giovedì 11 ottobre 2018

RECENSIONE: TONY JOE WHITE (Bad Mouthin’)

TONY JOE WHITE  Bad Mouthin’ (Yep Roc Records, 2018)







funeral blues
Senza trucchi e senza inganni. Il disco che tutti i rocker dovrebbero fare dopo i settant'anni. Tributare le proprie radici blues, perché tutti le hanno, con semplicità, amore e devozione, proprio come ai primi tempi quando nella vecchia fattoria di famiglia il padre lo instradò alla musica: Tony Joe White, anni 75, lo fa bene, chiudendosi in un fienile in compagnia della fedele e vecchia Stratocaster e della sua voce che non è più quella ricca di sfumature soul, nera e baritonale di un tempo, quella di quel meraviglioso trittico andato in scena tra il 1968 e il 1970 ma ora è talmente secca e profonda, a volte pure stanca, che paiono uscire fantasmi dalle paludi della sua Louisiana ogni volta che apre bocca per una canzone. Qui di canzoni ce ne sono dodici, molte le porta a termine da solo, scarne e ridotte all’osso, chitarra e armonica con tanto di sospiri, rumori e battiti di piede come se fosse lì davanti a te in una notte di luna piena a ululare, nelle altre si fa aiutare dalla batteria di Brian Owings e dal basso di Steve Forrest ma si tratta solo di puro accompagnamento. Accanto a cinque canzoni sue tra cui spiccano due vecchie composizioni risalenti al 1966 (‘Bad Mouthin’ e ‘Sundown Blues’) rilegge tra gli altri l’amato Lightnin’ Hopkins nella rallentata esecuzione di ‘Awful Dreams’, vero e proprio ispiratore della sua carriera musicale, John Lee Hooker (‘Boom Boom’), Jimmy Reed (‘Big Boss Man’), Charley Patton in una ‘Down The Dirt Blues’ veloce come un treno a vapore d'altri tempi e dai sapori amaramente country e a tutte riesce ad appiccicare addosso un oscuro adesivo di presagio, catastrofe e disperazione anche quando chiude con una ‘Heart break Hotel’ dal passo quasi funereo e brutale. “Ho sempre desiderato in qualche modo fare qualcosa nel rispetto di Elvis. Ho finalmente avuto modo di farlo in questo album blues. ‘Heartbreak Hotel’, ma lo faccio in stile blues. Perché, quando Elvis cantava, aveva molta anima.” Ecco.

 
 
 
 
 

1 commento:

  1. Di questo disco non ne sapevo nulla, grazie per la bella recensione.

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