va' e la bella 'Vite di Contrabbando', ma in grado di mettere in fila alcune delle sue principali figure di riferimento: da Guy Clark (che qui rappresenta un po' tutto l'universo di una generazione di cantautori americani che ha lasciato il segno senza troppo clamore mediatico, amiamo chiamarli ancora loser) del quale rifà quella 'Desperados Waiting For The Train (che diventa 'Disperati In Cerca Di Una Vita') estrapolata dallo splendido OLD No 1, alla mitica figura di Carlo Carlini in 'L'ultimo Hobo', colui che per primo portò e fece conoscere in Italia e a un giovane Rovini in trasferta a Sesto Calende, una buona parte di quei cantautori.
"Non ho niente nelle mani, solo un boogie..." canta in 'Boogie Finchè Mi Va'.
Questa recensione è come avere nulla tra le mani, non cambierà la vita di nessuno, ne sono conscio, spero solo possa renderla più piacevole a più persone possibili. Almeno per quarantacinque minuti, tanto quanto la durata del disco. Noi stiamo bene nella nostra vita.
In viaggio con Luca Rovini
1) I km nel tuo disco. Il viaggio ha influenzato le tue canzoni?
Indubbiamente sì, qualsiasi tipo di viaggio ha influenzato le mie canzoni. Non solo lo stare sulla strada, andare in giro per paesi, osservare la gente, credo in molti tipi di viaggio, c’è quello delle emozioni, quello dell’amore, quello della solitudine e spesso anche quello del dolore. Sono tutti viaggi che ti sbattono in qua e là, ti girano attorno e poi spariscono all’improvviso, magari non li vedi più ma restano dentro di te. Questo succede a tutti. Poi un giorno ti svegli e te li ritrovi lì che vogliono venire a trovarti, da me si materializzano con la voglia di scriverli come canzoni. E’ un viaggio della vita, io ho scelto di raccontarlo così, con una chitarra.
2) Tour. Aspetti positivi e negativi del viaggiare per concerti in Italia. Dove torni spesso e volentieri?
Adoro viaggiare per andare a suonare in giro, è una bella esperienza, si incontrano un sacco di persone, vedo anche molto entusiasmo, ci sono veri appassionati là fuori. Si fanno km su km per suonare 2 ore, questo è amore e quando è ripagato con gli applausi non c’è cosa più bella. Il palco, qualsiasi palco, è il luogo della vera libertà, quando sei lì sei libero e io lo adoro. Non c’è un locale che amo particolarmente, mi piace suonare ovunque sia ben accetto. Se proprio devo dirti un posto in cui amo ritornare ogni tanto è per strada, è bello suonare mentre la gente passa, tutti così carichi dei loro problemi, mi piace offrire un momento di leggerezza e svago. Quello è un luogo senza compromessi, quando suoni e i bambini si fermano ad ascoltare, loro che non hanno preconcetti, sono puri, è bello averli lì davanti, gli regalo sempre dei cd anche se i genitori non vogliono mai. Il lato negativo è quando le luci si spengono e torni a casa, ma dura un momento perché lì hai tre figlie meravigliose che ti aspettano, è un altro tipo di palco ed è bellissimo anche quello.
3) Radici o vagabondaggio. Cosa ha prevalso nella tua vita?
Sicuramente radici, mi piacciono le mie radici. Tante volte ho pensato di andarmene ma poi ho sempre pensato che non puoi andartene veramente se non con la tua testa. E mi piace far sentire le mie radici, credo anche che sia giusto. Ad esempio in molti mi dicono che quando canto si sente troppo il mio accento toscano, che dovrei studiare dizione, ma proprio è una cosa che non farò mai. Amo le radici e odio i confini.
4) Viaggio nel tempo. Passato: per chi o per quale tour avresti voluto aprire come spalla? Futuro: come ti vedi tra vent’anni?
Avrei voluto aprire per Willy Deville o per Steve Earle, oggi mi piacerebbe aprire per Francesco De Gregori. Tra vent’anni avrò 64 anni, non so se avrò fatto altri dischi ma di sicuro avrò una chitarra in mano e qualche nuova canzone da cantare a qualcuno.
5) La canzone da viaggio che non manca mai durante i tuoi spostamenti.
Mi porto sempre un sacco di cd quando viaggio, Drive South di John Hiatt mi ha accompagnato per tantissimi anni, tutto Slow Turning in realtà ma quella è proprio la canzone che mi fa sentire bene. Mentre guido mi piace ascoltare anche Steve Earle, Elliott Murphy, David Johansen, Dwight Yoakam. Credo di non aver mai fatto un viaggio ascoltando i programmi alla radio.
RECENSIONE: LUCA ROVINI-Avanzi e Guai (2013)
RECENSIONE: LUCA ROVINI-La Barca Degli Stolti (2015)
It's Just Another Town Along The Road
tappa 4: MATT WALDON
Nessun commento:
Posta un commento