mercoledì 15 febbraio 2017

RECENSIONE: JOHN GARCIA (The Coyote Who Spoke In Tongues)

JOHN GARCIA- The Coyote Who Spoke In Tongues (Napalm Records, 2017)







Il ritorno di John Garcia con il secondo album solista THE COYOTE WHO SPOKE IN TONGUES più che ricordare i cingoli di un carro armato poggiati sulle quelle sabbie scaldate dal sole cocente nei deserti di Palm Springs, pare nascere a tarda notte quando c’è bisogno di un fuoco a scaldare e di una chitarra a far compagnia, con i volumi bassi per non disturbare troppo i coyote assonnati della zona. A proposito del titolo, in una recente intervista al sito echoessundust.com, dice: “è una sorta di ode al posto da cui vengo. Vivo ancora nel bel mezzo del deserto, e ho tutti questi animali intorno a me. Sin da quando l'ultimo disco dei Kyuss è stato registrato , ognuno dei miei dischi ha avuto una specie di animale in copertina. Io sono un veterinario di giorno e un musicista da notte – così come un padre e un marito! Il titolo è davvero un'ode ai miei posti, sono orgoglioso di vivere ancora del deserto”.
Un disco acustico, ma le pennate sono ben decise e pesanti, che l’ex cantante dei Kyuss (ma anche Unida, Slo Burn, Hermano, Vista Chino) covava da parecchio tempo: l’impalcatura la fanno le vecchie canzoni dei Kyuss, smontate dei cingoli, addomesticate e rimodellate coraggiosamente in chiave acustica (‘Green Machine’, ‘Space Cadet’, ‘Gardenia’, ‘El Rodeo’), mentre alle nuove composizioni (la più energica del disco ‘Kylie’ che apre, 'The Hollingsworth Session’, ‘Argleben II’, la strumentale ‘Court Order’ che chiude il disco) spetta il compito di segnalarci lo stato di salute del cantante. Direi stabile, tendente al buono. Garcia è aiutato dalla chitarra del fedele Ehren Groban (War Drum), dal bassista Mike Pygmie (Mondo Generator, You Know Who) e dal percussionista Greg Saenz (The Dwarves, You Know Who), e il disco pur costruito solo per i fan duri e puri di vecchia data, potrebbe servire a far conoscere l’iconico cantante (47 anni) del movimento stoner a un pubblico poco avvezzo a amplificatori tarati a mille e lunghe jam session tra la sabbia. Il disco è figlio diretto dei tour acustici fatti recentemente, e a detta dell’ autore è stato uno dei più importanti e difficili da portare a termine di tutta la sua carriera. Intanto, pare aver rimesso in moto i Slo Burn per un nuovo tour. I coyote sono avvisati.












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