lunedì 31 gennaio 2011

RECENSIONE: WANDA JACKSON (The party ain't over)


WANDA JACKSON The party ain't over (Nonesuch Records, 2011)


Che in questi anni del nuovo millennio e sono già undici, si stia cercando di riportare a galla personaggi pionieri del rock'n'roll anni '50 caduti in disuso penso sia un dato di fatto appurato. A partire dall'intuizione di mister Rubin che fece rinascere Cash consegnandolo in pasto alle nuove generazioni e facendogli guadagnare l'immortalità, ai duetti con le più grandi rockstar mondiali di Jerry Lee Lewis(bello Last man standing,un pò tirato per i capelli il recente Mean Old man). La ricetta è quanto di più semplice ci possa essere: prendi un settantenne dal grandioso passato rock, affidalo ad un buon produttore e fagli cantare classici e nuovi successi rivestendoli di suoni attuali ma non troppo.
Anche per Wanda Jackson, il tentativo ad opera di Jack White sembra funzionare. La Jackson fu senza dubbio la prima donna che rivaleggiò con i grandi ometti del rock'n'roll. La sua voce graffiante, la sua carica di ironia la fecero presto diventare un'icona del rockabilly. Dopo aver attraversato la popolarità degli anni sessanta, il buio dell'abisso dell'alcol nei settanta e aver ritrovato le forze anche attraverso la strada religiosa negli ottanta, a settantatre anni (classe 1937) accetta di buon grado la sfida lanciatagli da White(White Stripes ), già abituato a sortite del genere, vedi il disco con Loretta Lynn.
Registrato nella casa di Nashville di White, con musicisti a lui cari (membri di Raconteurs e My Morning Jacket hanno suonato nel disco), The party ain't over sprizza energia in barba a chi crede che i vecchi dinosauri del rock dovrebbero andare in pensione e lasciare il campo libero. Tutt'altro, di questi esempi, nell'era del successo facile e di durata effimera delle stelle contemporanee, bisognerebbe averne sempre.

La chitarra di White e la voce unica della Jackson sono protagoniste di queste undici canzoni. La chitarra di White sa accompagnare per ergersi a protagonista di volta in volta in assoli grezzi e al limite dell'hard. La voce della regina del Rockabilly sa essere carta vetrata in episodi rock come l'apertura affidata a Shakin' all Over di Johnny Kidd and the Pirates e nella trascinante Nervous Breakdown(Eddie Cochran), mentre riesce a mantenere una incredibile cadenza infantile e senza tempo nel pieno rock'n'roll di Rip it up(Little Richard) e nel country-gospel-soul di Dust on the bible. Quando poi ricevi il nullaosta da Bob Dylan a cantare una sua canzone, la recente Thunder on the Mountain(presente in Modern Times, 2006) che lo stesso Dylan sceglie e consiglia, Wanda Jackson ringrazia e interpreta, trasformandola in una ruspante ed energica versione rockabilly.
Il lavoro di White in produzione e negli arrangiamenti è superlativo soprattutto nell'inserimento dei fiati, presenti e il più delle volte protagonisti in tutte le canzoni e in special modo in episodi come le caraibica Rum and Coca Cola, nel country di Busted dove le trombe riescono a donare un tocco tex-mex, nel blues di Like a Baby e nel soul di You know i'm no good(Amy Winehouse).
Alla fine, i due protagonisti, si regalano una passerella con l'acustica, solo chitarra e voce, di Blue Yodel #6 di Jimmie Rodgers. Esperimento riuscito e piacevole che riporta alla ribalta una protagonista femminile fondamentale del rock, bravi tutti.

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