Kory Clarke è in una forma invidiabile. E questa è già una grandissima notizia. La seconda notizia: sarebbe bello trovare la sua età. Provateci voi se ci riuscite.
Kory Clarke ha sempre fatto quello che cuore e mente gli hanno dettato. Nel bene e nel male. A un passo dal diventare uno dei più credibili guru del rock alternativo degli anni novanta quando la sua creatura Warrior Soul, germogliata a Detroit e sbocciata a New York, iniziò a buttare fuori dischi che mischiavano l'urgenza del post punk con il metal, la New Wave e la psichedelia condendo il tutto con testi al vetriolo da ultimo dei reietti con la missione ben precisa di mettere in guardia il mondo da un'imminente apocalisse e riportare il rock al centro dell'attenzione, portarlo nuovamente ad essere un animale selvatico, anarchico, strisciante, pericoloso, contro il sistema, veicolo di messaggi. Forti. Diretti. Disturbanti.
Ci andò vicino ma i suoi messaggi erano però "troppo divisivi" per un mercato che cercava nuovi idoli universali e per le masse.
"In America ho sempre trovato difficoltà. Ho sempre pensato che fosse a causa delle mie critiche alla situazione sociale americana e al coraggio di dire davvero quello che provo al riguardo" disse.
Troppo colto e intelligente nella musica è sinonimo di troppo pericoloso. Questo è stato il maggior pregio ma anche il motivo per cui il nome della band non è arrivato sulla bocca di tutti ma si è fermato un passo prima, nonostante un buon contratto con la Geffen. Cory Clarke era carismatico, dannato il giusto, sciamanico ma faceva paura, non era accomodante in nulla, andava avanti per la sua strada senza compiacere niente e nessuno e il trittico di dischi Last Decade Dead Century (1990), Drugs, God And The New Republic (1991) e Salutation From The Ghetto Nation (1992) rimarranno lì a dimostrarlo. Tra le migliori uscite di quei primi anni novanta, un attimo prima dell'esplosione grunge. Chill Pill (1993) e The Space Age Playboys (1994) subito dopo non erano da meno ma stava cambiando qualcosa.
Poi il tempo passò, i compagni di band pure (alcuni come il batterista Mark Evans e il bassista recentemente scomparso Pete McClanahan non ci sono più) la trasformazione nei meno impegnati e più stradaioli Space Age Playboys sembrò naturale, senza forzature, così come il ritorno al marchio Warrior Soul nel 2007. Da allora non ha più smesso (l'ultimo disco Out On Bail è del 2022) e le cose intorno a lui sembrano siano andate esattamente come immaginava: di merda.
La data di Rho sembra sia stata aggiunta in corsa alle date italiane del tour europeo (io l'ho saputo un giorno prima!) ma il Rock'n'roll Club, piccolo, stipato e sudato ha risposto alla grande: perennemente in piedi dal trespolo di una cassa, in contatto costante con il suo pubblico, Kory accompagnato da Dennis Post e il "nostrano" GG Rock alle chitarre, Ivan Tambac alla batteria e Christian Kimmett al basso ci ha raccontato quanto il mondo stia andando a puttane. Nuovamente. Oppure è già andato e lui ci aveva avvertito in tempo. Da Intro e Interzone (dei Joy Division) che hanno aperto le danze è stato un susseguirsi di inni da cantare, scalciare e sputare: Love Destruction, Punk And Belligerent, la cinica Jump For Joy, Ass Kickin, The Party, Downtown, Junky Stripper, Fuck The Pigs, Rocket Engines, The Losers, Back On The Lash, Blown fino alla finale Wasteland, inno per tutti i perseguitati da politici e censura. Un'ora e 35 minuti senza una minima pausa. Duri, reali, senza trucchi, senza inganni. In your face. Kory aizza, salta, cade si rialza, si contorce, si accasscia, si sdraia, si rabbocca il calice di vino rosso, da vero trascinatore ci porta nella sua Detroit, in mezzo a droghe, malaffari, e corruzione. Ad una 'America marchiata da abusi di poteri, ingiustizie e violenza. Non si ferma mai.
Un grande frontman, di quelli che non ne fanno più. Carico e pesante di esperienze e tanta vita on the road.
E durante 'Fuck The Pigs' alto si leva il coro: 'Fuck Elon Musk'. I bersagli cambiano, il dito medio è sempre lo stesso e puntato nella direzione giusta.
E quella apocalisse profetizzata, in questi anni difficili sembra essersi quasi materializzata. Forse aveva ragione lui. Forse vale ancora la pena farsi sentire. I Warrior Soul ci provano ancora, dal basso, dai piccoli locali anche se meriterebbero ben altre piazze. Concerto spiazzante per cotanta cruda bellezza!