SAMI YAFFA The Innermost Journey To Your Outermost Mind (Live Wire, 2021)
se ami il rock'n'roll, passa di qui
Sarebbe veramente un delitto dimenticarsi di questo disco, tra le cose più rock'n'roll ascoltate quest'anno. A proposito: è uscito anche il ritorno dei Wildhearts di Ginger.
Sami Yaffa non ha bisogno di troppe presentazioni. Per i più distratti si possono citare alcuni nomi: bassista dei seminali Hanoi Rocks, degli ancor più seminali New York Dolls riformati negli anni duemila, dei sempre dimenticati Jetboy, ha collaborato e suonato nei progetti dell'amico Michael Monroe (solista, Jerusalem Slim, Demolition 23), con Joan Jett, Johnny Thunders, i Murphy'Law. Insomma, negli ultimi quarant'anni si è dato da fare, lasciando le impronte del suo basso un po' ovunque.
Per questo suo primo disco solista, arrivato all'età di cinquantotto anni (ha pure trovato il tempo di dare alle stampe un'autobiografia uscita nel 2016), si circonda di tanti amici con i quali ha diviso una buona parte di carriera nei sotterranei dei locali sparsi tra States e Europa a suonare sleaze rock: da Michael Monroe che imprime il suo inseparabile sax nella psychobilly 'Fortunate One', al vecchio compagno d'infanzia e di mille avventure Janne Haavisto alla batteria. I chitarristi Rich Jones, Christian Martucci (Stone Sour) e Rane degli Smack.
"L'idea per l'album solista ha iniziato a prendere forma qualche anno fa. In precedenza avevo scritto musica per i New York Dolls e la Michael Monroe Band, ma ora alcune delle canzoni che stavo scrivendo e che avevo scritto iniziavano a sembrare sempre più cose mie invece di quelle che avrei scritto per quelle band " racconta il finlandese.
The Innermost Journey To Your Outermost Mind è così un compendio della sua carriera, un diario di vita che raccoglie tutte le sue influenze musicali: nell'apertura 'Armageddon Togheter' misura la temperatura dell'attuale stato delle cose là fuori, Iu8ii8o9b 9in pieno stile Stooges, 'Selling Me Shit' è un rantolo punk hardcore con una parentesi dub reggae nel mezzo, parentesi sviluppata meglio nei ritmi in levare di 'You Gimme Fever' (con una bella chitarra solista) e in 'Rotten Roots' che raccoglie i semi crossover seminati da Joe Strummer. In mezzo al punk veloce di 'Germinator', al rock'n'roll psichedelico di 'The Lady Time', all'hard rock pesante di 'I Can' t Stand It' con alla chitarra Timo Kaltio, scomparso recentemente (co autore di 'Right Next Door To Hell' insieme a Izzy Stradlin, canzone presente su Use Your Illusion dei Guns N' Roses), troviamo 'Down At St. Joe' s', ballata dagli umori americani con slide e pianoforte e parole vissute sulla dipendenza da alcol, una curiosa, meticcia e ben riuscita 'Look Ahead' patchanka gypsy con tanto di fiati e la finale 'Cancel The End Of The World', epica, gospel, positiva risposta alla canzone che apre il disco.
Un disco che per quaranta minuti fa riaffiorare ricordi di quel rock'n'roll che sembrava dimenticato in questi due ultimi anni senza concerti: si respira l'aria del CBGB, c'è l'alito di Johnny Thunders che sbuffa dietro, i nervi tesi e sudati di Iggy Pop che si piegano e si allungano, la Jamaica vista in prospettiva Clash, i bicchieri pieni a festa dei Faces un po' alticci e la santa benedizione degli eterni Glimmer Twins. Insomma: quasi tutto quello che serve.
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