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lunedì 15 settembre 2014

COVER ART # 7: EDOARDO BENNATO (La Torre di Babele-1976)

artista: Edoardo Bennato
opera: La Torre di Babele
anno: 1976
artista disegno: Edoardo Bennato
canzoni da ricordare: Venderò, Cantautore, La Torre di babele

Nel precedente disco Io che non sono l'Imperatore(1975), l'architetto/urbanista Edoardo Bennato piazzò in copertina il progetto/proposta sulle linee ferroviarie dell'area metropolitana di Napoli da lui stesso creato, che in qualche modo cercava di opporsi criticamente a quello realmente scelto dalla città partenopea. La fervida fantasia che accompagnava i testi delle sue canzoni, dove fiaba e realtà si mischiavano in modo assolutamente originale iniziava a tramutarsi ed esprimersi anche graficamente. Bennato dopo ver conseguito il diploma a Napoli, si trasferì a Milano per studiare architettura. Esperienza che riuscì anche a trasportare nella sua carriera di musicista.
Dopo l'invenzione del suo logo, composto dal nome scritto con caratteri fumettistici accompagnato dall'inseparabile armonica e un groviglio di fili elettrici-che comparve per la prima volta su I Buoni e i Cattivi(1974)- per il successivo La Torre di Babele(1976) ci volle un'idea geniale che potesse rappresentare la canzone omonima che diede il titolo all'album, prendendo spunto dalla leggendaria costruzione di bitume e mattoni di cui si narra nel libro della Genesi nella Bibbia. Una torre costruita dagli uomini sul fiume Eufrate in Mesopotamia che doveva servire da tramite a Dio che però ne impedì la fine per punire la superbia umana in terra.
Il disco uscito nel 1976 è tra i vertici musicali del Bennato anni settanta: La Torre di Babele, Venderò, Viva la Guerra, Franz è il mio nome, Cantautore sono rappresentative della scrittura del cantautore napoletano. Metafore che mettevano in risalto la ricerca della libertà attraverso la condanna delle guerre, del perbenismo imperante, dell'arrivismo sfrenato, di tutti i dogmi politici e religiosi in modo ironico e sarcastico. Un monito lanciato all'uomo. Una sveglia al non svendersi mai, al non cedere davanti ai potenti e dittatori, a quei capi della guerra (citando il maestro Dylan) che ci vogliono come (Quante) brave persone. Musicato sulla veemenza acustica che sa toccare il folk, il blues e il rock'n'roll americano bagnato dentro alla mediterraneità della sua terra.
La copertina raffigura una ipotetica torre di Babele composta esclusivamente da un vasto ed assortito campionario di soldati in tenuta da guerra, raffigurati nel trascorrere dei secoli: dall'uomo primitivo munito di clava, passando all'antico egizio, il soldato romano, i crociati e via salendo fino al moderno 900, alle guerre mondiali, culminando con un missile in punta, lanciato verso l'incognita "futuro".
"Un giorno gli uomini, accecati dalla loro presunzione, cercarono di costruire una torre così alta da raggiungere il cielo e sfidare Dio, ma Dio li punì confondendo le loro lingue, e non comprendendosi più l'un l'altro, finirono per farsi la guerra.
La torre appena cominciata, interrotta e diroccata, divenne il simbolo dell'insoddisfazione ed impotenza dell'umanità intera.
Nella trasposizione grafica della "Torre di Babele" ho appunto cercato di rappresentare il racconto biblico con un'impalcatura di uomini in armi (da quello Neanderthaliano con la rudimentale clava, via via fino a quello moderno con armi sofisticate), tutti rivolti verso l'obiettivo di un immaginario flash, in posa come in una foto ricordo, la foto dell'umanità che fa la guerra.
Inizialmente avevo differenziato i vari livelli della torre con relativi ordini architettonici, ma toglievano comprensibilità all'impianto grafico. Anche cavalli ed animali sono stati eliminati dal disegno finale perché volevo che l'impalcatura della torre fosse composta solo da uomini in guerra." da http://www.bennato.net/page.php?section=babele&lang=it

"E quella stella sarà il quartier generale per conquistare quello che c'è ancora da conquistare e da quella stella per tutto l'universo l'uomo si spazia, per superare se stesso." da La Torre di babele

Bennato spese parecchio tempo alla ricerca delle sagome dei soldatini da rappresentare in copertina. Un lavoro certosino che si completa con il disegno all'interno del disco originale, apribile, che raffigurava tutti i partecipanti alla realizzazione del disco ed amici (dal fratello Eugenio, Lucio Fabbri, Roberto Ciotti, Tony Esposito...) in tuta spaziale, protagonisti e forse "salvi" all'interno di un paesaggio lunare.
Nel 2009, Edoardo Bennato contribuì alla campagna "Io pretendo dignità" di Amnesty International donando una litografia autografata dell'immagine originale della copertina. La litografia venne messa all'asta su ebay ed il ricavato andò in beneficenza.

vedi anche COVER ART

 

lunedì 19 agosto 2013

COVER ART# 6 : BOB SEGER (Against The Wind-1980)

autore: BOB SEGER
titolo: AGAINST THE WIND
anno: 1980
disegno: JIM WARREN
art direction: ROY KOHARA
canzoni da ricordare: Her Stut, No Man's Land, Against the Wind, Fire Like

Una delle ultime copertine create dal sessantaquatrenne artista californiano Jim Warren è stata Horses and High Heels(2011) di Marianne Faithfull . Nel disegno campeggia un cavallo immerso in un panorama naturale da paradiso terrestre, dove spiccano due scarpe rosse da donna con lunghi tacchi.
I cavalli, nelle opere di Warren, sono spesso presenti. Ma non è stato sempre così, e la colpa-o merito- è di Bob Seger.
Warren racconta che nel 1979 spedì alcune foto dei suoi dipinti al direttore artistico della Capitol Records, alla ricerca di qualche collaborazione di lavoro con il mondo musicale. Dopo due settimane non aveva ancora ricevuto risposte e, scoraggiato, la prima cosa che pensò fu che i suoi disegni avessero preso la via poco romantica e remunerativa della spazzatura.
La grande sorpresa arrivò un anno dopo. Il direttore della Capitol si fece vivo proponendo a Warren la copertina per un disco di Bob Seger che però doveva avere come soggetti dei cavalli. Warren cercò di opporsi a quella richiesta, giustificandosi con il fatto che non aveva mai disegnato cavalli nelle sue opere. Insomma, non erano il suo "cavallo" forte d'artista. Alla fine, l'offerta era talmente allettante che cedette, disegnando la copertina che tutti conosciamo.
Passò un altro anno, Against The Wind nel frattempo raggiunse il primo posto nella classifica dei dischi più venduti, fu la prima volta per Seger. Against the wind fu un album diverso dai precedenti per il rocker del Michigan.
Quei cinque cavalli selvatici e liberi di correre contro vento immersi nell'acqua che ne proietta le ombre in avanti, rendendoli ancora più veloci, rappresentavano benissimo un disco che, grazie alle parole della stupenda title track, esorta a ritrovare se stessi dopo cocenti delusioni. La speranza è l'ultima a morire. C'è sempre un nuovo inizio."Bene, ora ho superato quei giorni movimentati/Adesso ho molte più cose a cui pensare/Scadenze e consegne/cosa lasciare e cosa tralasciare/Controvento/Sto ancora correndo controvento/Ora sono più vecchio, ma sto ancora correndo/Controvento".
Un disco che all'epoca fece storcere il naso ai devoti fan di Seger per via della leggerezza musicale che prendeva il sopravvento, forse più leggero rispetto al recente passato (il trittico Beautiful Loser, Night Moves, Stranger In Town rimane ineguagliabile), ma che comunque riusciva a mantenere intatte le caratteristiche del suo autore che non mancò mai di tesserne le lodi, considerandolo uno dei suoi migliori lavori di sempre. Against The wind rimase l'ultimo vero guizzo, la chiusura della prima parte di carriera. Gli anni ottantta, appena iniziati, porteranno pochissima gloria.
Nel 1981 il telefono bollente di Warren squillò un'altra volta. Dall'altra parte una voce lo informava con un assordante "Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!!". La sera prima si svolse il Grammy Award e Against the Wind vinse il premio per la migliore copertina dell'anno. Warren, che quella sera non guardò la televisione, cascò dalle nuvole. Sarà lui stesso a raccontare la morale di tutta questa storia: proprio lui che non aveva mai disegnato un cavallo in vita sua, da allora non smise più di disegnare equini. Ora sì, sono il suo piatto forte d'artista!


vedi anche COVER ART # 4: NEIL YOUNG- On The Beach (1974)




vedi anche COVER ART # 5: AMERICA- Homecoming (1972) 



 

lunedì 27 maggio 2013

COVER ART #5: AMERICA (Homecoming-1972)


artista: AMERICA
album: HOMECOMING
anno: 1972
fotografo: HENRY DILTZ
art director: GARY BURDEN
canzoni da ricordare: Ventura Highway, Don't Cross the River, Only in Your Heart

Dal divano in veranda di Crosby, Stills & Nash alla vetrata del Morrison Hotel dei Doors, passando per Jackson Browne e Eagles, la firma del fotografo americano (e musicista- suonò il banjo in questo album) Henry Diltz ha attraversato la California più viva ed ispirata degli anni settanta. La sua macchina fotografica ha immortalato il periodo d'oro della west coast music americana.
Il connubio tra il fotografo e il trio iniziò da questo album, passando attraverso i successivi Hat Trick (1973), Hearts (1975), Alibi (1980) e continua ancora oggi. Homecoming è un esempio riuscito di quanto un'immagine riesca a raccontare e spiegare l'immaginario artistico di una band più di tante parole, nascondendo, tra le pieghe della sua realizzazione, anche una beffarda ed ironica conclusione.
La cover di Homecoming vanta almeno due grandi primati: fu una delle copertine più costose che la Warner Bros dovette finanziare per un proprio artista, e fu una vera innovazione nel formato packaging del vinile, in quanto l'immagine copriva ben tre facciate intere di cartone. La sua realizzazione, sebbene non sembri a prima vista, non fu delle più semplici e mise a dura prova il gruppo.
Le cronache narrano di una nutrita comitiva in partenza alla ricerca dello scatto perfetto. Comitiva formata dai tre America (Dewey Bunnell, Gerry Beckley e Dan Peek) reduci dal buon debutto che includeva la loro maggiore hit A Horse With No Name, l'art designer (collaboratore di Diltz) Gary Burden, uno dei più grandi creatori di copertine degli anni settanta, conosciuto soprattutto per la sua collaborazione con Neil Young, ed il fotografo Henry Diltz, appunto.  I cinque partirono da Los Angeles con una macchina presa a noleggio, percorsero tutta la costa per raggiungere Big Sur, regione della costa centrale della California, dove sequoie e cactus convivono felicemente ed il panorama che si può ammirare, percorrendo la Highway 1, è tra le cose più belle che si possano vedere negli USA.  Vicino, sorge anche l'associazione/comunità Esalen-sorta nei primissimi anni '60, dal nome di una vecchia tribù indiana-, dove si può praticare meditazione, massaggi, yoga, tutto nel rispetto assoluto della natura (le case in legno sorgono a strapiombo sull'acqua dell'oceano) e totale immersione nella spiritualità.
Cinque giorni di viaggio che li portarono là dove il panorama offre la splendida visione dei monti rocciosi che calano a picco sull'oceano. Uno posto suggestivo e spettacolare che diventa magico durante certe ore del giorno e della notte, quando sole e luna si specchiano sull'oceano e il cielo si colora di mille sfumature. Servirono ben tre giorni insonni di pose e appostamenti per catturare lo scatto perfetto, ma mancava ancora qualcosa: una foto che completasse l'opera e che riuscisse a dare all'intero lavoro il particolare significato prefisso.
All'interno della copertina un altro scatto ritrae gli America immersi nella Redwood Forest, parco nazionale statunitense sempre in California, in mezzo alle sequoie più alte del mondo. Foto che voleva trasmettere un messaggio ecologico e celebrare la natura unitamente alla front cover, dove sulla destra si poteva anche notare -in lontananza- un solitario indiano a cavallo (ispirato dal logo della Brother Records, etichetta dei Beach boys) inerme davanti ai palazzi di una moderna città che si alzano persi nell'orizzonte.
Anni dopo, nella sua autobiografia An American Band, uscita nel 2004, "il terzo America" Dan Peek (uscito dal gruppo nel 1977 e scomparso recentemente nel Luglio del 2011 all'età di  sessant'anni ) raccontò di quanto il gruppo, solo successivamente, si accorse che il  messaggio ecologista che le foto volevano far risaltare, contrastava e cozzava con l'alto numero di alberi che furono sradicati per stampare la "sontuosa" e famosa copertina a tre ante di Homecoming. Errori di gioventù. Anche se l'intenzione fu premiata con il successo di uno dei migliori album della band.


lunedì 25 giugno 2012

COVER ART#4: NEIL YOUNG (ON THE BEACH, 1974)


artista: NEIL YOUNG
album: ON THE BEACH
anno: 1974
direzione artistica e disegno: GARY BURDEN
fotografia: BOB SEIDEMANN
canzoni da ricordare: Walk On, Revolution Blues,On the beach,Ambulance blues

E' stato, è e rimarrà uno dei suoi capolavori indiscussi, spesso superato in popolarità da titoli più noti, On the Beach è uno sguardo contemplativo di scuro disagio verso il mondo circostante. Il biennio 1974/75 fu per Neil Young un periodo di profonda sofferenza e crisi esistenziale che vide il suo sfogo/prolungamento nei due dischi On the beach appunto e Tonight's the night (scritto prima di On the beach ma uscito un anno dopo, nel 1975).
In copertina Young è visibile in lontananza, ritratto di spalle, scalzo con le grosse scarpe di fianco ed uno sdraio aperto lì vicino, mentre il suo sguardo è fisso su un orizzonte che si perde lontano nel mare. Un'onda sta per arrivare, cosa porterà? Cosa si prenderà ancora? Un segnale forte e chiaro della volontà di volersi lasciare alle spalle un periodo che lo aveva visto a diretto contatto con la morte e la perdita di cari amici come Bruce Berry ( roadie di CSN&Y trovato morto per overdose nell'appartamento dello stesso Young) e Danny Whitten (chitarrista dei Crazy Horse cacciato dallo stesso Young per i suoi problemi di droga), la nascita di un figlio, Zeke, con forti problemi di salute e un quadro generale della società americana non esaltante che faceva seguito alla grande utopia di fine anni sessanta.
C'è tutto il necessario per far sprofondare un uomo nella depressione.
Young si lascia alle spalle un ombrellone aperto su una spiaggia (Santa Monica Beach, California) dove il sole sembra essere scomparso già da qualche ora- sembra tiri anche il vento- un attaccapanni vuoto, un tavolino desolatamente imbandito con una lattina di birra Coors ed un bicchiere (di plastica?), un giornale che il vento ha fatto cadere (con il titolo " Senator Buckley calls for Nixon to Resign" riferito al Watergate che sconvolse gli Stati Uniti e il suo presidente Richard Nixon) ed un pezzo del retro di una Cadillac per metà sotterrato. Significativo il particolare del giornale, visto lo strano feeling tra Young ed il presidente Nixon, citato spesso nelle sue canzoni, da Ohio a Campaigner's fino alla splendida Ambulance Blues che chiude questo disco.
Un quadretto pensato dallo stesso Young insieme al fido artista Gary Burden e creato dal fotografo Bob Seidemann che nel suo intero, dominato dal colore giallo, da un senso di velata malinconia e desolazione, raccontando, ancor prima di far girare il disco, gli umori delle canzoni. Un voler cercare in lontananza quello che la presente realtà sembra affossare e forse proprio quel pezzo di Cadillac che ancora si scorge è un simbolico segno che non tutto è perduto. "Una delle mie copertine preferite è quella di On The Beach" racconta Neil Young nell' autobiografia Il Sogno Di Un Hippie "Ovviamente era il titolo di un film che ho rubato per l'album , ma che importa. L'idea per la copertina fu un fulmine a ciel sereno. Gary ed io andammo insieme a cercare i pezzi da mettere insieme. Andammo a un deposito rottami di Santa Ana per recuperare la deriva di coda e il parafango di una Cadillac del 1959 con tanto di luci posteriori. Restammo a guardare mentre li tagliavano da una Cadillac per darli a noi; poi andammo da un fornitore di arredi da esterno dove prendemmo l'ombrellone e il tavolino. In un pessimo negozio di abbigliamento per uomini trovammo la brutta giaccia di poliestere gialla  e i pantaloni bianchi..."
I caratteri grafici sono di Rick Griffin, il grafico più ricercato della San Francisco psichedelica degli anni sessanta e autore di tante copertine dei Grateful Dead. 
Nella busta interna, come una lettera persa dal vento in spiaggia, le note introduttive all'album, scritte dal musicista country Rusty Kershaw (sua la slide su Motion Pictures(For Carrie) ed il violino in Ambulance Blues) che si interroga sul perchè fu scelto per scrivere queste righe, ma che ci racconta anche di un Neil Young dall'umore a terra e la forte volontà di provare a cambiargli il morale con la  musica. Poi, alcune frasi criptiche e poco comprensibili, infine tesse le lodi all'album e vicino alla firma scrive:"perchè Ben (Keith) è mio amico". Rusty Kershaw, personaggio bizzarro, ebbe un grande peso sulla realizzazzione del disco e  riuscì a tenere alto il morale , oltre che con la musica, introducendo il largo uso di Marijuana (ormai leggendarie le sue "Honey slides"-frittelle di marijuana e miele).
Il retro, dove compare il nome dell'artista, in alto a sinistra, è il prolungamento verso sinistra della foto: il pezzo di spiaggia è libero e sgombro di oggetti, campeggia solamente un vaso in legno con una triste e giovane palma dal lungo e sottile tronco, sormontato da quattro corti rametti con foglie. Ora tutto è più chiaro: Neil Young è solo, unica presenza (umana) vivente in quella spiaggia.
Curiosa la versione alternativa della copertina, che divenne successivamente un poster pubblicitario. Questa volta Young è in primo piano, scalzo e sorridente.Il giornale è sopra il tavolo e Neil Young in mano tiene la copia di un altro quotidiano. Uno visione che avrebbe completamente rovesciato gli umori dello scatto originale, concentrando tutti gli sguardi sull'artista sorridente in primo piano, distogliendoli da tutto il resto. 
Young uscirà fuori da questo periodo scuro ma prima ci lascerà questi due dischi ( On the Beach e Tonight's the Night) "diversi" ma favolosi a testimonianza di uno dei periodi più neri della sua vita personale, inversamente proporzionale a quella artistica, mai stata così fervida ed ispirata.
E' uno dei dischi preferiti dallo stesso cantautore che ne ha sempre tessuto le lodi, scegliendo di non pubblicarlo su compact disc per molti anni, proprio per preservarne l'autenticità data dai solchi del vinile. E forse, questo lo aggiungo io, per preservare la bellezza di una copertina che il formato12x12 cm. di un cd sacrifica troppo.




domenica 15 aprile 2012

RECORD STORE DAY 2012, INTERVISTA A PAOLO CAMPANA,regista di "VINYLMANIA"


Le dita che corrono veloci in preda ad un raptus impulsivo, scartabellano centinaia di vinili nel volgere di pochi secondi. Lo sguardo attento e concentrato nel cogliere i particolari, i colori e i monicker delle copertine e nello stesso tempo vigile a controllare altri avventori e le loro scelte ( No, quello no, lo dovevo prendere io...). Il naso solleticato da quel particolare aroma di cartone mischiato ad inchiostro e plastica che sale ogni qualvolta rilasciamo un disco per afferrarne un altro. Tutti i nostri sensi sono impegnati e racchiusi in una semplice azione ripetutta chissà quante volte e in quanti luoghi sparsi per il mondo.
Questa semplice azione che sembra sepolta nei ricordi dei più nostalgici, rivive ancora nelle vite degli appasionati meno arrendevoli, di chi continua a frequentare "fiere del vinile" e i sopravvissuti negozi di dischi.
Da alcuni anni (cinque per la precisione),come si fa per le cose più belle, importanti, preziose ed in via di estinzione, il 21 Aprile 2012 si celebra, in tutto il mondo, il Record Store Day. Giornata dedicata a tutti i negozi che ancora sfidano il mercato musicale anteponendo la passione prima di tutto.
Negozianti, artisti e fans uniti per un giorno in difesa della buona musica. Negozi aperti, edizioni limitate e create appositamente per la manifestazione ed eventi live animeranno la giornata in ogni angolo del mondo.
Quest'anno anche l'Italia avrà il suo momento di gloria. Il film/documentario del regista torinese Paolo Campana: "VINYLMANIA-Quando la vita scorre a 33 giri al minuto", è stato scelto come pellicola ufficiale della manifestazione.
Ne parliamo direttamente con lui.

INTERVISTA a PAOLO CAMPANA

Come ha preso forma l'idea di girare il film e come è arrivato a rappresentare il Record Store Day 2012?
L’idea di Vinylmania è nata più di dieci anni fa, diciamo in tempi non sospetti ed è stato un work in progress. Allora si parlava del vinile come di un fenomeno di nicchia, si pensava che di lì a poco sarebbe sparito... e quindi nessuno credeva nel progetto. Per anni ho girato con la mia telecamera tra negozi di dischi, mercatini e DJ set per documentare la realtà che mi circondava. All’epoca facevo il DJ quasi a tempo pieno e nel documentare la realtà che frequentavo volevo capire di più su una passione che stava per me diventando mania vera e propria. La mia domanda iniziale è stata “ma cos’è che ci tiene così ancorati a questo formato?”.
L’aumento imprevisto delle vendite e l’attualità del fenomeno ha dato poi ragione a quest’idea e finalmente nel 2008 alcune televisioni, tra cui ZDF/ARTE, che producono documentari creativi, si sono finalmente interessate al progetto. Così insieme con la torinese Stefilm che da tempo sosteneva questa ricerca è partita la produzione vera e propria. Con Edoardo Fracchia, il produttore, abbiamo cominciato a lavorare alla preparazione del film, iniziata nell’estate del 2009 e terminata tra riprese in giro per il mondo, montaggio e post-produzione nel 2011. Esisteva già da tempo uno script che poi ha avuto diverse stesure mantenendo un’idea di base che consisteva in una mia indagine personale intorno al mondo del vinile, una sorta di viaggio nel “groove”, dentro il microsolco, una sorta di “road movie”. La parte di vissuto autobiografico ha preso forma più compiuta durante il montaggio e fa da traino ad una storia costellata d’incontri con artisti, musicisti, DJ, ingegneri del suono, collezionisti o semplici appassionati. Partendo dall’idea di sondare soprattutto la febbre del collezionismo, il progetto ha virato verso un’altra forma, ovvero l’intenzione d’indagare tutte le possibili declinazioni di questa passione, da chi ha lavorato con i dischi facendo copertine, studiandone il suono, a chi è musicista o ne è stato folgorato come semplice amante della musica o ha passato una vita ad archiviare dischi.
Per quanto riguarda il RSD sono molto fiero che Vinylmania sia stato selezionato come film ufficiale del 2012. Ho sempre desiderato fare qualcosa in questa direzione. Il rapporto con RSD esiste da oltre un anno e dopo un lungo scambio di mail abbiamo finalmente attirato il loro interesse, abbiamo mandato il film appena finito quest’estate... e semplicemente è piaciuto! Il fatto poi che quest’anno l’ambasciatore sia Iggy Pop mi entusiasma ancora di più.
Per girare Vinylmania hai impiegato dieci anni. Un periodo lungo per la velocità con cui è cambiata la fruizione musicale in questi ultimi anni. Girando il film ti sei accorto di questi cambiamenti intorno a te? Ci sono state difficoltà? Aiuti insperati?
E’ stato un periodo di gestazione relativamente lungo in cui molte cose sono successe tra cui la rivoluzione su internet con il downloading selvaggio di musica: MP3, l’avvento di Itunes, ecc...
E’ paradossale che proprio in un momento di grande libertà come questo sia ricominciata una massiccia vendita di dischi riportando sul mercato le stesse major che in parte sembravano aver abbandonato questo formato. L’elemento inaspettato di questo fenomeno di ripresa sono i più giovani. Nuove generazioni di teenagers, nati in epoca digitale, hanno cominciato ad interessarsi al vinile.
Forse saranno loro i collezionisti del futuro? La verità è che il vinile non è mai andato via... è semplicemente ritornato di grande attualità e l’industria della musica se n’è accorta e l’ha rilanciato, forse per far fronte a quella che nel film viene definita da Eddie Piller, storico DJ e produttore dell’etichetta Acid Jazz, “la truffa del digitale”.
La gente cerca qualcos’altro dentro la musica, ha bisogno di qualcosa da toccare, di un oggetto concreto, di un suono più naturale ed il vinile incarna quest’idea. Questa sorta di nuovo “rinascimento” dei dischi, come dicevo, ha aiutato tantissimo il progetto prima dal punto di vista produttivo ed ora distributivo.
Fare un documentario, soprattutto in Italia, è un percorso ad ostacoli. Questo significa principalmente avere difficoltà dal punto di vista economico. Ci sono state però anche tante sorprese che hanno reso questa sorta di missione molto eccitante. A parte il sostegno del RSD durante l’arco delle riprese, il film ha avuto la partecipazione e il supporto di artisti che stimo molto tra cui Philippe Cohen Solal dei Gotan Projectt, Winston Smith, artista conosciuto soprattutto per le copertine dei Dead Kennedys o Sanju Chiba, costruttore del Laser Turntable. Persone che hanno creduto e credono tutt’ora fortemente nel film tanto da sostenerne la promozione stessa. Winston Smith ad esempio ha creato per noi la copertina del DVD e il poster del film con il suo stile graffiante.
Un’altro grande aiuto è arrivato dalla rete, dai nostri fan di facebook in gran parte, quando abbiamo organizzato la campagna di raccolta fondi per poter produrre il DVD di Vinylmania edizione speciale. Quasi 400 sostenitori ci hanno aiutato su Kickstarter a raccogliere la somma di 37.000 dollari. E’ stata un’esperienza bellissima, 45 giorni d’intensa campagna in rete a stretto contatto con appassionati di musica, collezionisti o semplici amanti dei documentari...
Andando in giro per il mondo hai potuto testare la sopravvivenza dei piccoli negozi musicali. C'è ancora qualche isola felice in giro per il mondo?Isole felici ne ho trovate un po’ ovunque nel mio viaggio: a parte i grandi shop resistenti come Spacehall a Berlino, Rough Trade a Londra o Amoeba a San Francisco, ci sono i piccoli negozi, sempre a San Francisco, con sotterranei interminabili
e corridoi di Lp che si perdono nell’oscurità, interi isolati pieni di sorprendenti negozi a Shibuya a Tokyo, gli “Antiquariat” di Praga, botteghe in cui tra vecchie cianfrusaglie e reliquie “ortodosse” spuntano titoli imprevedibili, la fiera di Novegro a Milano, una delle più grandi in Europa o semplicemente i “vide grenier”, mercatini delle pulci dei paesini che ho visitato nel sud della Francia dove si possono scovare rarità di ogni tipo... Un’altra isola felice è l’ARC, l’Archive of Contemporary Music di New York dove sono custoditi più di 2.000.000 di dischi e dove si può consultare l’introvabile. Il direttore, dell’ARC, Bob George, circa due volte l’anno organizza una piccola fiera al suo interno dove vende i doppioni...
Tu sei di Torino. Recentemente ho letto il divertente libro "L'ultimo disco dei Mohicani"(raccolta di folli aneddoti intorno ad un negozio di dischi) di un altro torinese: Maurizio Blatto. Nella tua città i piccoli negozi di dischi come sopravvivono e reagiscono ai grandi media-stores ed a internet?Reagiscono come penso tutti i piccoli negozi di musica sparsi per il pianeta... creando un rapporto stretto con il cliente, specializzandosi in generi e sottogeneri particolari e ricercati, fungendo da punto d’incontro per gli amanti della musica, distribuendo flyers e riviste... recensendo direttamente i dischi in vendita, insomma fungendo da veri e propri aggregatori utilizzando la creatività. Questi negozi sono luoghi unici rispetto ai grandi media-store che di vinile hanno solo qualche ristampa. Fondamentalmente anche a Torino per me vale quello che diceva Nick Hornby nel suo libro Alta Fedeltà: “I negozi dischi non possono salvarti la vita, ma possono dartene una migliore”, si perché in questi non solo si comprano e si ascoltano dischi ma si ferma un po’ il tempo e ci si trova una dimensione differente fatta anche di incontri bizzarri.
Il libro di Maurizio, che conosco da anni, e il cui negozio frequento di tanto in tanto, non fa altro che raccontare una splendida variegata galleria umana. Insomma se cerchi qualcosa di non anonimo ed inconsueto basta entrare in un qualunque negozio di dischi... qui più che fuori qualcosa d’interessante di sicuro succede.
Intervistando gli artisti, qual'è la corrente di pensiero più frequente riguardo i files digitali? Molti li odiano, altri li trovano indispensabili. C'è qualche musicista che ti ha colpito più di altri?In realtà non vedo i file digitali come il diavolo, possono essere utili per scoprire nuova musica prima di cercarla in vinile, per scambiare al volo esperienze. Il digitale personalmente è semplicemente un modo per ricognizzare la musica, le nuove uscite, i dischi introvabili... diciamo che potrebbe essere un’anticamera del vinile. Scopri un brano? Un artista? Bene, vuoi approfondire? Con il vinile crei un rapporto più profondo e ravvicinato con la musica registrata e l’opera contenuta, un rapporto più impegnativo ma anche più gratificante dal punto di vista dell’esperienza. E le esperienze di ognuno che s’intersecano sono le più diverse. Da un lato ci sono puristi come Eddie Piller, Key Kobayashi o i The Karminsky Experience, DJ e accaniti collezionisti presenti nel film, che suonano vinile al 100%, poi c’è DJ Kentaro, che utilizza sia vinili veri che quelli virtuali di Serato per scratchare. All’altro estremo, Richie Hawtin (presente con un intervista nei bonus del DVD), votato completamente agli usi più avanguardistici del digitale che però non ha rinnegato le proprie origini. Secondo Hawtin il vinile è fondamentale perché ci fa immergere meglio nella musica presente permettendoci di comprenderne le radici.
Il tuo film verrà visto e proiettato in tutto il mondo. Quest'anno ambasciatore del Record Store Day sarà Iggy Pop. Cosa speri possa dire
immediatamente dopo la visione del tuo film?
Spero innanzi tutto che lo veda... e che possa apprezzarne soprattutto l’ironia. Iggy è parte di quell’universo musicale in cui sono cresciuto negli anni’80... fondamentale
Il lento ritorno in auge dei vinili spesso lo associo, metaforicamente, ad un richiamo e voglia di lentezza in un mondo assurdamente frenetico. La sacra liturgia dietro all'ascolto dei vinili richiede molto tempo. Qual'è stato, secondo te, il nemico numero uno del vinile? La nostra generazione ha conosciuto tutti i supporti musicali:il vinile appunto, la musicasetta (addirittura la vetusta "super 8"), il compact disc, l'mp3. Dove risiede la magia del vinile?
Indubbiamente il nemico numero uno del vinile, dopo la cassetta, è stato il cd. Le major hanno spacciato il digitale all’epoca come qualcosa di irrinunciabile... ma era semplicemente un altro modo per cercare di resuscitare i profitti di un industria, quella musicale, già da anni agonizzante. La qualità del CD è buona si, ma si tratta di un suono non conformato sul nostro orecchio che è e rimane analogico così come il suono registrato nei microsolchi di un vinile. Per le Major produrre e vendere CD dava più ricavi rispetto ai dischi. Ora però la batosta gli è tornata indietro... prima con il downloading gratuito ed ora con il crollo del mercato dei CD. Non bisogna dimenticare che un disco in vinile non è “fotocopiabile” ed ha più senso la convivenza vinile-MP3 che quella vinile-CD.

La cassetta Stereo8 non è mai stata un pericolo, anzi era limitante tanto da essere poi soppiantata dalla classica Cassetta Basf, anch’essa però molto limitata per la qualità. Si tratta di formati storici, su cui ora si sono raccolte comunità di afficionados e dietro cui c’è un fenomeno di nostalgia vero e proprio, vedi i leggendari mixtape, e a cui stanno dedicando diversi documentari. Ma, nulla a che vedere con il vinile, i dischi hanno qualcosa che va oltre la nostalgia, il suono e la copertina.
La magia del vinile sta in qualcosa di più evocativo. Vedo i dischi come piccole macchine del tempo in grado di farci viaggiare non solo nella nostra memoria personale ma nella memoria musicale collettiva. Sono sicuro che sia questa qualità impalpabile ad attrarre inconsciamente gran parte dei più giovani. Essi stessi hanno bisogno di sentirsi parte di qualcosa di tangibile, qualcosa che li riconnetta con una certa forma di pensiero che sta sparendo. Quella spirale scura del groove che gira sul piatto ha il potere di portarti lontano verso altri mondi e universi paralleli altrimenti insondabili.
Hai una situazione ideale per ascoltare musica? Quella in cui la musica occupa totalmente i tuoi pensieri e ti stacca completamente dal mondo?Fondamentalmente l’ascolto di un disco richiede dedizione e tempo ma è anche un passatempo piacevole. Lo si può fare mentre si cucina, e magari si sorseggia un bicchiere di buon vino... Adoro questa pratica... come anche quella di passare una bella serata in compagnia con il sottofondo frusciante di un disco... dimenticarmi di girare la facciata perché succede qualcosa di imprevisto... Per citare ancora Nick Hornby: “L'amore è una metafora della musica stessa”.
Vinile vuol dire anche arte visiva.
-Ti ricordi la prima copertina che hai visto?
Ricordo quella che mi rimase più impressa... the Robots dei Kraftwerk, avevo 12 anni, li avevo visti in tv e mi avevano colpito molto: loro quattro, camicia rossa, cravatta nera... manichini futuristi di se stessi...
-La più bella copertina che possiedi nella tua collezione?Adoro le copertine coloratissime degli anni ’50 di lounge exotica americana, soprattutto quelle di Martin Denny, Les Baxter o Yma Sumac ma sono anche molto legato a certe copertine degli anni ’80 come quelle create da Peter Saville o Winston Smith, ospiti del film.
-La più brutta?Non c’è limite al peggio... non ho mai capito la cover del primo album degli A Certain Ratio... non è esteticamente confortante e i colori mi fanno un effetto strano, ma non è la più brutta che al momento ricordi... Forse le ultime dei Simple Minds? O certa roba Italo disco degli ’80... musica che per altro adoro!
Come sarà distribuito il DVD e cosa potremo trovarci? Hai mai pensato a cosa potrebbe pensare un ragazzino, adolescente di oggi, davanti alle immagini della tua pellicola?Il film ha riscosso un grande successo al International Film Festival di Goteborg ed ora sta circolando in diversi festival e rassegne. Tra i principali appuntamenti nelle sale ad aprile Vinylmania sarà presentato al Chicago International Music Festival, avremo una prima a Torino al Cinema Massimo il 18 aprile, il 20 a Parigi, il 22 saremo ospiti dell’Istituto Italiano di Cultura a Stoccolma. A maggio al Planete Doc Review a Varsavia, alla fiera di Vinilmania di Novegro a Milano e al Ox di Oxford ed tante richieste stanno arrivando da tutto il mondo per i prossimi mesi. Gran parte di ciò grazie al nostro distributore internazionale Deckert Distribution.
Il DVD avrà una prima diffusione direttamente dal produttore che invierà le primissime copie direttamente a casa di coloro che ci hanno sostenuto su Kickstarter, per poi essere ufficialmente distribuito a partire dal 21 aprile, data del Record Store Day. Quest’operazione in Francia partirà da Parigi, allo scoccare della mezzanotte tra 20 e il 21, dopo che avremo presentato il film in una serata organizzata dal Record Store Day e dal nostro distributore d’oltralpe.

Vinylmania special edition sarà distribuito inoltre in Inghilterra, Spagna, Olanda, Belgio, Germania... e speriamo di chiudere con altri distributori tra cui gli USA, il Giappone e il Brasile. In Italia il film è distribuito da Cinecittà Luce in versione digipack bianca con un mini poster all’interno e alcuni dei bonus dell’edizione speciale. L’artwork in copertina curata da Winston Smith è in pratica lo stesso anche per la Special Edition che consta di un doppio dvd con libretto interno, quasi 100 minuti di bonus tra clip di backstage ed interviste con altri personaggi non presenti nel film. Tra loro figurano Richie Hawtin, Klaus Fluoride (Dead kennedys, bassista), V.Vale (publisher Re/Search) ed una divertente escursione a LuxuriaMusic, web Radio di Los Angeles, unica per la sua programmazione a base di vinile. C’è anche una piccola “ghost track” ma sta a voi scoprirla se vi procurate questa versione.
Spero di aver fatto un film trasgenerazionale e il fatto che gli organizzatori del RSD vogliano mostrarlo in molti college americani forse non è un caso. Spero che, chi lo vede , ne esca con la voglia di riscoprire o scoprire che cos’è un disco. Ricordo che durante la scrittura del film più volte con il produttore Edoardo Fracchia, si parlava del desiderio di far venire al pubblico la voglia di entrare in un negozio di dischi! Questa era l’emozione finale a cui volevamo volevamo arrivare... Far venire l’acquolina in bocca. Se questo film ha un cuore la gente saprà sentirlo pulsare!
Che vinile comprerai il 21 Aprile 2012 (giornata del Record Store Day)?Spero di poter visitare qualche negozio di dischi a Parigi, dove presenteremo il film la sera del 20 aprile. Penso a “Raw Power” di Iggy and the Stooges, vista l’attinenza. Mi piacerebbe trovare però l’edizione originale ad un prezzo accessibile, chissà...

A questo punto, non vi rimane altro che correre nel negozio di dischi più vicino a casa vostra (ci sono, ci sono ancora: ci vuole solo un po' di voglia e passione nel trovarli), richiedere il DVD del film di Paolo Campana e comprare l'edizione limitata in vinile che il vostro artista preferito vi ha preparato. Il consiglio non ha date di scadenza, naturalmente.
Un caloroso grazie a Paolo per la sua disponibilità.

venerdì 16 settembre 2011

COVER ART#3: INTERVISTA a OLIMPIA ZAGNOLI

Olimpia Zagnoli ( http://www.olimpiazagnoli.com/)
artista ventisettenne, nata a Reggio Emilia, lavora e vive a Milano. I primi ad accorgersi di lei sono stati il New York Times e il NewYorker con i quali collabora come illustratrice. Presto il suo nome ha iniziato a girare il mondo ed anche l'Italia le dedica i giusti spazi...finalmente.
Eclettica, versatile e poliedrica, Olimpia è anche una grande appassionata di bella musica e proprio quest'anno ha collaborato con Rolling Stone per un simpatico e colorato progetto e con due giovani band italiane , mettendo la sua firma dietro agli artwork dei loro dischi.
Quale occasione migliore per fare due chiacchiere con lei, parlando solamente di musica e arte legata ai dischi...

Una volta era uso domandare, come se non esistessero altri gruppi: Beatles o Rolling Stones? In base alla risposta qualcuno si prodigava a cercare di capire anche il carattere di una persona...Ora ti chiedo, nell'arte visiva(LP cover, look, video, film)...tu cosa scegli Beatles o Rolling Stones?
Dal punto di vista visivo credo di potermi sbilanciare e dire Beatles, nonostante i Rolling Stones abbiano un'estetica molto riconoscibile e sensuale, a cominciare dal logo. E' difficile però battere dei capolavori visivi come Yellow Submarine illustrato da Edelmann, le divise di Sgt. Pepper, i fiori al collo del periodo indiano, la mela verde, i baffi di Ringo, il font di Magical Mistery Tour e le suggestioni estetiche dei loro testi.
...e musicalmente?
Considerando il fattore affettivo, le carriere solistiche dei singoli componenti e cercando di fare un' analisi complessiva, allora forse direi Beatles. Ultimamente però in questa casa si osserva il culto di Keith Richards.

Quest'anno hai avuto modo di cimentarti con la realizzazione di due cover album per due gruppi italiani: Green Like July e Ex-Otago. Come è avvenuto l'incontro con i due gruppi e come sono nate le copertine(...particolare ed inusuale quella dei Green Like July)?
In tutti e due i casi ho cercato di parlare molto con il gruppo, ascoltare i pezzi attentamente e capire cosa volevano comunicare.
Gli Ex-Otago volevano raccontare la natura critica e di denuncia dei nuovi testi attraverso un' immagine d'effetto e riassuntiva. Abbiamo fatto molte prove finchè non siamo arrivati ad una donna che ascolta una foglia. Per i Green Like July invece mi sono concentrata molto sui riferimenti estetici che i pezzi evocano e il loro inequivocabile richiamo all' America. Ho fatto una lunghissima ricerca tra vecchi libri di cucito, archivi di musei e mercatini fino ad elaborare una grafica che avesse lo stile tradizionale che cercavo, ma allo stesso tempo un disegno fatto su misura per loro.

Hai avuto anche l'opportunità di girare un video da regista. Come è andata?
Molto bene. E' stato un lavoro lungo ma soddisfacente. Tra le riprese e l'uscita
effettiva del video sono passati quasi due anni. Ho cercato di raccontare una storia, nonostante la povertà di mezzi e capacità (non avevo mai girato o montato un video prima). Spero di esserci riuscita in qualche modo e di avere presto l'opportunità di cimentarmi in qualcosa di nuovo.

Mai pensato alla fotografia(magari sì...e io mi sono perso qualcosa)?
No. Mi piace guardare le vecchie foto e mi piace registrare quello che faccio attraverso esse, ma non ho mai avuto particolari slanci artistici in questo campo. Mio padre mi ha insegnato dell'esistenza del diaframma, ma a parte questo non so nulla.

Come è nata l'idea dell'inserto sul mensile Rolling Stone? Hai avuto carta e pennello liberi?
L'idea di creare una versione di Rolling Stone per bambini è nata da Michele Lupi e da Studio Fantastico. Quando mi hanno proposto di illustrare "Rolling Stone Kids"
ero contentissima, vista la materia e il suo pubblico. Mi sono molto divertita e mi sono sentita libera di fare quello che volevo.

Anni '70: l'arte giocava a braccetto con la musica(copertine vinili, poster e manifesti-hai avuto modo di disegnare l'ultimo"balla con i cinghiali 2011"-), credi che si sia perso molto in questi anni ... c'è spazio per recuperare o appartiene tutto al passato?
Forse, a differenza di un tempo, non tutti si possono permettere di avere delle collaborazioni di altissima qualità come avveniva una volta. Credo però che ci siano degli abbinamenti tra arte e musica molto efficaci anche ora. Mi viene in mente per esempio il lavoro di Jonas & Francois per Justice e Audio Bullys, alcune cose di Roman Coppola o il recente intervento video dei Ragazzi della Prateria per il tour di Jovanotti. Non tutto è perduto, anche se non sono più gli anni 70.

Copertina rock preferita?
Mi piace molto "Odessey and Oracle" degli Zombies e "Disraeli Gears" dei Cream. Come singoli, il 7" di "Baby i love you" fatta dai Ramones. E poi naturalmente il White Album.

Copertina più brutta in cui ti sei imbattuta?
"Schoolboys in Disgrace" dei Kinks, illustrata tra l'altro da Mickey Finn dei T.Rex. Anche "Cloud Nine" di Harrison è piuttosto brutta. Detto questo, credo che le copertine orribili abbiano un loro fascino, soprattutto se il disco che contengono è bello come in questi due casi.

Artisti e album musicali preferiti?
T.Rex - The Slider
The Kinks - Part One Lola Versus Powerman And The Moneygoround
Big Star - #1 Record
Phil Spector - Back to Mono

Quando lavori ascolti musica?
Sì, mi piace molto ascoltare le colonne sonore.
In questi giorni sto ascoltando quella di Xanadù degli Electric Light Orchestra e quella di Percy dei Kinks.


Ultimo concerto visto?
Francesco Guccini con mia nonna l'altro ieri.

Dovessi scegliere un cantante/gruppo straniero con cui collaborare su chi punteresti e perchè?
I Kiss. Perchè sono i Kiss.

A cosa stai lavorando ora?
Sto facendo illustrazioni per libri, riviste e biscottifici.
Non sto facendo la spesa da molti giorni.

Il video di "A Better Man" girato per i Green Like July

martedì 7 giugno 2011

COVER ART#2. ANTONIO DE FELIPE: LPOP...le copertine rivisitate

Ci fu un tempo (e qui, la voglia di scrivere" nemmeno troppo lontano" è tanta) in cui l'arte visiva, che fosse pittura o fotografia, viveva a stretto contatto con la musica. Anni in cui i più grandi artisti del pennello e della macchina fotografica prestavano la loro arte al Rock, per rendere uniche altre opere d'arte come i vinili.
Anni in cui non era difficile giudicare il prodotto attraverso la sua copertina e il suo arwork prima ancora di appoggiare la puntina del giradischi sulla plastica nera. Lavori firmati da Warhol erano già di per sè un importante veicolo di .
pubblicità. Va da sè che con l'avvento del cd, sul finire degli anni ottanta, lo spazio su cui un artista poteva imprimere il proprio talento diminuiva a dismisura fino a scomparire del tutto con l'arrivo della musica digitale. Mp3 e Computer hanno annullato, quasi del tutto, il fascinoso giochetto del riconoscere un artista dalla copertina.
Insomma, l'artwork dei dischi sembra un discorso da nostalgici.
Nostalgico è certamente l'artista spagnolo Antonio De Felipe, classe 1965, nato a Valencia, che dopo aver rappresentato e rivisitato il mondo del cinema e dello sport, ora si butta sulla musica con una mostra intitolata LPOP in questi giorni a Madrid ( dal 29 Maggio al Centro Cultural Casa De Vacas), sperando possa passare presto in Italia.
Quello che De Felipe fa, non è altro che riprendere le più grandi copertine del rock/pop e rivisitarle alla sua maniera, a volte in modo veramente geniale, anche se l'idea non è certamente qualcosa di nuovo. Quanti di voi non hanno mai provato a immedesimarsi all'interno di una foto e con la fantasia aggiungere e togliere elementi? Lui ci ha provato ed i risultati sono ad effetto.

Un Artista che coverizza altri artisti, aggiungendoci del suo. Come in musica i grandi musicisti si cimentano nel riprendere canzoni di altri autori per piegarle al proprio stile e genere (paradossale pensare a Dylan che riesce a coverizzare se stesso tutte le sere, stravolgendo le sue canzoni), così De Felipe prende le copertine e imprime loro la sua neo-pop art. Cartoni animati, colori, ironia e sdrammatizzazione, i segreti delle sue opere. Dal metal degli Iron Maiden
al pop di Madonna, nessun genere ed artista viena risparmiato. Vediamo così, Eddie, la celebre mascotte degli Iron Maiden, camminare nella via periferica e notturna che si trasforma nel set del famosissimo video Thriller in compagnia di Michael Jackson e suoi zombies. Da qui Killers (titolo del secondo album della band inglese) diventa Thriller e siamo sicuri che Eddie avrebbe fatto la sua figura come comparsa. Oppure la popstar Madonna con un vistoso morso di Dracula sul collo nella copertina del disco True Blue che inevitabilmente diventa "True Bloody". Ancora Born in The USA di Springsteen, che all'epoca venne frainteso dall'allora
presidente degli States, Ronald Reagan, che ne fece l'inno del paese, senza aver evidentemente ascoltato le parole della canzone, fortemente critica verso la politica militare degli Stati Uniti, soffermandosi, forse, al solo ritornello. De Felipe accentua l'americanità dello scatto di copertina aggiungendoci tre simboli universali del consumismo degli States nel mondo:il marchio Coca-Cola, Mickey Mouse e un Hot-Dog.
Il consumismo denunciato, invece, nella ormai storica copertina di Nevermind dei Nirvana diventa un fondale marino del cartoon Nemo colorandosi e stemperando la negatività espressa da Cobain e soci nei loro testi.

Le due più celebri copertine di Andy Warhol ( Sticky Fingers dei Rolling Stones e Velvet Underground) vengono unite insieme con un risultato finale che sicuramente sarebbe incorso nella censura (cerniera lampo giù, più banana).
Bad di Michael Jackson, diventa "Bart", con il celebre rampollo di casa Simpson in posa, vestito di pelle nera a fianco del re del pop.
Una Alice in libera uscita dal suo paesello delle meraviglie si ritrova a braccetto di tre Kiss nel celebre album Destroyer prendendo per un attimo il posto del
chitarrista Ace Frehley, incamminandosi con i tre chissà dove?
E poi ancora: Bowie, the Beatles, Cure, Blondie, Van Halen, Pink Floyd e tanti altri, tutti acrilici su tela. Da vedere assolutamente.
Questo il link del sito di Antonio De Felipe, nella sezione Lpop(woks) troverete le altre copertine(opere):

http://www.antoniodefelipe.es/

venerdì 22 aprile 2011

COVER ART #1: BILLY JOEL (GLASS HOUSES, 1980)


artista: BILLY JOEL
album: GLASS HOUSES
anno: 1980
fotografo: JIM HOUGHTON
canzoni da ricordare: All for Leyna, It's still rock and roll to me, Sometimes a fantasy, You may be right

Anno 1980, il punk aveva già spazzato via tutto. Occorrevano grandi cambiamenti e molti artisti non rimasero a guardare, chi si buttò sulla discomusic imperante, chi sulla new wave e chi optò per una svolta rock.
Billy Joel esce dagli anni settanta con l'etichetta appiccicata addosso da crooner confidenziale, un "piano man" sulla scia dell'amico Elton John con almeno due hits mondiali come Just the way you are e Honesty che gli garantiranno diritti a vita ed un futuro radioso ed economicamente coperto.
Glass Houses è il disco delle rivincite. La sua personale mossa "punk" scagliata contro chi gli voleva male, critici in primis. Nulla cambia nel successo, confermando Joel come uno dei più straordinari hit maker americani di sempre. Glass Houses diventa presto un altro album di platino da aggiungere in bacheca grazie ai nuovi successi di You May Be Right, Sometimes A Fantasy, All For Leyna, It's Still Rock And Roll To Me, Don't Ask Me Why. Naturalmente la critica rema nuovamente contro, vedendo in questa nuova trasformazione di Joel il tentativo di cavalcare "l'onda" della nascente New Wave.
“Penso che ci sia  stata la percezione che stavo tentando di atteggiarmi come un ragazzo uscito dalla New Wave, ma non era in alcun modo la mia intenzione. La mia intenzione era scrivere roba più adatta da suonare nelle grandi arene”.
Joel, tutto sommato è un combattivo e la sua giovinezza passata a boxare lo sprona a far uscire un disco di rottura, diverso da quanto prodotto fino ad allora.
Ecco che la copertina assume un significato particolare , svelando subito i suoi contenuti rock'n'roll.
Vestito di giubbotto e guanti di pelle nera, jeans sdruciti e stivaletti, impugna una pietra. I caratteri delle scritte, il nome e il titolo dell'album in rosso, fanno tanto "New York Dolls". Il fotografo Jim Houghton, già autore dello scatto del precedente disco di Joel 52 nd Street(1978) e di Powerage e Highway To Hell degli AC-DC, lo ritrae un attimo prima che la pietra tenuta in mano vada ad infrangersi sull'enorme vetrata davanti a lui. Un gesto che assume il significato di rottura con il passato o un atto da teppistello del Bronx, visto anche l'abbigliamento di Joel?
Sul retro copertina viene svelato l'arcano e tutto sembra tornare normale, il primo piano vede il musicista Newyorchese in giacca e cravatta però davanti ad un vetro in frantumi. La pietra , non ci sono più dubbi, è stata lanciata e gli anni ottanta, lo vedranno ancora protagonista.