Sono sicuro che Giovanni Lindo Ferretti, nel pomeriggio prima del concerto, un giro alla ricerca dei margari biellesi (i marghè in piemontese), che poco più sopra di Sordevolo continuano ad abitare e portare avanti le antiche tradizioni delle alpi biellesi, l'abbia fatto o quantomeno avrebbe dovuto farlo. In fondo, le differenze con i luoghi del suo buen retiro di Cerreto Alpi sull'appennino tosco-emiliano sono minime. I margari continuano a vivere il loro nomadismo stagionale, scandito dalla transumanza delle vacche e delle pecore, continuando tradizioni centenarie a contatto diretto con la natura lungo aspri sentieri ed alpeggi. Un mestiere/missione di montagna che Ferretti, negli ultimi anni della sua vita, ha ritrovato come in gioventù, insieme a tante altre cose, più personali, che hanno indispettito, inquietato o quantomeno sorpreso i fan: alcuni discutibili dietrofront di carattere politico, frequentazioni alquanto dubbie con giornalisti voltagabbana, scelte etiche sulla fecondazione artificiale, scelte religiose. Per qualcuno è stato tutto troppo. Tutto e il contrario di tutto quello che ci si sarebbe aspettato da uno come lui. Imperdonabile e addio, forse arrivederci. Io stasera sono qui, come tanti altri (poco pubblico in verità) per le canzoni, per quello che hanno rappresentato e rappresenteranno ancora per molto tempo nel panorama del rock italiano. Ferretti non ha mai rinnegato nulla della sua carriera musicale, la scaletta del concerto di stasera ne è un esempio. Ha sempre motivato le sue scelte (cercate le sue poche interviste) dettate dal tempo, dai luoghi, dalle situazioni che ha vissuto, dal percorso della sua vita, dall'età, lui che è sempre stato in viaggio: Cerreto Alpi, Berlino, Balcani, Mongolia, ancora il ritorno-definitivo?-a Cerreto Alpi. Difficile o meglio, sbagliato provare a giudicarlo. Tutto troppo personale.
Giovanni Lindo Ferretti è sempre stato in viaggio, ma i cavalli immersi nel panorama della Mongolia che si intravedono sulla copertina di Tabula Rasa Elettrificata, in fondo sono gli stessi che ora alleva e sfama con cura tutti i giorni a casa sua, in montagna, nel paesino in provincia di Reggio Emilia.
L'anfiteatro in cui si svolge il concerto di questa seconda parte del tour "A Cuor Contento" è intitolato a Papa Giovanni Paolo II. Altro motivo che potrebbe aver inorgoglito Ferretti, visto il suo riavvicinamento alla fede religiosa e le buone parole spese per il Papa polacco ed il suo attuale successore tedesco. Come disse in una intervista: "quando suonavo con i CCCP il pubblico gridava 'chi non salta Jovanotti è', chi cazzo è Jovanotti, mi chiedevo? Sono andato a conoscerlo, ora è mio amico...con Papa Ratzinger è successa la stessa cosa". Punti di vista, rispettabili o meno, che indicano lo sbagliato rapporto fiduciario che abbiamo con il mondo: prima di giudicare, bisogna andare a verificare con i propri occhi quel che si dice in giro. Come rispettabile è il fatto che poco tempo fa disse di non avere più nessun rapporto con la musica, lui e le canzoni si erano abbandonati a vicenda. In verità, si dedicò anima e corpo alla vita della madre anziana, ora purtroppo scomparsa.
Ora, eccolo di nuovo qua, con il Tour "A Cuor Contento", a snocciolare trent'anni di carriera in modo serafico e pacato, da eremita in trasferta. Si vede che Ferretti è appagato dalla vita, glielo si legge in faccia, nelle parole che non pronuncerà durante la serata, salvo ringraziare con un cenno di capo ed un sorriso che sembra sempre vero e sincero. Il palco dove una volta andava in scena il caos ordinato di Danilo Fatur e Annarella Giudici con i CCCP, lo stesso che lo vedeva bendato ai tempi dei CSI, ora sembra il salotto di casa con i libri di compagno Togliatti ("...la sinistra a cui appertenevo è morta...", disse) ben riposti e nascosti nello scaffale in compagnia di quelli-in bella evidenza- del nuovo compagno Ratzinger. Siamo tutti invitati, tra una sigaretta ed un sorso di vino rosso, ad ascoltare il suo diario musicale. A fare compagnia solamente i due ex Ustmamo, Ezio Bonicelli
al violino e chitarra e Luca Alfonso Rossi alla chitarra, basso e programmazione delle basi elettroniche di batteria. All'anfiteatro hanno messo delle odiose sedie-che faranno anche tanto salotto- ma che la pioggia ( per buona mezz'ora incessante) pensa a sparigliare. Molti scappano al riparo, tanti ne approfittano per scattare in piedi e raggiungere le transenne a bordo palco. Da quel momento il concerto sarà più caldo, vero e vitale, nonostante la musica rimarrà ancorata alle percussioni elettroniche-in fondo anche con i CCCP era spesso così-e i movimenti di Ferretti, diritto o ciondolante sul microfono con le mani in tasca, si ridurranno alla sola accensione delle sigarette e alla bevuta del vino rosso dal bicchiere.
Ma le canzoni? Non ero venuto solo per le canzoni?
Quelle le conosciamo a memoria anche se tirate a lucido in questi nuovi arrangiamenti per sole chitarre elettriche e violino. Un percorso musicale che, a parte la parentesi PGR (forse ancora aperta?), tocca tutte le sue tappe: I CCCP di Depressione Caspica, Amandoti, Tomorrow, Mi Ami?, And The Radio Plays, la sempre commovente Annarella, i CSI di A Tratti, In Viaggio, Del Mondo, e quel piccolo capolavoro che ancora rimane Cupe Vampe-che continuo a considerare una delle più belle canzoni italiane degli anni novanta. Poi ,la sua carriera solista con Polvere, Morire ed una tirata e rockeggiante Barbaro dal sintetico, difficile e freddo album CO.DEX(2000), che doveva sancire il riavvicinamento con Zamboni proprio a Berlino come agli inizi quando tutto iniziò, ma che di fatto uscì solo a suo nome e incrinò nuovamente il rapporto tra i due.
Ancora i bis con con Tu Menti, l'odissea orientaleggiante di Radio Kabul, Mimporta 'nasega che portò inaspettatamente i CSI in testa alle classifiche di vendita nel 1997,e la sempre scatenata con indole punk di Per me lo so che chiude la serata con i suoi slogan: "Conforme a chi? conforme a cosa? va peggio va meglio...non so dire...non so...Sei tu, sei tu, chi può darti di più? In questo presente che capire non sai...". Un saluto con la mano e si dilegua nel retropalco.
Nelle quasi due ore di concerto, difficile distogliere gli sguardi da Ferretti che continua, nonostante tutto quello che gli gravita intorno nella vita privata e nonostante non abbia proferito parola, ad emanare il fascino dell'intellettuale che indossa le scarpe grosse del contadino. E avresti voglia di conoscerlo meglio quel contadino che ha cercato riparo dalla frenesia del mondo occidentale, ritirandosi in alta montagna: per farti raccontare-finalmente dalla sua voce- magari in un salotto vero e rustico, davanti ad un camino acceso ed un bicchiere di vino il perchè delle sue scelte di vita. A tutto il resto hanno pensato le canzoni di stasera.