lunedì 8 settembre 2014

RECENSIONE: BLUES PILLS (Blues Pills)

BLUES PILLS  Blues Pills (Nuclear Blast, 2014)



La band rivelazione dell'anno? Sì, probabilmente lo è. Un po' perché sostenuta da un battage pubblicitario ben mirato e diramato che sta toccando le riviste e i siti di ogni genere musicale, merito dell' ottimo lavoro della Nuclear Blast, veramente, fin troppo ed esagerato tanto da far nascere strani pregiudizi (siamo i soliti malpensanti), molto perché dietro al loro retro rock  c'è freschezza, sostanza, bravura, genuinità e determinazione. Qualità vere e inconfutabili. Originalità? No, quella per ora latita ancora e si spera arrivi in seguito, quindi pazienza se i paragoni e i rimandi abbondano, si gode di qualcos'altro: in primis della passione sincera per quelle sonorità ascoltate e accumulate attraverso i vecchi vinili rubati alle discografie dei genitori. Un lavoro di gestazione lungo tre anni, preceduto da due EP (molte canzoni si ripetono e compaiono anche qui), ma è valsa la pena aspettare questo debutto. Una giovanissima band multietnica ma di casa a Orebro (Svezia) che manda avanti a dare il benvenuto, ad aprire la porta di casa, l'avvenenza, il talento e la bravura della cantante svedese Elin Larsson, voce soul/blues come quelle di una volta, tanto che i paragoni si sprecano (da Janis Joplin a Aretha Franklin, è già stato detto di tutto, ma lei adora Etta James), ma immediatamente dopo ti travolge dalle retrovie  grazie alla compattezza d'esecuzione della sezione ritmica tutta americana (Zack Anderson al basso e Cory Berry alla batteria, anche se appena uscito dal gruppo e sostituito da André Kvarnström ) e dalla ispirata chitarra del francese Dorian Sorriaux, piccolo talento con le dita di un veterano, alimentate dal fuoco hendrixiano che affondano ma poi sanno lavorare così bene nei dettagli della superficie e perdersi nell'acidità degli assoli. L'apertura con il botto di High Class Woman è un viatico esemplare di quello che le dieci tracce ci proporranno lungo tutto il disco: sezione ritmica tuonante che spara pesantemente groovy, la voce della Larsson che si staglia su tutto ed un break centrale lisergico e sognante. Componenti semplici quelli del rock, se usati a dovere funzionano sempre, anche se ripetono la stessa lezione all'infinito.
Ci sono tutti gli ingredienti che sanno colpire il cuore di ogni rocker nostalgico dei bei tempi andati. L'hard blues cavalcante e chitarristico alla Fleetwood Mac di Ain't No Change;  il vortice hard rock psichedelico di Devil ManJupiter con il wah wah esasperato della chitarra che lasciano trasparire anche tutto l'amore per la scena stoner rock '90; la psichedelia californiana '60 di River; gli anfratti zeppeliniani della finale Little Sun; la bella e vivace cover di Gypsy brano scritto nel 1973 da Chubby Checker; gli umori cangianti di Black Smoke che parte lenta e sulfurea per diventare serpeggiante e imprendibile; la sognante No Hope Left For Me; la cadenzata, più nera, fumosa, dall'approccio sabbathiano Astralplane.  Non manca nulla. Tutto ben fatto, registrato in analogico ma come deve essere  nel 2014 (lavorone del produttore Don Alsterberg), facendo prevalere la resa live. Impeccabile per un debutto, tanto che il seguito sarà una bella gatta da pelare, anche solo per eguagliarne il risultato.
La versione deluxe oltre a presentare il buon artwork-ripescato direttamente dall'epoca d'oro dei tardi '60- dell' artista e  madrina psichedelica Marijke Koger-Dunham, aggiunge un bonus DVD live registrato al Hammer Of Doom Festival nel 2013, con 7 tracce più un 'intervista.





vedi anche
RECENSIONE: GRAVEYARD-Hisingen Blues (2011)



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