Breve nota (polemica) a margine prima di iniziare: i primi
protagonisti, non attesi e fastidiosi, che si palesano davanti al Fabrique di
Milano mentre la gente è in coda
all'entrata, sono una manciata di venditori abusivi di biglietti (chiamiamoli
ancora bagarini) che senza ritegno inseguono
le persone con fare gradasso, invadono la strada trafficata di macchine al
grido di: "vendo, vendo biglietti, sottocosto". Dopo tutte le
polemiche di questi ultimi mesi sul secondary ticketing mi sembra che poco sia
cambiato. Veramente nessuno può intervenire fuori dal locale e fare qualcosa,
spezzando almeno l'ultimo anello della catena per risalire su, fino in cima? Fine
Fortunatamente all'interno del Fabrique l'atmosfera sembra
diversa e già riscaldata a dovere. Pubblico delle grandi occasioni e a giovarne
è il gruppo di spalla BITERS. Un quartetto di Atlanta poco
originale musicalmente, in verità (divertente cercare i rimandi: ad un certo punto sembra
spuntare 'You Ain't Seen Nothing Yet' dei BACHMAN TURNER-OVERDRIVE, invece no,
era una loro composizione) che pur avendo in scaletta una canzone dal titolo
'1975' sembra rifarsi alla scena street glam losangelina di metà anni ottanta e
a quella scandinava compresa tra gli Hanoi Rocks e gli Hardcore Superstar
piuttosto che a quella più rozza, malata e scollacciata dei settanta. Presenza, look e una buona dose di
divertimento e portano ugualmente a casa la loro serata.
Quando cala il telone, raffigurante la copertina dell'ultimo, ottimo album LIKE AN ARROW, sono le 22:00. Guardo l'orologio: gran
puntualità. Ci vorranno però almeno due canzoni (la sacrificate 'Fire In The
Hole' e 'Six Ways To Sunday') prima che la band di Atlanta, nuova stella del
southern rock americano, riesca a colpirmi. I suoni sono ovattati, il basso di Richard
Turner sembra coprire tutto e la voce di Charlie Starr arriva debole e lontana.
Fortunatamente tutto si sistema al meglio in gran velocità e già da 'Good One Comin' On' i
Blackberry Smoke iniziano quello che, a fine serata, risulterà un concerto
straordinario, intenso e vario, in grado di riportare le lancette del tempo
indietro fino alla migliore stagione del rock confederato compresa tra i fine anni
sessanta e il 1978, con una lacrimuccia che scende pensando ai più recenti
Black Crowes dei fratelli Robinson, gruppo al quale i Blackberry Smoke sembrano
guardare per cercare di occuparne il posto lasciato libero da un paio d’anni, senza
possederne però i tanti fuoriclasse.Sì peché la vera e unica star nei
Blackberry Smoke è proprio il cantante e chitarrista Charlie Starr: intorno a
lui (completano la formazione il barbuto batterista Brit Turner, il secondo
chitarrista Paul Jackson e il tastierista Brandon Still ) una schiera di
importanti gregari che fanno squadra, pestando duro di possente hard, giocando
con il divertente boogie ('Rock'N'Roll Again', 'Let It Burn') svolazzando su
canzoni ariose, melodiche e country come
'One Horse Town', e perdendosi in lunghe jam quando necessario, senza mancare
di omaggiare
il passato, dai Led Zeppelin di 'Your Time Is Gonna Come', ai Little Feat di 'Fat Man In The Bathtub' al reggae di Bob Marley che compare a sorpresa nel lungo finale jammato.
"Too country for rock too rock for country" cita la scritta sul retro di una t-shirt in vendita al banchetto marchandise. In mezzo ci stanno comodamente i Blackberry Smoke. E come scrissi qualche anno fa dopo il disco della svolta WHIPPOORWILL: per avere il quadro clinico del southern rock odierno, è obbligatorio passare per le strade della Georgia calpestate dai Blackberry Smoke. Sui cartelli stradali leggerete: ancora in salute. Un concerto da ricordare.
il passato, dai Led Zeppelin di 'Your Time Is Gonna Come', ai Little Feat di 'Fat Man In The Bathtub' al reggae di Bob Marley che compare a sorpresa nel lungo finale jammato.
"Too country for rock too rock for country" cita la scritta sul retro di una t-shirt in vendita al banchetto marchandise. In mezzo ci stanno comodamente i Blackberry Smoke. E come scrissi qualche anno fa dopo il disco della svolta WHIPPOORWILL: per avere il quadro clinico del southern rock odierno, è obbligatorio passare per le strade della Georgia calpestate dai Blackberry Smoke. Sui cartelli stradali leggerete: ancora in salute. Un concerto da ricordare.
SETLIST: Fire
In The Hole/Six Ways To Sunday/Good One Comin' On/Wish In One Hand/ Waiting For
The Thunder/Rock And Roll Again/Let It Burn/Sleeping Dogs/Shakin' Hands With The
holy Ghost/The Good Life/Restless/Whippoorwill/Up In Smoke/Lay It All On
Me/Ain't Got The Blues/One Horse Town/Like An Arrow/Eden/Fat Man In tHe Bathtub
(Little Feat cover)/Ain't Much Left Of Me (with Everythings Gonna be
Alright-bob Marley)
RECENSIONE: BLACKBERRY SMOKE-Like an Arrow (2016)
RECENSIONE: BLACKBERRY SMOKE-Leave A Scar (2014)
RECENSIONE: BLACKBERRY SMOKE-The Whippoorwill (2012)
RECENSIONE: BLACKBERRY SMOKE-Like an Arrow (2016)
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