martedì 26 febbraio 2019

RECENSIONE: HAYES CARLL (What It Is)

HAYES CARLL What It Is (Dualtone Music, 2019)
 
 
 
 
 
 
 
il texano ritrovato
Con questo disco Hayes Carll lascia definitivamente i fotogrammi degli ultimi anni della sua vita impressi nello specchietto retrovisore e continua a macinare la strada che aveva imboccato prima del divorzio. Quel particolare momento della sua vita lo lasciò già impresso nel precedente disco Lovers And Leavers (2016), un album che scavava nel pr...ofondo delle relazioni umane attraverso ballate acustiche intense da operazione a cuore aperto ma colorate di grigio e poco movimentate musicalmente. Con WHAT IS THIS, sesto album, riprende il discorso interrotto prima del divorzio, una via di mezzo tra il suo gioiello Trouble In Mind (2008), dove raccontava di poeti, bevute, epiche sbronze e angoli d’America e Kmag Yoyo (2011), un album fortemente calato nella denuncia politica.
“Questo disco è stato realizzato con lo spirito del cambiamento, del mio mondo e del mondo che mi circonda” racconta.
Ad aiutarlo nella scrittura, nella produzione, alle voci e nella vita (i due sono diventati genitori) la nuova compagna Allison Moorer a cui dedica l'apertura ‘None’Ya’. Disco frizzante, intelligente, ricco di ironia tra le righe e ottimista come ci ha abituato da sempre, dove Carll mette in riga la sua bravura da devoto nipote dei grandi songwriter americani con un marchio “outlaw” tatuato nel cuore. Da ‘Time Like These’, un veloce honky tonk, elettrico e contagioso grazie al vivace violino di Fats Kaplin che si cala perfettamente nel presente, il blues ‘’Wild Ponty Finger’ a ‘Jesus And Elvis’ che potrebbe essere uscita dalla penna di Steve Earle, sicuramente un punto di riferimento. Dalla intensa e liricamente incisiva ‘Fragile Men’ scritta insieme a Lolo (la cantautrice Lauren Pritchard), canzone nata dopo le marce neonaziste che hanno sconvolto Charlottesville in Virginia nel 2017, alla title track, un bucolico e tirato bluegrass guidato da banjo e mandolino. Dal country rock con il passo alla Johnny Cash di ‘If I May Be So Bold’ fino alla ballata acustica ‘I Will Stay’ che chiude il disco, il texano Hayes Carll si conferma uno dei migliori cantautori della sua generazione (43 anni per lui) , in grado di unire il personale, l'autenticità dei paesaggi descritti, la denuncia, in modo sarcastico e intelligente, richiamando i grandi come Dylan, Townes Van Zandt, Guy Clark, il già citato Steve Earle ma anche il primo Todd Snider. Bentornato su queste strade.
 
 
 

 
 
 

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