Quanti di noi vorrebbero reinventarsi alla soglia dei cinquant'anni. A Xavier Dphrepaulezz la trasformazione in Fantastic Negrito è venuta assai bene e stasera abbiamo avuto l'ennesima testimonianza del suo carisma che oggi ha pochissimi rivali in giro. Concerto che per vari motivi mi è piaciuto più della prima volta quando lo vidi nel 2018, allora era addirittura senza bassista, oggi ne ha una brava e giovane, Lilly Stern, entrata da pochi mesi in formazione ma già inserita magnificamente in una band schiacciasassi, e lui nelle presentazioni intona scherzosamente: "abbiamo una ragazza nella band, abbiamo una ragazza". Una macchina da groove che fa del crossover il proprio punto di forza.
Per diventare Fantastic Negrito ha però dovuto vivere altre diverse vite assai complicate, compreso il risveglio dal coma dopo un incidente, episodio determinante per l'avvio della sua carriera. Complicazioni che senza remore e tanta sincerità ha sempre sciorinato nei suoi testi andando ad incastrarsi con la storia della società vissuta in prima persona e studiata nei libri di scuola. Basterebbero i suoi ultimi due album per capire il personaggio: in White Jesus Black Problems del 2022, scavò indietro all' esplorazione delle sue origini, scoprendo che i suoi antenati di settima generazione, siamo nel 1750 in Virginia, furono una serva bianca di origini scozzesi e uno schiavo nero. I due contro ogni logica e legge dell'epoca si amarono. Da qui il concept antirazziale sull'amore universale, sentimento che invece latita nel suo ultimo disco Son Of A Broken Man dell'anno scorso incentrato sulla sua difficile infanzia con un padre assente che quando aveva 12 anni smise di parlargli e lo cacciò di casa. Tutte cose che segnano. Fantastic Negrito è un performer incredibile: istrionico nelle sue movenze, predicatore quando lancia i suoi messaggi, aizzatore di folle quando coinvolge il pubblico, attore nelle sue messe in scena tra il serio e il comico (la scenetta d'amore con il chitarrista Clark Sims, l'immancabile cibo italiano), ballerino con i suoi passi di danza, portavoce dei suoi antenati quando intona vecchi gospel. Tra note alte e basse, la sua voce potrebbe cantare qualsiasi cosa e così fa, unendo idealmente il blues nero con quello bianco, Stevie Wonder e i Led Zeppelin. Ricorda l'amico Chris Cornell con belle parole, salito troppo presto in cielo e uno dei primi a credere in lui. In un recente post su Facebook nell'anniversario della morte scrisse: "è stata la prima persona nell'industria musicale a riconoscere ciò che ho fatto. È stato Chris a portarmi in tre tour e a farmi conoscere il mondo. Gli sarò per sempre grato. Sei amato e mi manchi, fratello Chris Cornell".
Cita musicalmente 'Stand' di Sly And The Family Stone e 'War Pigs' dei Black Sabbath. Unisce mondi sonori apparentemente distanti con una naturalezza disarmante, impartendo lezioni su come ci si deve comportare e muovere sopra a un palco. Gli riesce tutto decisamente facile ma forse solo perché la musica si è impossessata del suo esile corpo e di uscire non ne ha proprio voglia. A noi non resta che goderne e ballare fino alla fine, perché sotto i colpi di funky ('Bullshit Anthem', 'California Loner'), Motown sound, blues ('Son Of A Broken Man'), rock’n’roll ('Plastic Hamburgers'), vecchi traditional ('In The Pines') è davvero difficile stare fermi e non lasciarsi contagiare. Dopo quasi due ore di musica ne vorresti ancora.
Ad aprire la serata CEK AND THE STOMPERS. Loro giocano in casa e il pubblico è quello delle grandi occasioni. Che si suoni al piccolo bar sotto casa o davanti al pubblico numeroso di un festival, al Cek, che ormai non ha bisogno di presentazioni, importa poco, perché il suo blues arriva sempre e comunque con sincerità e vigore e questa nuova formazione con la quale ha registrato l'ultimo album Mr.Red, gli consente di aggiungere nuove sfumature alle sue canzoni, ampliando la tavolozza del suo blues sempre ruspante, genuino e vero. Personaggio unico e non replicabile.
Una serata a dir poco perfetta.
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