martedì 24 settembre 2013

RECENSIONE:ROD STEWART (Rarities)

ROD STEWART Rarities (Mercury)


Apro subito una parentesi: Rod Stewart quest’anno ha fatto un disco, Time, ma sembra che pochi se ne siano accorti (almeno qui da noi, visto che in UK ha raggiunto la vetta delle charts), pur risultando tra le sue opere migliori da almeno vent’anni a questa parte, ritornando alla scrittura e interrompendo la lunga serie degli The Great American Songbook, che gli avranno pure gonfiato ulteriormente il portafogli ma stavano iniziando a sgonfiare qualcos’altro a noi. Chiusa parentesi. C’era un tempo, però, in cui l’eterno biondo cantante di origini scozzesi non era solo l’interprete da ascoltare sotto l’alberello di Natale, ma un cantante stellare dalla voce unica, distintiva, ricercata, che frequentava compagni di bevute poco raccomandabili (tre dei quali, le "facce" Ron Wood, Ronnie Lane e Ian McLagan  compaiono in quasi tutti i credits come musicisti) e che le 24 canzoni di questa raccolta -non imprescindibile per il die-hard fan che avrà già ottenuto tutto per vie non ufficiali, utilissima per tutti quelli che lo associano solamente a Do Ya Think I'm Sexy (una volta tanto va bene il contrario)- vogliono ricordare attraverso il recupero di versioni alternative, b-sides, radio sessions per la BBC mai apparse prima su disco, inediti risalenti al suo periodo Mercury (dal 1969 al 1974), iniziato dopo la felice collaborazione con Jeff  Beck e in simultanea con l’avvio della nuova avventura The Faces, in pratica i primi cinque dischi solisti, il suo apice artistico mai più eguagliato: The R S Album (1969),Gasoline Alley (1970), Every Picture Tells A story (1971), Never A Dull Moment (1972), Smiler (1974). Canzoni che esaltano il lato roots, folk-blues della sua roca voce in contrapposizione con il lato selvaggiamente rock'n'roll che assumeva parallelamente nei Faces. Oltre a due versioni alternative della hit di inizio carriera Maggie May, una con liriche non complete, l'altra registrata live alla BBC Radio One nel 1971, da non perdere la dylaniana Girl From The North Country esclusa da Smiler, l'honk tonk di Jerry Lee Lewis What's Made Milwaukee Famous ( Has Made A Loser Out Of Me), una-a dire il vero-sovraccarica Pinball Wizard (The Who) con la London Symphony Orchestra, Angel di Jimi Hendrix, una Country Comfort della coppia Elton John /Bernie Taupin in una versione live del 1970 alla BBC Radio, e la rilettura del classico di Cole Porter Every Time We Say Goodbye che sembra anticipare la sua futura carriera. Poi, improvvisamente nel 1975, l’aereo volò verso le luci tentatrici della California e di questo Rod Stewart rimarranno solo alcune sporadiche tracce disseminate in una carriera condotta da simpatica rockstar affermata ma con troppe paillettes luccicanti a dar fastidio-non a lui naturalmente- calate sugli occhi. (Enzo Curelli)





 
 
vedi anche RECENSIONE: ROD STEWART-Time (2013)

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