lunedì 10 ottobre 2016

RECENSIONE:GRANT-LEE PHILLIPS (The Narrows)

GRANT-LEE PHILLIPS    The Narrows (yepROC Records, 2016)
☆☆☆☆☆





Arrivo un po' in ritardo, ma credo fosse giusto segnalare quello che per me rimane uno dei dischi più ispirati usciti quest'anno in ambito Americana, unitamente a THE WESTERNER di John Doe. I tempi dei Grant Lee Buffalo e dei loro dischi più rappresentativi FUZZY (1993) e MIGHTY JOE MOON (1994) sembrano un lontano ricordo da raccontare a figli e nipoti. La carriera solista, giunta all’ottavo disco, si è invece trascinata tra alti e bassi per troppo tempo ma questa volta Grant-Lee Phillips decide di spingersi ancora più indietro per rinascere artisticamente: riparte da Nashville, lì ha scelto di vivere dopo anni trascorsi a L.A., per ritrovare il suo passato e quello remoto dei suoi antenati pellerossa Cherokee. Ne esce uno dei migliori dischi in carriera dove gli ultimi diventano i primi, dove si riflette in modo amaro sulla morte (il disco è dedicato al padre scomparso tre anni fa) e sull’importanza di luoghi (‘Tennesse Rain’) e radici (‘Mocassin Creek’). Le ballate acustiche lente, ipnotiche, nostalgiche e bagnate da lacrime e polvere (la bella ‘Cry, Cry’) fanno più rumore di tante chitarre, che però ogni tanto sembrano ripresentarsi con forti accenti southern (‘Rolling Pin’) o per galoppare sul vecchio cavallo sellato a rockabilly (‘Loaded Gun’). Ad accompagnarlo solo la batteria di Jerry Roe e il basso di Lex Price. Un ritratto estremamente personale e veritierio impresso su disco. Tra le storie che hanno girato di più nel mio stereo in questi primi dieci mesi dell'anno.



 
 
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