mercoledì 16 giugno 2010
RECENSIONE: SAMUEL KATARRO (The Halfduck Mystery)...da Robert Johnson alla psichedelia...
SAMUEL KATARRO- Halfduck mystery (2010)
Anno 1968. Terzo piano del palazzo. In una stanza una professoressa di inglese impartisce lezioni ad un giovane alunno poco attento, nella seconda un carillion continua a suonare all'infinito con una bimba che lo fissa con gli occhi ormai stanchi, nella terza un altro bimbo intona una canzoncina su un pipistrellino. Le altre stanze sono colorate da luci stroboscopiche, incensi accesi, persone che vagano senza scopo, su e giù dalle scale. Dalle casse di un giradischi esce musica malata e psichedelica.
Il giovane Alberto Mariotti (aka Samuel Katarro), continua il suo viaggio nella musica e dopo l'incredibile esordio ("Beach Party", 2008) che lo ha visto vestire i panni di un giovane Robert Johnson posseduto dal blues, solo in compagnia della sua chitarra, saltando a piè pari l'epopea del rock'n'roll si catapulta in uno dei periodi più creativi ma nello stesso tempo sfuggenti della musica rock. Questa volta si fa aiutare da un manipolo di suonatori , la Tragic Band, che colorano le canzoni di dissonanti violini, organi, percussioni e strumenti a fiato. Quello che ne esce è un concentrato psichedelico che sfugge in mille direzioni lasciando aperta l'immaginazione e creando un pathos che non sentivo da tempo in un disco italiano.
Samuel Katarro, lo si percepisce subito, ama la musica e sebbene abbia da poco superato i vent'anni, le sue composizioni sono figlie del passato e di una cultura musicale costruita ascoltando i dischi di mamma e papà. Questo secondo disco può spiazzare chi aveva già a suo tempo elogiato l'anima blues che contaminava il sinistro esordio. Qui le coordinate sono la psichedelia di Syd Barrett, i primissimi Pink Floyd, i Grateful Dead, i 13th Floor Elevators, le melodie bizzarre dei Beatles in acido e la nascente scena della west coast californiana.
La voce di Samuel Katarro, suo grande punto di forza, passa dal falsetto fino a farsi greve nella stupenda ed iniziale "Rustling", chiusa dall'oboe melodioso suonato da Mario Frezzato.
Visioni di blues psichedelico, tra Barrett e Captain Beefheart in "Pink clouds over the Semipapero", guidata dalla follia di Enrico Gabrielli e Wassilij Kropotkin( Francesco D'Elia, autore di quasi tutti gli arrangiamenti), mentre l'inizio di "Pop Skull" rimanda alle visioni del Dylan di Blonde on blonde, la sgangherata "The first years of Bobby Bunny" è pura follia da circo con una tuba portante. L'inquitetudine del vivere ai margini emerge profondamento in ogni traccia del disco, la diffidenza verso il mondo e la voglia di trovare una propria strada sono tangibili.
Facile immaginare un van volkswagen diretto verso Woodstock in "Three minutes in California", più difficile è districarsi dentro la quasi cacofonia psichedelica di "'S Hertogenbosch blues Festival" o al psicoindustrial di "I am Musonator" e "Sudden Death", costruite solamente da samplers e loops. Disco suonato tutto in presa diretta, salvo poche sovraincisioni, "The Halfduck Mystery" si candida ad essere una delle uscite più interessanti della musica italiana in questa prima metà d'anno, ma soprattutto, Samuel Katarro si rivela come uno dei più straordinari talenti musicali del nostro paese che, ne sono certo, all'estero sarebbe già stato osannato e riempito di riconoscimenti. Cosa dobbiamo aspettarci ora da questo giovane talento? Una cosa si è capita, a Samuel Katarro piace stupire e stupirsi, giocando con la musica.
Too many ways, in too many directions...Cross knowing looks, between me and the void...da "I Am the Musonator"
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