VOLBEAT Rewind, Replay, Rebound (Vertigo, 2019)
un passo nel passato, due verso il grande pubblico
Un ritorno al passato, non tanto quello musicale (quello schietto e grezzo fatto di thrash metal, punk e country dei primi dischi sembra ormai perso del tutto) quanto ai ricordi di gioventù. Il settimo disco dei danesi Volbeat cerca di recuperare la memoria perduta nei giorni dell'infanzia del cantante Michael Poulsen (ecco la copertina) e lo fa mettendo in campo vecchi idoli: 'Last Days Under The Sun' è dedicata a Johnny Cash, alla sua rinascita dopo i periodi più bui della sua vita ("in un momento di lucidità ha capito di vere una seconda opportunità"), lo scatenato e pesante rock’n’roll di 'Pelvis On Fire' rimanda direttamente agli anni 50 e al re del rock'n'roll, 'The Awakening Of Bonnie Parker' parla di Bonnie e Clyde, visti da una diversa e inedita angolazione.
Ma a prevalere sembrano le sonorità sempre più melodiche, portate in dote da Rob Caggiano, chitarra e produttore: 'Rewind Exit', la ballata 'When We Were Kids' (ecco che i ricordi di gioventù si fanno vividi), 'Cloud 9', '724' hanno tutte le carte per scontentare i fan della prima ora ma in grado di avvicinare nuovi adepti più avvezzi a sonorità melodiche, spesso al limite del pop.
Allora meglio quando spingono sull'acceleratore del punk rock con tanto di sax e pianoforte old school come in 'Die To Live' che vede la partecipazione di Neil Fallon dei Clutch alla voce, nel tenebroso psychobilly di 'Sorry Sack Of Bones', in 'Cheapside Sloggers', la mia preferita, con la chitarra ospite di Gary Holt (Exodus, Slayer) che sembra riportare la bilancia dei suoni verso i primi dischi così come nei riff thrash metal di 'Everladting', e del singolo 'Leviathan'.
Il classico disco della maturità in grado di aprire nuove porte. Un disco lungo, troppo lungo, che con qualche taglio (melodico) avrebbe guadagnato la mia stima al 100%.
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