venerdì 13 novembre 2020

RECENSIONE: CHRIS STAPLETON (Starting Over)

CHRIS STAPLETON  Starting Over (Mercury, 2020)



conferma di una certezza

Lo avevamo lasciato con un progetto ambizioso, i due dischi From A  Room legati tra loro ma usciti in tempi diversi che in qualche modo sembravano disperdere un po' troppo il concentrato di americana e soul che legava così bene il debutto Traveller. Un disco che lo proiettò diritto tra i grandi cantautori americani degli ultimi anni ma che comunque arrivò tardi dopo una vita passata nell'ombra come autore e poi come componente dei SteelDrivers e dei Jompson Brothers, canzoni nate dopo l'importante perdita del padre lungo le strade di un viaggio salvifico insieme alla moglie tra l'Arizona e il Tennessee.Nel mezzo anche collaborazioni mainstream (Justin Timberlake) che hanno trascinato il suo nome fuori dall'underground. Sono passati tre anni e questa volta Stapleton ritorna con un disco che fin dalla copertina sembra intenzionato a far parlare solo la musica. Il suo white album. Una copertina bianca tutta da riempire di canzoni. E lo fa con un disco lungo 14 tracce: vario, ispirato, sentito. Una scelta di purezza che si incastra alla perfezione con le canzoni. Si rinchiude nuovamente nello studio A della RCA a Nashville con il fido produttore e amico Dave Cobb. 

"Io e Dave Cobb possiamo essere elencati come produttori nel disco, ma mia moglie è generalmente la produttrice della mia vita ...credo che abbia un gusto eccellente in tutto tranne che negli uomini". Così Stapleton racconta e ironizza su due figure importanti del  suo percorso musicale. Il produttore spesso presente anche come musicista e la moglie Morgane che spesso doppia la sua voce come nello strepitoso finale 'Nashville, TN', lento congedo dal disco guidato dalla lap steel di Paul Franklin

Ma questa volta scorrendo la lista degli ospiti, è impossibile non notare la presenza di due pezzi grossi direttamente dagli Heartbreakers del compianto Tom Petty: le tastiere di Benmont Tench (che si presentano subito  fin dall'apertura 'Starting Over', un pezzo alla Petty, decisamente) e la chitarra di Mike Campbell. Più la band che lo accompagna formata dai fidi Derek Mixon (batteria) e J.T. Cure (basso). Ed è un continuo alternarsi tra ballate di impronta country come il pigro valzer di 'When I' m With You', la dylaniana con tutto il passo della Band incorporato 'Maggie' s Song' su cui spicca imperioso l'hammond di Tench, il lento e minaccioso avanzare della tesa 'Whiskey Sunrise'. Di numeri di southern soul come 'You Should Probably Leave', e il sorprendente e riuscito crescendo orchestrale di 'Cold' dove a mettersi in mostra è la straordinaria voce, suo vero punto di forza. 


E canzoni più elettriche e rock del solito tra cui spiccano il southern rock fumante di 'Devil Always Made Me Think Twice' e poi l'esplosiva e boogie 'Arkansas' e una 'Watch You Burn', scritte a quattro mani con Mike Campbell, quest'ultima ispirata dalla sparatoria di massa avvenuta a un festival country nel 2017 dove persero la vita 59 persone, un crescendo gospel (con le voci delle All Voices Choir) dove Campbell lascia il suo importante tocco di chitarra. Infine piazza tre cover: 'Joy Of My Life' di John Fogerty estrapolata da Blue Moon Swamp del 1997, e due composizioni del mai dimenticato amico Guy Clark (il blues elettrico 'Worry B Gone' e la discorsiva 'Old Friends' dal primo mitico album del songwriter scomparso).                            

Chris Stapleton conferma ancora di essere una spanna sopra all'eccellenza musicale americana. Al giorno d'oggi pochi si destreggiano così bene tra radici, outlaw country, soul e southern rock, in maniera così intensa e profonda con un songwriting e una voce da primo della classe. Se mai ce ne fosse bisogno, questo disco è la conferma che in questo anno nefasto stanno uscendo dischi favolosi.






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