martedì 5 febbraio 2019

RECENSIONE: TIJUANA HORROR CLUB (The Big Swindle)

TIJUANA HORROR CLUB  The Big Swindle (2019)
 
 
 
 
Brescia rock city
Non capita tutti i giorni che un gruppo rock citi tra le proprie influenze principali Django Reinhardt. Ma se avete visto almeno una volta dal vivo il gruppo bresciano capirete perché: dal grande chitarrista jazz franco-sinti, i Tijuana Horror Club hanno ereditato sì lo swing, ma principalmente quella gran strafottenza e spirito di rivalsa contro le avversità della vita che li fa emergere in mezzo al mare di mediocrità. Si chiama anche personalità. Se dovessimo riempire quel bicchiere presente nella copertina del loro secondo album The Big Swindle, con gli ingredienti che compongono la loro offerta musicale probabilmente non basterebbe, ci vorrebbe almeno una bottiglia da un litro. Preferibilmente con un'etichetta che indichi l'elevato grado alcolico. Voce greve e cavernosa quella del chitarrista Joey Gaibina che spesso riporta alla mente il Tom Waits delle sperimentazioni ma pure Howlin Wolf pare entrare nella partita a voce grossa, piano rock’n’roll saettante  alla Jerry Lee Lewis, o come un Elton John in loop su 'Crocodile Rock' ma anche in grado di preziosismi suonato da Alberto Ferrari (anche voce), ritmiche swing (Mario Agnelli alla batteria e Davide Rudelli al basso) tanta carica iconoclasta ereditata da rock'n'roll (provare 'Same Ol' Story'), punk e psychobilly, la teatralità perversa, scockante e bluesy di Screaming Jay Hawkins e testi immaginifici ma totalmente ricavati dal quotidiano vivere. Non è forse una “grande truffa” questa vita? La finale ‘Tarantella Anti-Siae’ è una patchanka  che potrebbe essere un inno adottato da ogni musicista indipendente (e no). Ai loro concerti si suda e si balla, davanti al loro disco è impossibile stare fermi con le gambe, fin dall'iniziale 'Canton Mombello Swing'  con i suoi contagiosi fiati. Live e disco: effetto identico.
Per questo secondo album, poi, fanno le cose in grande: l'esperienza di Ronnie Amighetti che produce nei suoi studi e tanti amici che hanno lasciato il loro segno e bevuto un bicchiere. Dal grande bluesman della valcamonica Cek Franceschetti che si aggira come un diavolo tentatore lungo le canzoni lasciando la sua benedizione, la chitarra e la voce in ‘The Devil’s Blues’, a Andy MacFarlane che i più anziani ricorderanno negli Hormonauts ora nei Rock and Roll Kamikazes presente nell'alcolica 'The Devil, The Reaper & The Saloon-Keeper', a Andrea Bresciani dei concittadini Hell Spet che suona il contrabbasso in due brani. Se vi capitano a tiro, andate loro incontro senza timore e con un bicchiere in mano. Anche vuoto, a riempirlo ci penseranno loro. L'importante è fidarsi.
 

 

 

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