lunedì 19 settembre 2016

RECENSIONE: GERRY BECKLEY (Carousel)

GERRY BECKLEY   Carousel    (Blue Elan Records, 2016)
☆☆☆1/2






Gli America non sono mai andati troppo di moda tra quelli che si professavano rocker veri e puri. Peccato. Figuriamoci se può far notizia nel 2016 il disco solista di uno di loro. Se poi il protagonista è il gentile e melodico tocco musicale di Gerry Beckley (voce sempre giovanile e polistrumentista in parecchie canzoni), che da sempre assomiglia al tranquillo impiegato di banca con occhialini a cui affideresti tutti i tuoi risparmi senza porre troppe domande…Io gli ho sempre affidato tanta fiducia ripagata con alcuni dei miei migliori ricordi musicali in adolescenza (il primo e sempre dimenticato disco degli America con indiani in copertina, Holiday, Homecoming, Alibi). Qui, poi, di America (quella musicale) c'è meno del solito.
Beckley recupera la metà delle sue origini british, lui nato in Texas da un papà militare dell'aereonautica e madre inglese, cresciuto poi a Londra ma con il successo che lo aspettava nuovamente negli States; e il disco è più nebbiosamente beatlesiano (dalla parte di Paul McCartney) che lucentemente californiano, anche se l’ombra al sole dei più malinconici Beach Boys si materializza spesso, e pure le passate produzioni di George Martin per gli America hanno lasciato qualche segno indelebile e ben rintracciabile. "Ogni progetto è un'istantanea del tempo. Il materiale su CAROUSEL è venuto da un ampio ambito di ispirazione". Racconta Beckley. Trainato dall'ottimo singolo 'Tokyo', anche le tre cover scelte profumano di antico: ‘'To Each And Everyone' di Gerry Rafferty, 'Don't Let the Sun Catch You Crying' di Gerry And The Pacemakers e ‘Nature’s Way’ degli Spirit.
Tutto onesto, niente di clamoroso, anzi. Mi piace. L’ho sempre saputo di non essere alla moda. Fin da ragazzino.






vedi anche
AMERICA-Back Pages (2011)
COVER ART # 5: AMERICA-Homecoming (1972)



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