ARBOURETUM Let It All In (Thrill Jockey, 2020)
in perenne viaggio
Procede senza sosta la marcia della band di Baltimora guidata dal gran cerimoniere Dave Heumann. Fino ad ora si può dire che non abbiano incontrato ostacoli nel loro percorso, sbagliando veramente poco e costruendo con il tempo il loro ampio habitat naturale che però sembra non avere steccati o confini. Gli spigoli più taglienti della loro musica li hanno abbandonati da tanto tempo ormai, in favore di un viaggio sonoro, avv...enturoso, ipnotico, suggestivo, dilatato ed elegante nella forma, carico di riferimenti spirituali, metafore e leggende, lavorando con minuziosa arte sui dettagli che forse ha toccato il suo apice con Coming Out Of The Fog (2012).
In perenne armonia tra cosmicità e radici, sanno passare con disinvoltura attraverso le brumose colline del folk progressive britannico, i fantasmi dei Fairport Convention sono sempre dietro l'angolo ('A Prism In Reverse') per poi atterrare sulla superficie, rendendo omaggio alla patria America con un honky tonk dove è il pianoforte a fare da guida ('High Water Song') e nel folk blues di 'No Sanctuary Blues'.
Sanno cucire bene la malinconia nelle trame di 'Headwaters II' dove la chitarra piazza il suo bel assolo che conduce al finale, sanno avvolgere nella rassicurante apertura 'How Deep It Goes', raggiungendo l'apoteosi negli undici muniti di 'Let It All In' una corsa a spron battuto attraverso un crescendo di elettricità, psichedelia, fughe e un finale jammato, carico di distorsione.
"Let It All In è stato qualcosa che abbiamo suonato per mesi, anche prima che venisse modificato il testo o gli accordi. L'abbiamo suonata solo perché era bello suonarla. Quando siamo entrati in studio con la canzone, avevamo sviluppato un'intera metodologia attorno al brano. Ci siamo sistemati, ci siamo sintonizzati e l'abbiamo lasciata scorrere. Trascorsero dodici minuti e ci rendemmo conto di averla fatta quasi perfettamente. Eccola lì, al primo ciak." racconta Heumann.
In continuo movimento, gli Arbouretum fluttuano sopra al pianeta musica ormai da diciotto anni e nove dischi. Sarebbe un peccato non riuscire ad acciuffarli almeno una volta. In tempi come questi poi, riescono ad allegerirci i pensieri portandoli lontano per almeno 45 minuti ed è già qualcosa.
in perenne viaggio
Procede senza sosta la marcia della band di Baltimora guidata dal gran cerimoniere Dave Heumann. Fino ad ora si può dire che non abbiano incontrato ostacoli nel loro percorso, sbagliando veramente poco e costruendo con il tempo il loro ampio habitat naturale che però sembra non avere steccati o confini. Gli spigoli più taglienti della loro musica li hanno abbandonati da tanto tempo ormai, in favore di un viaggio sonoro, avv...enturoso, ipnotico, suggestivo, dilatato ed elegante nella forma, carico di riferimenti spirituali, metafore e leggende, lavorando con minuziosa arte sui dettagli che forse ha toccato il suo apice con Coming Out Of The Fog (2012).
In perenne armonia tra cosmicità e radici, sanno passare con disinvoltura attraverso le brumose colline del folk progressive britannico, i fantasmi dei Fairport Convention sono sempre dietro l'angolo ('A Prism In Reverse') per poi atterrare sulla superficie, rendendo omaggio alla patria America con un honky tonk dove è il pianoforte a fare da guida ('High Water Song') e nel folk blues di 'No Sanctuary Blues'.
Sanno cucire bene la malinconia nelle trame di 'Headwaters II' dove la chitarra piazza il suo bel assolo che conduce al finale, sanno avvolgere nella rassicurante apertura 'How Deep It Goes', raggiungendo l'apoteosi negli undici muniti di 'Let It All In' una corsa a spron battuto attraverso un crescendo di elettricità, psichedelia, fughe e un finale jammato, carico di distorsione.
"Let It All In è stato qualcosa che abbiamo suonato per mesi, anche prima che venisse modificato il testo o gli accordi. L'abbiamo suonata solo perché era bello suonarla. Quando siamo entrati in studio con la canzone, avevamo sviluppato un'intera metodologia attorno al brano. Ci siamo sistemati, ci siamo sintonizzati e l'abbiamo lasciata scorrere. Trascorsero dodici minuti e ci rendemmo conto di averla fatta quasi perfettamente. Eccola lì, al primo ciak." racconta Heumann.
In continuo movimento, gli Arbouretum fluttuano sopra al pianeta musica ormai da diciotto anni e nove dischi. Sarebbe un peccato non riuscire ad acciuffarli almeno una volta. In tempi come questi poi, riescono ad allegerirci i pensieri portandoli lontano per almeno 45 minuti ed è già qualcosa.
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