martedì 24 giugno 2025

RECENSIONE: JAMES McMURTRY (The Black Dog And The Wandering Boy)


JAMES McMURTRY  The Black Dog And The Wandering Boy (New West Records, 2025)




parole al posto giusto


In questi giorni si fa fatica a pensare che Donald Trump e James McMurtry siano entrambi cittadini americani. Mentre uno in una spirale di delirio misto di demenza e onnipotenza dice cose e ne fa altre, fa cose e dice il contrario quasi fosse dentro a un reality tv da consumare di giorno e dimenticare di notte con l'unico grave difetto di tenere  sotto scacco l'intero mondo, McMutry da seguito al precedente e ottimo The Horses And The Hounds mantenendo lo stesso livello di scrittura di sempre: alto, tendente all' altissimo. Uno di cui ci si può sempre fidare, insomma. Un candidato alla presidenza perfetto.

"Segui le parole dove ti conducono. Se riesci a creare un personaggio, forse puoi creare una storia. Se riesci a impostare una struttura strofa-ritornello, forse puoi creare una canzone" dice lui come fosse una delle cose più semplici da fare. Il manuale del perfetto songwtiter è aperto ma non sono tantissimi quelli che l'hanno studiato come ha fatto McMutry durante la sua ormai lunga carriera, cosparsa di dischi usciti però con parsimonia temporale.

Togliendo il capo e la coda del disco, due canzoni non sue, la prima da tempo nelle  setlist, il tagliente rock 'Laredo (Small Dark Something)' dell'amico texano John Dee Graham che indaga sulle dipendenze e i confini, l'ultima 'Broken Freedom Song' un raggio di speranza per il futuro cotruito però dalle profonde  cicatrici della vita, è una rilettura omaggio di un altro texano sconparso recentemente, Kris Kristofferson, faro guida per le generazioni che arrivarono dopo, in mezzo, nelle restanti otto canzoni un campionario esaustivo della sua scrittura. Personali e lucide riflessioni sull'invecchiamento come 'South Texas Lawman' dove il protagonista ripete "non sopporto di invecchiare, non mi si addice" e il blues della title track, in crescendo con l'esplosione nell'assolo di chitarra, che in accoppiata con il disegno di copertina, schizzo di Ken Kesey, ricordano il padre Larry romanziere scomparso nel 2021 che ha vissuto gli ultimi anni di vita con la compagnia della demenza; stoccate politiche messe giù con arguzia (per chi preferisce  la pancia c'è Neil Young) come 'Annie' che ritorna indietro all'Undici Settembre e alla presidenza di George W. Bush (con l'aiuto vocale e il banjo della texana Sarah Jarosz), momenti più leggeri disegnati con sottile ironia dove a contare sono sempre i dettagli e l'incastro delle parole che donano il ritmo come succede in 'Pinocchio In Vegas' dove rilegge da par suo la favola di Pinocchio donandole attualità e rivestendola con suoni d'archi o la descrittiva e più leggera 'Back To Coeur D'Alene' viaggio lungo i sempre affascinanti, se raccontati bene,  paesaggi americani con l'organo suonato da Red Young in evidenza.

Si fa aiutare in produzione da una vecchia conoscenza come Don Dixon, i fidati musicisti di sempre (BettySoo alla fisarmonica e cori, Cornbread al basso, Tim Holt alla chitarra e Daren Hess alla batteria) più qualche ospite (Sarah Jarosz, Charlie Sexton, Bonnie Whitmore e Bukka Allen) in dieci canzoni forse poco omogenee nei temi trattati rispetto al passato, McMutry affonda bene nel tempo e nella storia, da attento osservatore raccoglie personaggi noti e "qualunque", perdenti e finti vincenti, percorre strade spesso secondarie, dipinge fondali e visita paesaggi. Più omogeneo musicalmente, con poche vere stoccate elettriche, ma giocando preferibilmente tra le ombre elettro-acustiche delle radici.

'The Color Of Night' rappresenta bene quanto musica e parole tarate con minuziosità di particolari possano viaggiare bene insieme. Ed è un bel viaggiare.

Tornando all'inizio: in 'Sons Of The Second Sons' McMutry sembra proprio rivolgersi alla recente presidenza Trump, quando scavando indietro nella breve storia degli USA porta a galla malesseri e malattie che nonostante il tempo trascorso, a questo punto un "invano" ci può stare, sembrano rimanere croniche.

No,  Trump e McMutry non possono essere figli della stessa terra, ci dev'essere un errore. Cotanta cialtroneria non può correre in parallelo con questa limpida visione delle cose. 





Nessun commento:

Posta un commento