Nella bella confezione che accompagna il disco, c'è la presentazione di Massimo Priviero, uno scritto semplice, sentito e profondo-come i suoi testi- che spiega quanto Ali Di Libertà sia uno dei suoi dischi più autobiografici in carriera. Ma una frase mi ha colpito più di altre: "tante volte in questa vita sono caduto ed altrettante mi sono rialzato". Poche parole che sembrano racchiudere anche il mio rapporto da ascoltatore con il cantautore veneto, un incontro fatto di alti e bassi, interesse e amnesie. Dopo lo sfolgorante esordio San Valentino (1988) seguito da Nessuna Resa Mai (1990), quello prodotto da Little Steven (E Street Band), dischi che aprirono più di una porta a tutti quei cantautori italiani con la musica americana nel cuore, lo persi di vista, facendomi bastare la sua seconda opera che, ancora oggi, venero e considero uno dei migliori dischi italiani usciti negli anni novanta. Uno di quei dischi da "avere", e Dio solo sa che fatica fu ritrovarlo in CD dopo aver consumato una vecchia e logora musicassetta. L'interesse è tornato prepotente in tempi recenti con Dolce Resistenza (2006) disco "impegnato" che ha rappresentato anche una forte rinascita artistica. Negli ultimi anni è stato prolifico in quantità e qualità: Rock And Poems (2007) è un disco di cover che rileggeva i suoi miti musicali, Sulla Strada (2009) un best of con inediti e vecchi brani risuonati, Rolling Live (2010) un monumentale live -ed io che lo vidi per la prima volta durante un sabato sera qualunque in un piccolissimo locale sperduto tra le risaie vercellesi-fino a FolkRock (2012), ultimo ed ottimo lavoro in compagnia di Michele Gazich (presente anche qui con il suo violino) che sembra rappresentare il nuovo punto di partenza musicale per affrontare il futuro con tutta la libertà artistica che lo ha contraddistinto, permettendogli di smarcarsi dalle logiche di mercato, certamente più remunerative, ma imprigionanti. Il folk ed il rock si mischiano e si contagiano fin dall'apertura Ali Di Libertà, toccando il culmine in Libera Terra-a)La Forza b)Il Sogno (con tanto di cornamusa suonata da Keith Eisdale).
In Ali Di Libertà ci sono tutte le tracce della carriera di un cantautore coerente, passionale, onesto che è andato sempre diritto per la sua strada- con relative cadute e passi falsi (Priviero del 1998 non l'ho mai digerito)- seguendo le orme dei grandi modelli americani ma riuscendo a creare il solco per una propria via al rock, con il tempo diventata riconoscibilissima, mai assservita a facili e illusorie scorciatoie per arrivare al grande pubblico-come meriterebbe-ma andando incontro ai fan senza scendere a compromessi, avvicinandoli e spronandoli con la sola forza della passione e facendo leva sui veri valori della vita.
Ecco che rock elettrici e diretti: gridano rabbia e libertà a voce alta come In Verità (con la chitarra di Paolo Bonfanti), ricca dei suoi sapori irish, diventano nuovi inni da palcoscenico come Alzati, un urlo forte e chiaro, un invito a farsi sentire in mezzo ai ruderi morenti di tutte le speranze, con la chitarra elettrica di Alex Cambise a graffiare. " Ho visto un vecchio al mercato, chiedere il costo della pazzia, ho visto figli chiedere sogni che dare a loro tu non potrai, ho visto padri senza più voce, dire che l'alba non nasce mai...".
Tutta l'intimità esce invece dalla forza delle ballate: preghiere come Madre Proteggi, legata tanto alla fede quanto al cordone ombelicale degli "ultimi", cartoline d'amore sbiadite dal tempo nella pianistica e springsteeniana Il Mare, i ricordi interiori, narrativi e autobiografici di La Casa Di Mio Padre, la folkie e solitaria bonus track Bacio D'Addio.
foto: Cristina Arrigoni |
Partendo dai "marciapiedi di una città" fino ad arrivare alla sua parte di cuore più intimamente nascosta, il cammino è stato lungo ed impegnativo, ma il cartello con la scritta arrivo è ancora lontano e le ali non hanno ancora smesso di sbattere.
vedi anche RECENSIONE: DANIELE TENCA-Wake UpNation (2013)
vedi anche RECENSIONE: CESARE CARUGI-Pontchartrain (2013)