mercoledì 23 dicembre 2020

RECENSIONE: GEORGE THOROGOOD and THE DESTROYERS (Live ln Boston 1982: The Complete Concert)

GEORGE THOROGOOD and THE DESTROYERS - Live ln Boston 1982: The Complete Concert (Craft Records, 2020)



sudati e contenti

Lo sostengo da sempre, per quanto poco serva, è sempre meglio aspettare Dicembre per tirare le somme dell'anno musicale. Se il disco di Ryan Adams è quanto di più profondo e confessionale abbia  trovato in questo 2020 in scadenza, l'uscita dell'intero concerto del 23 Novembre 1982 a Boston di George Thorogood con i suoi Destroyers si può considerare la summa del rock'n'roll suonato sopra a un palco in un anno in cui i palchi sono rimasti vuoti e silenti. Tristi. Uno sguardo al passato che non può che essere di buon augurio per il futuro. 

È un Thorogood al massimo della forma "noi al nostro meglio" come dice lui stesso. Un concerto che arrivò a coronare un anno, il 1982, vissuto costantemente in corsia di sorpasso. Se il 1981 lo aveva visto protagonista aprendo i concerti dei suoi amati Rolling Stones, nel 1982 la viscerale carica di Thorogood venne consacrata con un disco da cui uscì quella Bad To The Bone ("è solo Hoochie Choochie Man di Muddy Waters con le parole diverse" disse una volta) che bucò i video di Mtv diventando un tatuaggio indelebile da mostrare in futuro e con una serie di concerti, 50 in 50 giorni (ma furono 51!) che lo consacrarono come uno degli animali da palco più sudati, selvaggi e coinvolgenti in circolazione. Esuberante, anfetaminico. Il concerto al Bradford Ballroom, locale che sorgeva in uno dei quartieri più malfamati di Boston (città che li adottò), già uscito nel 2010 in forma ridotta, questa volta è completo nelle sue 27 tracce e 140 minuti raccolti in 2 cd: c'è il pubblico rumoroso, c'è Thorogood che parla e presenta i brani, ci sono i Destroyers in piena forma, una bar band rodata e perfetta, c'è tutto l'amore di Thorogood per il rock'n'roll blues di John Lee Hooker (l'immancabile 'One Bourbon, One Scotch, One Beer' in una versione da 13 minuti), Elmore James ('Madison Blues'), Bo Diddley ('Who Do You Love?', 'Ride On Josephine'), il "maestro" Chuck Berry ('It Wasn' t Me', 'Reelin And Roclin'), per il country di Hank Williams ('Move It On Over'), il tutto rivestito di nuova grinta e pura energia e dato in pasto al suo pubblico. 

"Ero l'Indiana Jones del rock'n'roll, l'archeologo del rock. Ero dentro a tutte quelle cose che le persone non avevano mai ascoltato o semplicemente dimenticato". 

E pare quasi di essere lì sotto il palco vicino alle casse, con le scarpe incollate al pavimento, la maglietta sudata e con le mani in aria ad incitare Thorogood impegnato a tutta slide o durante l'ennesimo assolo prodotto dalla sua amata Gibson, ammirare il sax di Hank Carter che colora il suono, e tenere il tempo con Bill Blough (basso) e Jeff Simon (batteria).  Intanto il buon Thorogood ha già programmato un tour mondiale nell'imminente  2021. Non sarà come quel 1982 ma è un segnale di vita più che gradito.






Nessun commento:

Posta un commento