
Sesto San Giovanni, comune industriale milanese come le spiaggie di Torquay a Victoria in Australia?-così o quasi recitava la presentazione del concerto- Nemmeno le menti più allucinate riuscirebbero a pensarci, anche se qualcuno, poco lontano da qui, all'idroscalo quasi ci crede. Stasera chi era presente al Carroponte ci ha creduto veramente, fuori classifica chi era inebriato dall'erba magica e chi dall'alcol. Sto parlando di chi, questa sera ha chiuso gli occhi per un momento, quando quello strano suono che usciva dal didgeredoo di Xavier Rudd ha sostituito per due ore i clacson del venerdì sera nella provincia milanese e ha lasciato che le gocce d'acqua piovana, per un volta, diventassero sinonimo di libertà e natura e non di fastidio e stress da crisi compulsiva sulle strade trafficate di una tangenziale.
Xavier Rudd sale in scena dopo le ventidue, nel piccolo palco adiacente alla imponente struttura del Carroponte, illuminata di rosso. Mantenendo fede al suo spirito, si dice che nel pomeriggio scorazzasse in lungo ed in largo per il carroponte in compagnia del suo inseparabile skateboard. Difficile non crederci.
Barba incolta, piedi scalzi e quel poco che di lui si intravede da dietro alla ingombrante macchina da musica che da sempre si porta dietro, strumenti della tradizione della sua terra: batteria essenziale, percussioni, Yirdaki (didgeridoo), chitarre acustiche e slide, stomp box, armonica e sicuramente qualcos'altro che di cui ignoro il nome.
Le danze tribali aborigene su Culture Bleeding, il folk/blues aspro e anglofono di Bow Down, l'omaggio a Bob Marley con No Woman No Cry (contenuta nel suo album Solace-2004 ), la contagiosità di Fotune Teller, le dolcezze ariose, solari ed acustiche di Comfortable in my Skin, Follow the Sun, Let Me Be, il folk di Messages sulle orme del suo idolo Paul Simon.
Infaticabile one-man band in grado di suonare una moltitudine di strumenti contemporaneamente ed in grado di far ballare o semplicemente cullare attraverso i testi che portano lontano, molto lontano. Il suo ultimo album Spirit Bird, ben presentato stasera, ci mostra la sua anima più acustica ed introspettiva ma non vengono tralasciate le radici più profonde della sua terra e quando lascia i suoi strumenti per presentarsi d'avanti al palco per saltellare e ballare sotto la pioggia come gli antichi aborigeni australiani, capisci quanto sia vero e unico il personaggio. La magia di dialogare con il suo pubblico che stasera lo incita a grida di "dai Xavierone!!!!".
Xavier è un personaggio vero e genuino, non ha bisogno di nascondere nulla di sè. Solo gli strumenti possono permettersi di metterlo in ombra, ma è per una buona causa: diffondere il più possibile il suo messaggio e la sua musica che trova la subliminazione finale quando il cielo si ripulisce, le nuvole nere fino a poco prima mimetizzate con l'oscurità della notte scompaiono; una leggera brezza surfa sulle vibrazioni delle note di Spirit Bird, il suo (e nostro) nuovo inno. Pugno al cuore ed un grande ed intenso rispetto. Il concerto che auguro di vedere a tutti in questa estate.
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