mercoledì 3 agosto 2016

RECENSIONE: CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD (Anyway You Love, We Know You Feel)

THE CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD   Anyway You Love, We Know You Feel (Silver Arrow Records, 2016)



Tempo di nuovi inizi per la confraternita. Ma non temete, l'approccio alla musica rimane lo stesso con cui fecero nascere il progetto e i cambiamenti mantengono, in qualche modo, fede al nome scelto. Chris Robinson al centro a fare da gran cerimoniere, la chitarra di Neal Casal al fianco e tutto il resto intorno a girare, in gran libertà, come sempre: si perdono per strada il bassista Mark Dutton e il batterista George Sluppick, sostituiti da Tony Leone, già batterista di Levon Helm e dall'ospite Ted Pecchio su disco, ma sembra che il bassista ufficiale diventerà Jeff Hill. Musicalmente questo quarto capitolo, il primo autoprodotto dal gruppo, segue la leggera fluidità del precedente PHOSPHORESCENT HARVEST, pochi veri affondi rock, ad esclusione di 'Leave My Guitar Alone', un trascinante boogie che girava nella testa di Robinson da una quindicina d'anni e con un Neal Casal scatenato, e sempre maggior spazio alle tastiere di Adam McDougall quindi ('Oak Apple Day') e il recente tour italiano l'ha fatto capire chiaramente, ma con qualche accento più marcato posto sulla black music come testimoniano due episodi come l'apertura 'Narcissus Soaking Wet' un perfetto e riuscitissimo amalgama tra Stevie Wonder, R&B e il funk di casa Parliament con la presenza dell'armonica e i cori gospel (opera di Meg Baird) nella ipnotica e miglior canzone del disco 'Forever As The Moon', e la finale 'California Hymn' carica di soul come testimoniano i suoi versi: "Glory glory hallelujah, It’s time to spread the news. Though my good words may sound profane to some.".
Le registrazioni del disco avvenute in uno studio posizionato sulle colline californiane con le ampie finestre rivolte verso l'Oceano Pacifico hanno dato la giusta ispirazione per queste otto canzoni nate sul momento, tanto che Chris Robinson l'ha definita la migliore esperienza di registrazione della sua vita. Gli crediamo?
"E ' stato molto stimolante. Abbiamo registrato il disco in una casa con una grande finestra con vista sulla collina e nel Pacifico. Un ambiente molto confortevole e tranquillo, senza distrazioni. C'era qualcosa di energico su quella collina che stimolava la creatività. E una volta arrivati all'interno, il taccuino di Chris si è aperto, hanno iniziato a fluire le parole e le canzoni si sono scritte da sole" Così racconta Neal Casal a Guitarworld.com 
Nessun calcolo, tanto che nessuno sapeva la direzione che avrebbero preso le canzoni: come sempre cariche di magnetismo, di viaggi interspaziali (la strumentale ' Give Us Back Our Eleven Days'), di devozione verso i '60 e '70 di The Band e Grateful Dead ('Ain't It Hard But Fair'), di placide camminate bucoliche ('Some gardens Green') vicine all'ultimissima produzione roots targata Black Crowes .
Come ben rappresenta un disegno del libretto, opera di Alan Forbes, la confraternita viaggia lassù in alto, tra le stelle, sopra ad una navicella spaziale, lontana da ogni tentazione terrena. Acciuffatela voi, ancora una volta. Ne vale la pena.




CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD-Phosphorescent Harvest (2014)
CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD-The Magic Door (2012)
CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD-Big Moon Ritual (2012)

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