martedì 9 giugno 2020

RECENSIONI: BLACK RAINBOWS (Cosmic Ritual Supertrip) BRANT BJORK (Brant Bjork)


BLACK RAINBOWS  Cosmic Ritual Supertrip (Heavy Psych Sounds Records, 2020)




Mentre il pop italiano si riunisce per omaggiare Rino Gaetano con la scusa del Covid (o viceversa) con un risultato alquanto imbarazzante ma raggiungendo con un clic le prime pagine, ricordiamoci che in Italia ci sono realtà, nascoste ai più ma ben note alla piccola e ristretta schiera dei seguaci, che girano l'Europa, e pure gli States in questo caso, facendo tour, festival e anche buoni numeri con fatica e sudore d'altri tempi. Oggi parlo di loro perché è appena uscito il nuovo disco, ma sono tante le band che in qualche modo tengono a galla il rock (italiano) in giro per il mondo con concerti e una cura dei particolari che sa di antico, vedere grafiche e merchandising. Si intitola Cosmic Ritual Supertrip, il ritorno dei BLACK RAINBOWS, band guidata da Gabriele Fiori, anche a capo dell'etichetta Heavy Psych Sounds Records che vanta nel proprio rooster pezzi da novanta come Brant Bjork, Geezer, prossimamente anche Mondo Generator e tantissime altre band. Più di dieci anni di carriera concentrati dentro al loro album più centrato, meglio registrato e completo fino a qui. Nel titolo c'è pure la miglior recensione al disco. Non sbagliano praticamente nulla in queste dodici canzoni. Chitarre fuzz, riff pesanti ereditati da Tony Iommi ('Universal Phase'), stoner rock anni novanta ('Snowball'), psichedelia e space rock alla Hawkwind ('Hypnotized By The Solenoid') come se piovessero pianeti, non manca il pezzo acustico ('Searching For Satellites'), riff selvaggi che richiamano il proto punk dei seventies ('At Midnight You Cry') e l'attitudine hard rock'n'roll presa in prestito dai Monster Magnet di Dave Wyndorf sono sempre i riferimenti ben amalgamati e stampati nel loro colorato biglietto da visita. Basta solo allungare una mano e ritirarlo.









BRANT BJORK   Brant Bjork (Heavy Psych Sounds Records, 2020)

La cosa migliore sarebbe indossare gli occhiali da sole che riposano lì sul mobile da circa tre mesi, mettere in moto la macchina con il pieno di benzina fatto ancora a inizio Marzo (quanto risparmio però!) e partire per un lungo viaggio senza meta, passando pure da regione in regione. Così, tanto per infrangere anche le regole. Regole?!? O anche solo per il gusto di abbassare il finestrino, mettere un braccio fuori, alzare l'autoradio e sentirsi un po' liberi. Là fuori non ci saranno il sole e i deserti di Joshua Tree, ma BRANT BJORK è un buon padrone di casa. Uno che fa tutto da solo, ci racconta un po' di sé e si inventa un po' di storielle bizzarre. Sa sempre come farti sentire a casa sua. Accomodatevi. Ci riesce bene anche questo nuovo album che cattura, grazie al suo ipnotico groove dove desert rock, stoner, chitarre fuzz e psichedelia amano più del solito bagnarsi tra le acque calde del soul e del funky. Caldo, sudato, sexy, avvolgente. E allora per un attimo ci si sente un po' come quel Gesù eretico ed errante protagonista di 'Jesus Was A Bluesman' .








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