J.J. CALE Stay Around (Because Music, 2019)
un uomo, un suono, un disco senza tempo
Quel “sound of Tulsa” lo senti immediatamente appena parte ‘Lights Down Low’, la prima delle 15 canzoni che la moglie Christine Lakeland e l’amico/manager Mike Kappus hanno raccolto per STAY AROUND, questo primo disco postumo di J. J. CALE, uscito a sei anni dalla morte e a dieci dall'ultimo in studio Roll On. Tanto tempo per come tira il music business oggi.
Credo sia stato un grande segno di rispetto per un artista che non ha mai corso e cercato la facile approvazione in carriera, una scelta che rispecchia in tutto il suo carattere di musicista e uomo.
Senti quel tocco di chitarra e quella voce e ti senti già a casa, al sicuro: nel corso della carriera non ha mai cambiato o rivoluzionato il suo stile. Coerente fino all'ultimo dei suoi giorni.
Quindici delle tante canzoni scritte (a parte 'My Baby Blues' scritta dalla moglie), suonate, finite e registrate che Cale mise da parte durante gli ultimi vent’anni di carriera, da solo o con pochi strumenti dietro, confermando una invidiabile dedizione alla musica, sempre espressa senza mai usare toni alti e invasivi. Senza mai rincorrere il tempo. Senza alzare mai la voce, guadagnandosi il rispetto e l'ammirazione di fan e colleghi senza la pubblicità dei grandi titoli da prima pagina che mal si addicevano al suo carattere.
Forse tra esse non ci sarà la canzone che ci farà saltare dalla sedia (o che si farà ricordare nel tempo alla pari di tante altre della sua produzione) ma c’è tutto il mondo di J. J. Cale, la sua inconfondibile chitarra, e già basta. Uno che riusciva ad ottenere sempre il massimo con il minimo sforzo apparente: il suo carattere schivo e sfuggente è riflesso in canzoni dove blues, country, rock’n’roll, tex mex, pure qualche concessione jazz e latina, trovavano sempre una via leggera e sinuosa per unirsi e generare qualcosa di buono all'ascolto. Suggestioni e paesaggi.
Senti quel tocco di chitarra e quella voce e ti senti già a casa, al sicuro: nel corso della carriera non ha mai cambiato o rivoluzionato il suo stile. Coerente fino all'ultimo dei suoi giorni.
Quindici delle tante canzoni scritte (a parte 'My Baby Blues' scritta dalla moglie), suonate, finite e registrate che Cale mise da parte durante gli ultimi vent’anni di carriera, da solo o con pochi strumenti dietro, confermando una invidiabile dedizione alla musica, sempre espressa senza mai usare toni alti e invasivi. Senza mai rincorrere il tempo. Senza alzare mai la voce, guadagnandosi il rispetto e l'ammirazione di fan e colleghi senza la pubblicità dei grandi titoli da prima pagina che mal si addicevano al suo carattere.
Forse tra esse non ci sarà la canzone che ci farà saltare dalla sedia (o che si farà ricordare nel tempo alla pari di tante altre della sua produzione) ma c’è tutto il mondo di J. J. Cale, la sua inconfondibile chitarra, e già basta. Uno che riusciva ad ottenere sempre il massimo con il minimo sforzo apparente: il suo carattere schivo e sfuggente è riflesso in canzoni dove blues, country, rock’n’roll, tex mex, pure qualche concessione jazz e latina, trovavano sempre una via leggera e sinuosa per unirsi e generare qualcosa di buono all'ascolto. Suggestioni e paesaggi.
Canzoni e melodie senza data, da ascoltare senza fretta, così come iniziò la sua carriera nel lontano 1971 quando di anni ne aveva già trentadue.