LUCIO CORSI La Chitarra Nella Roccia (Sugar Music/Universal, 2025)
anno da incorniciare
"Il mondo si divide in due: chi ama Lucio Corsi e chi non l'ha mai visto dal vivo". Prendo a prestito questa frase usata per una grande rockstar (e voi sapete chi), per concludere questo 2025 che ha visto il buon Corsi entrare nelle case di tutti, con permesso ma anche no, dopo dieci anni di onorata carriera. Naturalmente quando il tuo nome diventa mainstream, iniziano a piovere paragoni altisonanti (chiamiamole citazioni o riferimenti perché qualcuno s'incazza veramente) ma anche critiche pesanti. Mi sono accorto, però, che le critiche maggiori spesso sono arrivate da chi non ha mai visto un suo concerto. Lucio Corsi ci mette una pezza facendo uscire questo live album che in qualche modo sa di antico proprio come i suoi live vissuti sul campo. Per me è incredibile che un ragazzo di trentadue anni sia riuscito a farmi vivere una sala da concerti degli anni settanta. Cose che né io né lui abbiamo mai vissuto veramente in diretta.
La Chitarra Nella Roccia è un lungo excursus sulla sua carriera che tocca tutti i suoi dischi pubblicati in studio, aggiunge il canto sociale e politico dell'ottocento 'Maremma Amara' ma dimentica le tante cover e citazioni che ama eseguire nei suoi concerti (Battisti, Ivan Graziani, Randy Newman, T.Rex, ma pure gli Allman Brothers). Un peccato. Forse per problemi di copyright? La splendida cornice dell' Abbazia di San Galgano (è stato pure girato in analogico un film documentario sulla serata), edificio gotico senza tetto piantato nel centro della Toscana e un packaging curato nei minimi dettagli con inserto e poster che mi ricorda tanto quei vecchi vinili di Edoardo Bennato, ricchi di foto e fumetti.
Sedici musicisti sul palco (con tanto di fiati) che pare quelle carovane live un po' Joe Cocker Mad Dogs & Englishmen, un po' Rolling Thunder Revue di Bob Dylan, scenografia con casse giganti che rimanda dritto al Rust Never Sleeps Tour di Neil Young, 21 canzoni eseguite, i soliti amici di sempre sul palco, quelli del liceo, "la banda" come li chiama lui e a tratti compaiono quattro chitarre elettriche come le grandi band del southern rock. Rocker con tanto di stage diving o menestrello folk con armonica e chitarra acustica tenuta insieme con lo scotch, stella glitter e vanitosa del glam o piano man raccontastorie. Quasi tanti personaggi in uno. Lucio Corsi gioca con la musica, è una spugna, un bulimico di arte musicale. Ha trent'anni ma potrebbe benissimo viaggiare verso i settanta. Ha sempre vissuto sopra un vinile che girava. Continua a farlo anche ora che il vinile sembra essersi trasformato in un disco volante che lo trasporta intorno al mondo.
Omaggia i suoi miti, si ispira (Ivan Graziani, Paolo Conte, Flavio Giurato, Lucio Dalla, Neil Young, Randy Newman, Bob Dylan) ma poi nei suoi testi riesce a creare un mondo che è tutto suo. Solo suo. Dagli animali della campagna protagonisti del suo Bestiario Musicale, agli elementi della terra che prendono voce e volto (Gli Alberi, il vento di Lugano, la bora di Trieste), a personaggi umani che diventano trasparenti o talmente leggeri da essere trasportati via dal vento, case che diventano astronavi spaziali, fino al più personale e autobiografico Volevo Essere Un Duro dove canta pezzi di vita (Sigarette), di strani amici (l'ormai leggendario Francis Delacroix), compagni di scuola, amore (Tu Sei Il Mattino) e amicizia (Nel Cuore Della Notte).
Eppure no, anche questo live, dove sembra mancare un po' il pubblico con il quale si relaziona parecchio, non riesce a rendere l'idea di quale festa rock'n'roll siano i suoi concerti. A volte pure sgangherati, con pause ed errori che ne risaltano l'umanità.
Credo che gli scettici per ricredersi debbano andare a un suo concerto. Per tutti gli altri il coronamento ideale di un anno importante. Tutti i grandi della musica hanno segnato nel calendario l'anno cruciale della loro carriera: per Lucio Corsi sarà il 2025!

















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