JJ GREY & MOFRO This River ( Alligator Records, 2013)
Se foto e video fossero una rarità almeno quanto lo erano cinquant'anni fa, difficilmente scoprireste con facilità che dietro al nome di
JJ Grey & Mofro si nasconde un bianchissimo artista di Jacksonville (Florida), in pista da almeno quindici anni con sette dischi già all'attivo ed una solidissima e proficua attività live, tanto il suono che esce dalle casse, sparato rigorosamente a mille, è carico di attitudine black, soul, R & B, funk alla James Brown, Earth Wind & Fire, Sly And The Family Stone ma contenente anche tracce del miglior Prince & The Revolution, sonorità incalzanti e contagiose che prendono forma però dalle solide e umide radici southern blues per poi impossessarsi, in pochi secondi, di psiche e fisico. Roba calda, umida, sudata che fa bene all' anima e che elettrizza il corpo. Sono qui a godere di una domenica di sole, innaffiata da bicchieri di birra, stordito e inebriato da luppolo e musica, con le gambe che scalciano e la strana sensazione che mi manchino solo due remi per affrontare senza paura alcuna le strette vie d'acqua che attraversano lagune e paludi. Provate a rimanere impassibili di fronte all'iniziale, viziosa e travolgente
Your Lady, She's Lady:
se ci riuscite, toccatevi immediatamente il polso, avete qualcosa d'importante che sta perdendo colpi dentro voi.
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Il quarantaseienne
JJ Grey naviga il grande fiume (trattasi del St.John's River che scorre vicino alle sue terre, il più lungo della Florida) con il favore delle pigre correnti e con gli spettri dei Muscle Shoals Studio seduti di fianco tanto le dieci tracce scivolano viziose e ammorbanti, scaldate dal calore dei fiati e con la sicurezza dettata da una infanzia trascorsa tra l'abbraccio di una tipica famiglia del sud tutta duro lavoro e preghiere, dalla forte connessione con i luoghi che ama-e mai ha abbandonato- e una coscenziosa visione dell'introspezione umana che si riversano sulla sua buona scrittura. Voce passionale e soul (
Somebody Else, Write A Letter), roca all'occorrenza nei momenti più rock (
Standing On The Edge, 99 Shades Of Crazy) e una band allargata che con il tempo ha trovato la sua connotazione attuale (
Andrew Trube alle chitarre,
Anthony Farrell al piano,
Tod Smallie al basso,
Anthony Cole alla batteria,
Art Ed maiston e
Dennis Marion ai fiati) che spinge al massimo nei travolgenti funk di
Harp & Drums e nella appiccicosa ed evocativa
Florabama ("riesco a sentire la brezza del Golfo del Messico/ci sarà una festa stasera a Florabama") e rallenta pigramente nelle ballate strappa budella come la biografica storia di emarginazione di
The Ballad Of Larry Webb con un 'evocativa slide a ricamare melanconia o la finale, bellissima e cullante
This River, totale dichiarazione d'amore verso i suoi luoghi, rifugi sicuri da tutto il mondo impazzito che ruota intorno (
"cercando di dare un senso all'assurdità che chiamo vita/ perchè solo questo fiume mi da sicurezza/solo questo fiume può portarmi lontano").
Io, intanto, mi rifugio ancora per qualche minuto in questo disco.
vedi anche RECENSIONE: JOE LEWIS & THE HONEYBEARS-Scandalous (2011)
vedi anche RECENSIONE: W.I.N.D.-Temporary Happiness (2013)
vedi anche RECENSIONE: MARK LANEGAN & DUKE GARWOOD-Black Pudding (2013)
vedi anche RECENSIONE: JASON ISBELL-Southeastern (2013)
vedi anche RECENSIONE: TEDESCHI TRUCKS BAND-Made Up Mind (2013)
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