venerdì 23 agosto 2019

RECENSIONE: GARRY TALLENT (More Like Me)

GARRY TALLENT   More Like Me (D'Ville Records, 2019)





una vita da mediano
Garry Tallent è sempre stato il mio musicista preferito della E Street Band di Bruce Springsteen: un bassista schivo, preparatissimo e appassionato che ha sempre lavorato sodo all'ombra del grande capo. Il vero motore rock’n’roll della band anche se a prima vista non lo è mai sembrato. Pure un figo assoluto se guardate quelle stupende foto del periodo The Wild, The Innocent And E Street Shuffle: capelli lunghi e lisci, barba e zoccoli ai piedi nudi. Nella vita privata, un vero cultore del rock'n'roll, un'enciclopedia vivente come scrisse qualcuno, che da sempre ama collezionare singoli R&B ma che non è mai stato con le mani in mano tutte le volte che Springsteen ha deciso di mettere in soffitta la band per sfogare il lato prettamente solista come successo in questi due ultimi anni con le tante repliche dello spettacolo teatrale a Broadway e l'ultimo album Western Stars. Ecco allora il basso di Tallent ospite in molti dischi altrui (Steve Earle, Southside Johnny, Ian Hunter tra i tanti), eccolo mettere in piedi uno studio di registrazione e un'etichetta discografica a Nashville negli anni novanta, eccolo seduto dietro il banco di regia come produttore (dischi di Kevin Gordon e Steve Forbert tra i tanti a cui ha lavorato).
Solo tre anni fa ha deciso di metterci finalmente faccia e talento incidendo il suo primo disco solista, BREAK TIME, un disco inseguito da circa vent'anni, che musicalmente guardava indietro agli amati anni cinquanta. Con questo MORE LIKE ME si sposta avanti di un decennio, arrivando agli anni sessanta, al garage rock, al power pop, ai Byrds.
Poco cambia perché il suo approccio onesto alla musica, ora che i 70 anni si stanno avvicinando, è lo stesso che lo catapultò giovanissimo lungo il Jersey Shore, lui nativo di Detroit, quando incontrò compagni di scuola al liceo come Southside Johnny e Vini "Mad Dog" Lopez. Nulla fu più lo stesso.
"Ho imparato a suonare la musica ad orecchio e da allora non ho più imparato a leggere la musica. Allora ascoltavo la musica popolare del giorno. Il mio preferito era Buddy Holly. E iniziai a imitare ciò che suonava con la mia chitarra economica. "
Tallent non ha una grandissima voce, ne è consapevole ma sopperisce a ciò con canzoni piacevoli da cuore aperto, che si buttano a capofitto nel rock.
"Non ho esattamente una grande voce, ma mi piace cantare. Mi sono sentito pronto per uscire dalla mia ‘comfort zone’. Dovrebbe essere affascinante”.
E, a patto di non voler cercare a tutti i costi novità dalla sua musica, lo è.
Dallo scatto garage di 'Too Long', al rock puntellato da un organo, spesso presente lungo tutto il disco, (la caraibica 'If It Ain't One Thing (It's Another) a quello che vira al surf nella breve 'Dirty Rotten Shame' dove compare anche la voce di Bruce Springsteen per un breve cameo a doppiare i cori. I due l'hanno cantata insieme recentemente prima di un concerto dell'amico Southside Johnny allo Stone Pony Summer Stage ad Asbury Park.
Vira al blues con armonica in 'Sinful', omaggia i grandi Byrds, il power pop, con le melodie di 'Tell The Truth' e il sitar di 'No Signs Of Love' mentre 'Above The Rain' possiede le atmosfere british dei Kinks.
Ci lascia anche una ballad come 'Oh No (Another Song)' con la fisarmonica che sembra richiamare antichi fasti springsteeniani e lo spirito dell'amico Danny Federici. Tutte canzoni che avrebbero trovato una collocazione ideal in un disco come The River, tanto per capirsi.
E Street Band alla riscossa in questo 2019: dopo i dischi di Little Steven e Nils Lofgren, ecco Garry Tallent! Quasi a dire: se volete il caro vecchio rock’n’roll, cercatelo nei nostri dischi. Un ascolto lo merita.

Ph. Bob Delevante






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