mercoledì 8 aprile 2020

DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA # 83: JOHN PRINE (John Prine)

JOHN PRINE  John Prine (Atlantic, 1971)
 
 
 
 
24 anni, talento e saggezza
 
Chris Knight (altro outsider) nel suo penultimo e buon disco Little Victories uscito nel 2012 ha coronato un sogno: duettare con il suo idolo di sempre, John Prine, colui che lo invogliò a imbracciare una chitarra fin dalla tenera età. Ecco, credo che Prine sia stato già dal suo strepitoso debutto del 1971, una guida importante per molte generazioni di songwriter americani, pur non raggiungendo mai la meritata fama mediatica. Da postino (uno dei suoi primi lavori) a “nuovo Dylan” alla stima del vero Bob Dylan in carne e ossa il passo fu brevissimo. Lungo solo trdici canzoni. Anche se il primo a notarlo fu Kris Kristofferson che lo portò alla firma con l’Atlantic.
Sono passati quasi cinquant'anni e questo debutto rimane, oltre che uno dei suoi migliori (ma si passa anche da Bruised Orange, German Afternoon, The Missing Years, l'ultimo The Tree Of Forgiveness ), anche uno dei migliori debutti di cantautorato americano di sempre, forte di ben 45 minuti in bilico tra country e folk senza mai cali di tensione e ispirazione. Merito di una scrittura limpida e cristallina, piena di storie, immagini e metafore raccontate con penna poetica. Spesso scure e drammatiche, a volte con una pennellata di sdrammatizzante ironia. Basterebbe prendere due canzoni come ‘Illegal Smile’ e ‘Sam Stone’ per esplorare le due anime: la prima, diventerà un elogio alla marijuana piazzato a inizio disco anche se "devo confessare che la canzone non parlava di fumo e droga, era più un ricordo che avevo sin da quando ero bambino, avevo questa visione del mondo in cui mi trovavo a sorridere di cose su cui nessun altro stava sorridendo", la seconda una drammatica ballata sulla fine di un veterano del Vietnam dipendente da morfina che fa il paio con la politica ‘Your Flag Decal Won’t Get You Into Heaven Anymore’.
"Tutti i miei amici tornati a casa dal Vietnam mi hanno cambiato. Non erano gli stessi. Stavo cercando di spiegarmelo, ed è così che ho scritto Sam Stone" ricorderà.
Ma la sua penna diventa micidiale quando scrive la quotidianità, che viene sviscerata in tutte le sue mille tristi sfumature: la malinconia sul trascorrere del tempo che porta alla vecchiaia di ‘Hello In There’ venuta in ispirazione dopo aver sentito 'Across The Universe' di John Lennon, la nostalgia dell'adolescenza trascorsa giù nel Kentucky occidentale che sta piano piano cambiando in peggio nella sua amata cittadina  delle vacanze ‘Paradise’ "poi sono arrivati ​​i bulldozer e hanno cancellato tutto dalla mappa" come ricorda.
La fuga d’amore di ‘Spanish Pipedream’, il tragico suicidio di ‘Six O'Clock News’, la romantica solitudine di ‘Donald And Lydia’, le rotture d’amore di ‘Far From Me’.
E poi quella ‘Angel Of Montgomery’, una delle sue canzoni più coverizzate.
"Ho avuto questa immagine molto vivida di questa donna che stava in piedi sull'acqua con il sapone in mano e si allontanava da tutto", trasformandosi  in un angelo per sfuggire alla monotonia della propria vita. Così Prine raccontò da dove nacque l'idea per quel testo che Bonnie Raitt fece suo talmente tanto da dire,"mi cambiò la vita".
Un debutto che coniuga splendidamente talento e saggezza. Come scrive Kris Kristofferson nelle lunghe liner notes a presentazione del disco: “ha 24 anni e scrive come se ne avesse 220…”. Quando di anni ne ha avuti 73 con The Tree Of Forgiveness ci aveva confermato che nulla era andato perso.
Ora è eternità.

John Prine (10 Ottobre 1946 / 7 Aprile 2020)



 
 

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