domenica 29 novembre 2020

DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA #85: JOHN LENNON (Rock'N'Roll)

JOHN LENNON  Rock'n'roll (Apple/EMI, 1975)



Amburgo, Aprile 1961, John Lennon è sull'uscio di una porta in posa con il suo giubbotto di pelle, quei disgraziati dei suoi compagni di band Paul, George e Stu Sutcliffe passano davanti all'obiettivo di Jurgen Vollmer, proprio come il fotografo voleva. Clic. Le loro sagome in movimento sono  impresse indelebili sul muro di mattoni. La foto è stupenda, anche se lo è di più quella originale non tagliata dove i piedi dei tre sono completamente a fuoco rispetto ai corpi. In quei giorni i beatles non erano ancora I Beatles ma il  Rock'n'roll era ancora il Rock'n'roll ed era proprio il rock'n'roll ad averli portati fino in Germania, prima vera tappa del loro percorso verso una sorta di delirio mondiale che in quei giorni del 1961 sembrava ancora un miraggio. Se la copertina in qualche modo si è fatta da sola (il fotografo Jurgen Vollmer non diventò mai ricco con quegli scatti), John Lennon a questo album ci è arrivato dopo tante tappe in un momento alquanto turbolento della sua carriera. Un pegno al rock'n'roll che doveva essere fatto, forse poteva essere fatto solo meglio. Dentro ci sono certamente quei primi spensierati passi ad Amburgo ma anche le prime canzoni ascoltate da bambino con la madre Julia e poi suonate con la prima band Quarry Men, c'è una vecchia promessa fatta all'editore Morris Levy dopo aver inserito (rubato pare brutto) alcuni accordi di 'You Can't Catch Me' di Chuck Berry  dentro a 'Come Togheter' (era un po' come dire "mi scusero' aggiungendo qualche canzone del tuo catalogo in un disco di cover che farò presto" ecco allora anche 'Sweet Little Sixteen' ), c'è la separazione da Yoko Ono, ci sono le prime deliranti sedute di registrazione per l'album avvenute a Los Angeles nel 1973 con quel folle di Phil Spector, uno a cui si poteva tener testa solo se eri almeno un po' matto come lui.

Ecco allora che gli episodi grotteschi non mancano, con tanto di armi da fuoco ( dove c'è Phil Spector c'è sempre una pistola), litigi e tribunali. Alla fine Spector rivendicò la proprietà dei nastri fino ad allora registrati e se ne scappò via a metà sedute portandoli con sé, Lennon ne venne in possesso solo grazie all'intervento della casa discografica e al fato che mise il produttore fuori gioco: Spector fu coinvolto in un grave incidente stradale. Riappropiatosi dei nastri, non tutto era così bello come Spector lì dipingeva, tanto da indurre Lennon a rinchiudersi nuovamente in studio di registrazione, un anno dopo, per portare a termine quell'album di cover che ormai sembrava più penitenza che svago. 

John Lennon bolla quel periodo come il suo "Lost Weekend". Giorni segnati dall'alcol, dalle sostanze, da una nuova donna (la segretaria May Pang), da una ritrovata libertà dal personaggio che si era creato, ma tutto sommato anche da una buona vena d'ispirazione che portò all'incisione del buon Walls And Bridges e alla produzione di Pussy Cats di Harry Nilsson. 

Un disco che inizia proprio con 'Be Bop A Lula' di Gene Vincent, la canzone che Lennon suonò per la prima volta con i Quarry Men, lo stesso giorno che conobbe Paul McCartney, presente tra il pubblico. Era il 1957. Ma che verrà ricordato soprattutto per la versione di 'Stand By Me' che in qualche modo fa sua, per il medley dedicato a Little Richard ('Rio It Up/Ready Teddy'), per quella Ain't That A Shame di Fats Domino che fu una delle prime canzoni che la madre Julia gli insegnò a suonare con il banjo, per la bella versione di 'Just Because' che chiude così bene l'album. 

Tutte canzoni che suonavano nella sua testa e puntellavano il suo cuore da sempre e che lo portarono a dichiarare il suo amore per il rock'n'roll e Chuck Berry con questa frase "se provate a dare un altro nome al rock'n'roll lo chiamereste Chuck Berry". Anche un po' John Lennon.








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