martedì 1 dicembre 2020

RECENSIONE: WARD DAVIS (Black Cats And Crows)

WARD DAVIS  Black Cats And Crows (Thirty Tigers, 2020)



outlaw al piano

Sta diventando sempre più difficile orientarsi tra i tanti nuovi songwriter americani che si presentano con  barba lunga e cappello texano in testa. L'aspetto fisico di Ward Davis non è troppo diverso da quello di Chris Stapleton o dell'amico Cody Jinks che in questo disco lascia la firma in un paio di episodi. Musicalmente invece riesce a dare il suo tocco personale a un outlaw country 2.0 oggi tanto abusato grazie all'uso di un pianoforte che a tratti sembra richiamare il miglior Elton John in salsa americana e stivali da cowboy. 

Come altri della sua generazione Davis è arrivato al terzo album solista dopo una carriera da prolifico paroliere. Dopo il suo spostamento dall'Arkansas a Nashville le sue canzoni sono state cantate da Willie Nelson e Merle Haggard (sua 'Unfair Weather Friend' su Django & Jimmie) Trace Adkins,The Roys, Wade Hayes, Sammy Kershaw, Jimmie Van Zant. Le sue tastiere e il suo pianoforte hanno suonato durante i live di Ray Scott e proprio il R&B  'Papa And Mama' di Scott è una delle due cover presenti, l'altra è 'Lay Down Love' degli Alabama. 

Benché siano i tempi lenti delle ballate a prendere per mano un disco profondo e spesso amaro nei suoi testi, un paio di episodi rock si distinguono: l'apertura 'Ain’t Gonna Be Today' sembra condurre diretti verso quell' hotel California abbandonato dagli Eagles negli anni settanta, 'Sounds Of Chains' è una western song dura ed elettrica dove si staglia l'inaspettata chitarra di Scott Ian, mitica ascia dei thrasher newyorchesi Anthrax, nell'honky tonk alcolico 'Get To Work Whiskey' affoga invece i suoi dispiaceri. 

Forse più  episodi up tempo come questi avrebbero alleggerito un disco che soprattutto nella seconda parte rischia di invischiarsi nella rete  della ripetizione, nonostante tutte le canzoni, prese una ad una, siano di altissimo livello come scrittura ed esecuzione. Questo grazie anche al buon lavoro in produzione di Jim "Moose" Brown

È il recente divorzio a imbastire il mood introspettivo e amaro che aleggia lungo le quattordici tracce. 

Della ballata al pianoforte 'Good And Drunk' che chiude il disco dice in una recente intervista: "ho scritto quella canzone quando sono tornato a casa dal tour e mia moglie non mi ha lasciato entrare in casa. Ho aperto la porta del garage e mentre ero per strada lei aveva impacchettato tutto quello che avevo e lo aveva messo dentro a delle scatole in garage. Solo pile di scatole. Era metà pomeriggio e volevo bere qualcosa, ma non potevo perché non sapevo in quale scatola avesse messo il whiskey. Ho tirato fuori la mia chitarra, quindi mi sono seduto e ho iniziato a scrivere questa canzone"

La title track vanta una strepitosa chitarra elettrica che piange note, "ogni strada che percorro vedo gatti neri e corvi" sono le sue visioni, 'Threads' è una triste ballata al pianoforte per cuori spezzati, 'Colorado' un country dolente disegnato sommessamente da un violino. 

Canzoni autobiografiche e sincere come 'Book of Matches', 'Lay Down On Love', ballata al pianoforte dove canta da una prospettiva diversa "non poteva vivere con un uomo di cui non poteva fidarsi"  e il lento country 'Nobody' non lasciano dubbi su quanto la fine dell' amore sia stato determinante alla comunque buona riuscita di questo disco. Ora però il buon Davis, a 41 anni, deve ricucire in fretta le ferite e prepararsi a qualche nuova avventura da raccontare.






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