venerdì 29 luglio 2016

RECENSIONE: SHAWN JAMES (On The Shoulders Of Giants)

SHAWN JAMES  On The Shoulders of Giants (autoproduzione, 2016)




Quando SHAWN JAMES, classe 1986, non ruggisce in compagnia della sua band, i SHAPE SHIFTERS (un concentrato di heavy blues, gotica Americana e campestre bluegrass ben impresso nel loro THE GOSPEL ACCORDING TO SHAWN JAMES AND THE SHAPESHIFTER uscito l’anno scorso), ulula in solitaria inseguendo i suoi miti musicali che si chiamano Howlin’ Wolf, Robert Johnson e Otis Redding, mica tre nomi da poco, e ripetendo le lezioni imparate nei cori gospel delle chiese frequentate in giovane età nella periferia Sud di Chicago dove abitava prima del trasferimento in Arkansas. Registrato nei mitici Sun Studio di Memphis, un sogno per chiunque, con la supervisione di due pezzi da novanta come gli ingegneri del suono Curry Weber (North Mississippi Allstars, Gin Blossoms, Huey Lewis & The News) e Kevin Nix (Stevie Ray Vaughan, Bobby Rush), questo suo primo disco solista colpisce nel segno facendo uso di veramente poco. Quel poco (in verità tanto e tratto vincente) è la sua voce profonda, baritonale, al limite del growl in certi punti, che guida oscuri, lenti e grezzi folk blues costruiti con chitarra (Resonator), tamburello, battiti di piedi e poco altro, proprio come quando si esibisce come one man band. Un disco di blues tenebroso che mi ha ricordato, in alcune canzoni delle nove presenti, il primo Danzig solista spogliato dei vestiti hard. Un disco che suona bene più a notte fonda, immerso nella buia quiete, che di giorno illuminato dalla luce. Ne sentiremo parlare.



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