lunedì 12 settembre 2016

DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA # 18: BOB DYLAN (Street Legal)

BOB DYLAN      Street Legal (1978)




BOB DYLAN è appena sceso dalle scale dei suoi personali Rundown Studios a Santa Monica in California. Sembra aver finito le sedute di registrazione programmate in quella giornata. È Aprile, fa caldo e tiene il giubbotto di pelle nero in mano, le maniche della camicia sono arrotolate, ma una sciarpa pende dal collo. Con la testa scruta alla sua sinistra, sembra aspettare qualcuno che lo riporti a  casa. Oppure è terribilmente indeciso sul da farsi: da una parte c’è il recente passato (il fiasco del suo film Ronaldo e Clara, il divorzio da Sara), dall’altra c’è l’invisibile soffio del vento musicale che in quel momento sembra tirare da tutt’altra parte. Furono sedute di registrazione velocissime che durarono pochi giorni nel bel mezzo di un tour mondiale, tanto che lo stesso Dylan affermò: “ non riuscivamo a trovare il produttore adatto, così utilizzammo lo studio mobile, e scegliemmo sonorità live”. “Per realizzare STREET LEGAL ci ho impiegato una settimana. L’abbiamo missato nella settimana successiva, e dopo un’altra ancora è stato pubblicato. Se non avessimo fatto tutto così in fretta, non avremmo realizzato proprio un bel niente, poiché eravamo già pieni di impegni on the road”.Quando STREET LEGAL uscì, il 15 Giugno 1978 non fu accolto benissimo dalla stampa: Greil Marcus di Rolling Stone lo definì un album “terribilmente falso”. Lo stesso Dylan non fu soddisfatto dei suoni e del mix che vennero migliorati solamente dopo l’uscita del disco in CD, molti anni dopo. Eppure a quasi quarant’anni dalla sua uscita, si conferma, oltre che uno degli album più sottovalutati della sua discografia, anche uno dei più affascinanti. Almeno per me che lo adoro. Nove canzoni in bilico tra la ballata rock e la black music, con strumenti a fiato, percussioni, cori femminili e la sua voce che cambia, ancora una volta; canzoni cariche di metafore ma che non dimenticano neppure il recente divorzio “misi su il nuovo disco di Bob e ‘Changing Of The Guards’ era la prima canzone…mi commossi fino alle lacrime. Non capirò mai di cosa parlino le sue canzoni, ma sono una mescolanza di tarocchi e simbolismo alla Giovanna D’Arco” dirà Patti Smith, con almeno quattro capolavori come ‘Baby Stop Cryin’, ‘Is Your Love In Vain’, ‘Where Are You Tonight’ e la meravigliosa ‘Senor’ , sporcata dalla polvere di frontiera, che con le sue visioni apocalittiche segnava il primo vero passo verso l’imminente conversione religiosa. 

 Dirà Dylan: “La critica ha trattato STREET LEGAL in maniera infame. Ho letto una recensione nella quale si affermava che io stavo marciando verso Las Vegas e che stavo copiando Bruce Springsteen perché avevo utilizzato il sassofonista Steve Douglas. Per quanto mi riguarda il paragone con Vegas, beh, credo che quel tizio non sia mai neppure andato a Las Vegas, e la questione del sassofono era proprio tirata per i capelli, anche perché io non copio mai dai tizi che stanno al di sotto dei cinquant’anni. Non avevo nessuna famigliarità con i lavori di Bruce, e il suo sassofonista di certo non parlava la stessa lingua di Steve Douglas: Douglas ha suonato con Duane Eddy, e in tutti i dischi di Phil Spector…”Nella mia Top 5 di Dylan un posto per STREET LEGAL c’è sempre.
 
 
 

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