Quando la pioggia ha iniziato a cadere e i fulmini del temporale in lontananza si mischiavano alle luci del palco, qualcosa di profondamente purificatore si era impossessato della serata. Tutto sembrava far parte della coreografia che madre natura aveva preparato per il concerto, ormai giunto a metà. I cuori si sono aperti e tutto galleggiava e ondeggiava dalla parte delle forti emozioni.
Sesto San Giovanni, comune industriale milanese come le spiaggie di Torquay a Victoria in Australia?-così o quasi recitava la presentazione del concerto- Nemmeno le menti più allucinate riuscirebbero a pensarci, anche se qualcuno, poco lontano da qui, all'idroscalo quasi ci crede. Stasera chi era presente al Carroponte ci ha creduto veramente, fuori classifica chi era inebriato dall'erba magica e chi dall'alcol. Sto parlando di chi, questa sera ha chiuso gli occhi per un momento, quando quello strano suono che usciva dal didgeredoo di Xavier Rudd ha sostituito per due ore i clacson del venerdì sera nella provincia milanese e ha lasciato che le gocce d'acqua piovana, per un volta, diventassero sinonimo di libertà e natura e non di fastidio e stress da crisi compulsiva sulle strade trafficate di una tangenziale.
Ad aprire la serata Fabrizio Cammarata. Cantautore palermitano più conosciuto all'estero che in Italia, anche grazie ad una innata propensione al viaggio che si tramuta nella sua scrittura. Vanta la collaborazione dei Calexico nel suo secondo disco Rooms uscito nel 2011 prodotto da JD Foster-una garanzia-. Stasera il suo folk pennellato e ibrido si è inebriato nell'aria, trovandosi a proprio agio nell'atmosfera che poco dopo Xavier Rudd avrebbe contaminato e che già si stava percependo. Un apripista ideale che con dolcezza, modi gentili e garbati ha presentato, da solo con la chitarra, le sue ballads con la splendida finale Alone & Alive che farebbe invidia a più di un cantautore. Auguro a Fabrizio tutta la fortuna possibile.
Xavier Rudd sale in scena dopo le ventidue, nel piccolo palco adiacente alla imponente struttura del Carroponte, illuminata di rosso. Mantenendo fede al suo spirito, si dice che nel pomeriggio scorazzasse in lungo ed in largo per il carroponte in compagnia del suo inseparabile skateboard. Difficile non crederci.
Barba incolta, piedi scalzi e quel poco che di lui si intravede da dietro alla ingombrante macchina da musica che da sempre si porta dietro, strumenti della tradizione della sua terra: batteria essenziale, percussioni, Yirdaki (didgeridoo), chitarre acustiche e slide, stomp box, armonica e sicuramente qualcos'altro che di cui ignoro il nome.
Apre il concerto con la potenza trascinante dei sette minuti di Lioness Eyes, brano d'apertura del suo ultimo lavoro di studio. La danza delle gambe inizia il suo viaggio e la testa inizia a svuotarsi. Solo percussioni e didgeridoo che catturano dal primo momento, facendoti entrare nel vortice ipnotizzante della sua musica, dove il cantautorato folk e blues trova un accordo comune con la world music. La spiritualità tende la mano alle radici terrose della natura.
Le danze tribali aborigene su Culture Bleeding, il folk/blues aspro e anglofono di Bow Down, l'omaggio a Bob Marley con No Woman No Cry (contenuta nel suo album Solace-2004 ), la contagiosità di Fotune Teller, le dolcezze ariose, solari ed acustiche di Comfortable in my Skin, Follow the Sun, Let Me Be, il folk di Messages sulle orme del suo idolo Paul Simon.
Infaticabile one-man band in grado di suonare una moltitudine di strumenti contemporaneamente ed in grado di far ballare o semplicemente cullare attraverso i testi che portano lontano, molto lontano. Il suo ultimo album Spirit Bird, ben presentato stasera, ci mostra la sua anima più acustica ed introspettiva ma non vengono tralasciate le radici più profonde della sua terra e quando lascia i suoi strumenti per presentarsi d'avanti al palco per saltellare e ballare sotto la pioggia come gli antichi aborigeni australiani, capisci quanto sia vero e unico il personaggio. La magia di dialogare con il suo pubblico che stasera lo incita a grida di "dai Xavierone!!!!".
Xavier Rudd è naturalmente un estremo difensore della natura e dell'ambiente. Lo dimostra quando, rientrato per l'encore, espone un manifesto con la foto di Paul Watson (con la scritta: Freiheit-Fur Kapitan Paul Watson), fondatore dell'associazione Sea Sheperd Conservation Society, nata in difesa della fauna marina (la bandiera nera con il teschio piratesco campeggiava già da inizio concerto sopra la testa di Xavier, unitamente a quella degli australiani aborigeni). Paul Watson è un ambientalista canadese che da sempre si prodiga per difendere l'ambiente naturale; fu tra i soci fondatori di Greenpeace e recentemente è stato arrestato in Germania, dopo uno strano incidente diplomatico.
Xavier è un personaggio vero e genuino, non ha bisogno di nascondere nulla di sè. Solo gli strumenti possono permettersi di metterlo in ombra, ma è per una buona causa: diffondere il più possibile il suo messaggio e la sua musica che trova la subliminazione finale quando il cielo si ripulisce, le nuvole nere fino a poco prima mimetizzate con l'oscurità della notte scompaiono; una leggera brezza surfa sulle vibrazioni delle note di Spirit Bird, il suo (e nostro) nuovo inno. Pugno al cuore ed un grande ed intenso rispetto. Il concerto che auguro di vedere a tutti in questa estate.
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