un saluto alla gazza
High Water I è la prima parte del ricco disco registrato ai Dark Horse Studios di Nashville che fa seguito al debutto dello scorso anno. Fu un debutto anomalo ma degno del passato dei tre ex corvi Rich Robinson, Marc Ford, Sven Pipen con la nuova voce di John Hogg che vince bene la scommessa, con Matt Slocum alle tastiere e Joe Magistro alla batteria. Se allora scaldarono i motori con una scaletta di canzoni già conosciute e registrate live in studio con una formazione allargata a dieci elementi che loro stessi accomunarono alle carovane variopinte e numerose di Joe Cocker con i suoi Mad Dogs e Delaney And Bonnie, tanto per ribadire quali siano le radici del progetto, questa volta compongono così tante canzoni che si è reso necessario dividere il tutto in due uscite. La prima parte fuori oggi, 10 Agosto, la seconda nel 2019. “Il disco dell’anno scorso era più una celebrazione della musica che avevamo fatto insieme. Era quasi una rivisitazione, quasi come una cosa dei Mad Dogs and the Englishmen. Ci siamo divertiti ed è stato davvero bello. Mentre eravamo in tour l'anno scorso e abbiamo iniziato a concentrarci su ciò che avremmo fatto dopo, ci siamo resi conto di voler essere una band: vogliamo andare in studio, fare un disco e diventare una vera band.”
Ascoltando il disco e prestando attenzione alla durata delle canzoni si può notare come questa volta abbiano badato alla forma canzone con più accuratezza e rigore compositivo con una grande attenzione ai dettagli, senza eccedere in lunghezza, non andando mai oltre i sei minuti: la più lunga è la seconda traccia ‘High Water’ con i suoi 5 minuti e 45, canzone che intreccia la West Coast con impasti di chitarre acustiche e voci che riportano ai tempi dei primi CSN così come ‘Walk On Water’ fa salire i Byrds a bordo dei Led Zeppelin in volo radente sopra le campagne del Galles e in cabina comando pare sia seduto Dylan. L’album si apre con il botto, ‘Mary The Gypsy’ è un rock vizioso con le chitarre di Robinson e Ford che grattano furiose ma è veramente difficile inquadrare un album che fa della varietà il suo punto forte. Se ‘Send Me An Omen’ batte le strade hard dell’apripista, nel resto del disco si passa dal soul con forti melodie beatlesiane di ‘Sister Moon’ al crescendo gospel di ‘Color Blind’ che non nasconde il suo importante messaggio antirazzista scritto e cantato con trasporto da Hogg, dal southern rock di ‘Take It All’ che riallaccia i ponti con i padri degli anni settanta, al quieto e carezzevole country condito da pianoforte e lap steel di ‘You Found Me’ che sa infondere libertà, dal blues di ‘Can You See’ che ricorda il migliore Stephen Stills, al divertente honk tonk di ‘Hand In Hand’ fino al finale ipnotico e tetro di ‘Open Up’ che conclude il disco con un volo leggero dentro a una foresta nera e impenetrabile.
L’ombra generata dalle ali aperte dei Black Crowes (si ascolti ‘For The Wind’) è sempre in agguato anche se loro sono abbastanza scaltri per volare liberi verso la luce del sole. A riguardo sono abbastanza chiari: “il confronto con i Black Crowes non ha alcun senso. Naturalmente guardiamo indietro nei set live. Siamo ancora molto orgogliosi del lavoro dei Crowes e fintanto che la gente continua a chiederlo, ci sarà una particolare attenzione verso loro durante le serate. I Magpie Salute, tuttavia, sono una nuova band con musicisti che hanno un legame speciale che stanno vivendo cose molto belle insieme.”
E questa prima parte di High Water è qualcosa di molto bello, dai toni molto più leggeri e freschi rispetto a quello che ci saremmo aspettati dopo il debutto ma mantenendo inalterati i legami verso la musica degli anni 60/70, sia essa figlia del soul, del southern rock, del country o della psichedelia. La confraternita di Chris Robinson da oggi sentirà il fiato sul collo. Salutiamo la nuova gazza, non farlo sembra porti sfortuna.
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