It's Just Another Town Along The Road, tappa 1 (Firenze-Ravenna, distanza 190 km)
Si parte da Firenze, appuntamento sulle rive dell'Arno dove incontriamo i musicisti più esperti, forse anche più vecchi (scusate, quando ci vuole, ci vuole) di questa prima tappa: Iacopo "Jack" Meille, cantante con in piedi in mille attività, la più importante è sicuramente la sua presenza dietro il microfono degli inglesi Tygers Of Pan Tang (appena usciti sul mercato con il nuovo album), Alessandro Nutini, batterista con gran cervello dei Bandabardò, la chitarra che segna tutto il disco del generale Fabio Fabbri , il basso esperto di Richard Ursillo già nei Sensation Fix e Campo di Marte e Pacio al piano e organo.
La passione per l'hard rock/blues degli anni settanta tiene tutto insieme ancora una volta, ma spesso e volentieri le strade portano verso alcuni lidi americani più tranquilli, a volte stonati (è il caso di 'Thank You Bob', con la voce di Ursillo, e indovinate un po' chi è quell'amato Bob? Esatto!)
Dirty Boulevard è il loro terzo disco e stanco di ripetermi posso affermare, ancora una volta, che la band toscana rimane una delle realtà classic rock più entusiasmanti che possiate trovare vagabondando tra le strade dell' Italia del rock. Ciò che brilla di più è quell'amore mai sopito per la musica che li spinge con estrema naturalezza a saltare da una sponda all'altra dell'oceano senza perdere colpi, risultando sempre credibili e genuini: ci troviamo così di fronte alle loro influenze british (Free, Uriah Heep) in brani come 'Built To Lust' e 'Going Down To Velvet Underground' e quelle americane ('Piece Of Mind', il rock'n'roll di 'All My Ride', il country folk di 'Starring At My Face', il soul 'A Matter Of Guts And Pride'). Ecco così che mi viene spontaneo rispolverare quella vecchia frase che usai per parlare del loro esordio nel 2011 e diceva più o meno questo: "quando la calda polvere americana del southern/country rock si sparge lungo le verdi vallate dell'hard rock/blues britannico finendo la sua corsa lungo gli argini dell'Arno nasce la musica di questi straordinari cinque musicisti.
In viaggio con i General Stratocuster And The Marshals
1) I km nel vostro disco. IL viaggio ha influenzato le vostre canzoni?
Alessandro Nutini: per chi come noi si sente fortemente attratto dall'America e dai suoi spazi l'idea del viaggio è fondante. E anche se magari la nostra visione può essere edulcorata, non di prima mano, derivante da visioni altrui che artisti diversi - non solo musicisti ma anche scrittori, registi o quant'altro - ci hanno quasi inoculato...alla fine quella visione diventa nostra, ed inevitabilmente la nostra produzione artistica non può rimanere indifferente rispetto a ciò che siamo.
Iacopo Meille: la musica è "un viaggio". Ricordo quando, adolescente, sono andato in Inghilterra. Prendendo il treno per Canterbury e guardando dal finestrino sono tornate in mente le note di "heavy horses" dei Jethro Tull e "Meet On The Ledge" dei Fairport Convention. Il viaggio mentale trovava conferma nei profumi, colori e paesaggi che stavo vedendo. I miei ricordi sono stati influenzati dai viaggi e così di conseguenza i testi delle canzoni che ho scritto.
2) Tour. Aspetti positivi e negativi del viaggiare per concerti in Italia. Dove tornate spesso e volentieri?
Alessandro Nutini: ho sempre avuto la fortuna di suonar molto dal vivo e, anche se adoro lavorare in studio, per me il viaggio è davvero parte integrante e fondamentale del divertimento. Non potrei davvero fare a meno dei concerti e di tutto quello che c'è intorno. Per questo anche in un paese come l'Italia, pieno di difficoltà e contraddizioni, gli aspetti positivi superano sempre quelli negativi in ragione di quel paio d'ore di gioia che provo quando suono dal vivo. Li passa tutto, anche le eventuali beghe organizzative o le sfighe varie che possono accadere, ad ogni livello tu faccia questo mestiere. Ed è bello, bellissimo tornare. Ogni volta, ovunque, tornare dove sei già stato e ritrovare le facce della volta prima, che tornano a sentirti.
Iacopo Meille: Faccio musica per suonarla dal vivo. Non potrebbe essere altrimenti. La vita on the road è imprescindibile. Troppi i luoghi da ricordare, ma di sicuro il Velvet Underground di Castiglion Fiorentino, La Grange di Mondovì e La Piola di Borgiallo. Non me nè vogliano gli altri.
3) Radici o vagabondaggio. Cosa ha prevalso nella tua vita?
Alessandro Nutini: Beh, questa è la più rapida...ho 46 anni, non sono sposato e non ho figli. Diciamo che ancora non mi sento pronto per certe cose, mi piace ancora l'idea di occuparmi solo di me stesso. Un'esistenza molto centrata sui miei bisogni, un po'egocentrica se vuoi, ma felice e sincera. Ancora però mi piace troppo non avere nessun tipo di vincolo, assaporo la libertà ogni giorno passato così.
Iacopo Meille: Firenze è una bellissima città da cui fuggire di tanto in tanto per poi provare l'emozione quando ritorni. La vista dell'Arno e dei suoi ponti non ha eguali per me.
4) Viaggio nel tempo. Passato: per chi o per quale tour avresti voluto aprire come spalla? Futuro: come ti vedi tra vent’anni?
Alessandro Nutini: Avrei voluto vedere tanta di quella gente, suonarci poi. Da tempi della Chess Chicago fino ai Clash faccio fatica a scegliere, poi magari per i miei gusti diventa tutto un po' più semplice, nel senso che si entra nella modernità. Lo so, faccio ridere, ma i Clash per me sono un gruppo "nuovo" ahahahah Comunque per dirne uno, non mi sarebbe dispiaciuto salire sul palco con la Rolling Thunder Revue, ecco. Invio subito, così non cambio idea dieci volte al minuto.Tra vent'anni spero di essere come adesso, in essenza...cioè di fare quello che avrò voglia di fare, sia quel che sia. Non posso vedere il futuro, neanche se ci sarà. Non ci penso troppo per la verità.
Iacopo Meille: Mi sono tolto un bel po' di soddisfazioni negli anni ma credo che mi sarebbe piaciuto aprire per un qualsiasi tour di Robert Plant. Tra vent'anni continuerò a suonare e a scrivere musica. Acciacchi permettendo.
5) La canzone da viaggio che non manca mai durante i vostri spostamenti.
Alessandro Nutini: negli ultimi anni quando viaggio - più che una canzone - ci sono alcuni album che non lascio mai. Sono gli American Recordings, specialmente il III. Li trovo adatti ad ogni viaggio e ad ogni momento, da quelli più limpidi fino agli invitabili istanti più crepuscolari, perché in viaggio ci sono anche quelli. La voce di Cash riesce ad essere adatta ad una miriade di stati mentali, o forse dovrei dire spirituali. È una calda coperta quando hai freddo, e una frusta quando devi saltareIcopo Meille: 'After the Gold Rush' - Neil Young 'Long Gone Before Daylight' - The Cardigans 'The Who Hits 50!' - The Who
sosta
HERNANDEZ & SAMPEDRO Dichotomy (Route 61 Music, 2016)
Con il duo ravennate ci spostiamo a est di Firenze, fino a raggiungere la costa adriatica, seconda meta di questa prima tappa, mentre loro arrivano a bissare il primo disco HAPPY ISLAND, un lavoro che ha ottenuto buoni riscontri da parte di critica e pubblico, tanto da attirare l'attenzione dell'etichetta Route 61 di Ermanno Labianca, che ristampò quell'esordio e che prosegue la collaborazione con rinnovato entusiasmo. E di entusiasmo Luca "Hernandez" Damassa (voce e chitarre) e Mauro "Sampedro" Giorgi (chitarre e seconda voce) sembrano averne da vendere pur scegliendo di viaggiare nella corsia di mezzo tra i chiaro scuri della musica e dei sentimenti umani.
Rispetto all'esordio, la sostanza musicale cambia comunque poco, se non per la scelta di creare una sorta di personale Rust Never Sleeps in salsa romagnola a stelle e strisce, dividendo le canzoni in due lati ben definiti. Da una parte (Acoustic Side) cinque canzoni acustiche, dall'altra (Electric Side) cinque canzoni dal taglio rock ed elettrico (ricordando il passato stoner grunge), tenendo sempre fede al filo conduttore che tiene unito tutte le canzoni: la dicotomia. Un disco di contrasti dunque: di tematiche e di suoni. Le loro strade a differenza dei sopracitati General Stratocuster And The Marshals portano tutte verso la musica americana: impasti vocali alla CSNY, Byrds, America ('Rainbow'), la velata nostalgia country in stile Harvest di Neil Young ('Time To Go'), l'elettricità da garage rock dei Crazy Horse ('Hate & Love', 'Rise Up'), il western strumentale ('Morricone'), e gli amati REM sono sempre i punti di riferimento più marcati. Da segnalare la presenza in 'Everywhere In The World' (Acoustic Side) della cantautrice americana Mary Cutrufello e la sua inconfondibile voce che segna il finale della canzone. Autrice di un buonissimo ritorno discografico uscito l'anno scorso, e che ha diviso il palco con il duo durante l'ultimo tour italiano. Da qui l'amicizia e la collaborazione.
In viaggio con Hernandez & Sampedro
1) I km nel vostro disco. Il viaggio ha influenzato le vostre canzoni?
Luca Hernandez: il viaggio è la vita del musicista. Si percorrono km e km ascoltando musica ( sempre più spesso il luogo in cui si ascoltano i cd è proprio l'auto) in attesa di arrivare sul luogo del concerto e in attesa di tornare a casa. Durante il viaggio nascono gli spunti per nuove idee, si incontrano persone nuove, si ascoltano racconti. Sicuramente il viaggio ha influenzato in parte questo disco.
2) Tour. Aspetti positivi e negativi del viaggiare per concerti in Italia. Dove tornate spesso e volentieri?
Luca Hernandez: il tour è la parte più bella di un disco, è il momento in cui ti confronti sia con te stesso che col pubblico è adrenalina, sudore e soddisfazione. In Italia è sempre più difficile, ma penso come nel resto del mondo. Purtroppo c'è sempre meno interesse, attenzione e curiosità verso l'arte in generale. Noi ci riteniamo molto fortunati perchè abbiamo un pubblico davvero caloroso che ci segue durante i nostri "viaggi". I luoghi dove abbiamo riscosso maggior calore sono sicuramente La Romagna (giochiamo in casa) ma anche Liguria, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Anche nel nostro primo minitour in Germania abbiamo trovato un pubblico speciale.
3) Radici o vagabondaggio. Cosa ha prevalso nella tua vita?
Luca Hernandez: nella mia vita hanno sempre prevalso le radici, ma ho sempre sognato e a volte provato il vagabondaggio.. chissà se un giorno il vagabondaggio avrà la meglio?!
4) Viaggio nel tempo. Passato: per chi o per quale tour avresti voluto aprire come spalla? Futuro: come ti vedi tra vent’anni?
Luca Hernandez: beh gli artisti sono davvero molti...sicuramente Sampedro avrebbe voluto aprire Neil Young, suo idolo da sempre. Io avrei voluto aprire i Pearl Jam ( magari un giorno duettare con Eddie Vedder) oppure Bowie. Fra vent'anni vorrei essere proprio come il mio socio Sampedro (abbiamo esattamente vent'anni di differenza), vorrei credere ancora in ciò che faccio, vorrei avere ancora passione per la musica, per la mia musica, vorrei guardarmi alle spalle e vedere si errori, ma sapere di non essermi mai svenduto. Vorrei essere credibile, coerente e ancora felice..
5) La canzone da viaggio che non manca mai durante i vostri spostamenti.
Luca Hernandez: sulla macchina di Sampedro non manca mai Neil Young, la mia è molto più variabile, ma sicuramente un live dei Pearl Jam, un album di Bowie ( molto probabilmente Ziggy Stardust) oppure Social Distortion o Rem...come canzone che mette d'accordo entrambi potremmo essere una a caso di Bruce Springsteen da Born to Run a Born in the Usa.
vedi anche
HERNANDEZ & SAMPEDRO-Happy Island (2013)
GENERAL STRATOCUSTER AND THE MARSHALS-Double Trouble (2013)
GENERAL STRATOCUSTER AND THE MARSHALS (2011)