lunedì 7 marzo 2022

RECENSIONE: MIKE CAMPBELL & THE DIRTY KNOBS (External Combustion)

MIKE CAMPBELL & THE DIRTY KNOBS  External Combustion (BMG, 2022)



la leggenda continua

Partendo dal presupposto che Tom Petty a questo mondo manca tantissimo, tanto che riusciamo a ritrovarlo perfino nell'ultimo disco di Eddie Vedder, non c'è nessuno al mondo che possa fare Tom Petty come Mike Campbell. Ma non si tratta di mero scimmiottamento, i due viaggiavano nello stesso vagone della vita uno accanto all'altro. Lo hanno fatto per quarant'anni, inevitabile si siano contagiati reciprocamente. 

"Tutto quello che ho fatto da quando Tom è morto, incluso nell'album con i The Dirty Knobs, è nello spirito di onorare ciò che abbiamo fatto insieme" raccontò Mike Campbell all'uscita del debutto della band che mise in piedi quindici anni fa, tra un tour degli Heartbreakers e l'altro. Era puro divertimento allora, lo è ancora  anche se ora è diventata priorità. Vita. Ossigeno.

"Ho fatto abbastanza soldi per vivere comodamente. Non ho bisogno di uscire e fare un tour. Non ho più bisogno di registrare. Ma mi piace davvero farlo e voglio migliorare. Questo è ciò che mi fa andare avanti" ha dichiarato recentemente. 

Nasce come tanti dischi durante la pandemia, frutto di quel  tempo che doveva essere regalato al tour per promuovere il debutto Wreckless Abandon e che invece si è tramutato in attesa. Lunga ed estenuante. Per uno come Campbell abituato da sempre a vivere in tour, stare con le mani in mano è impossibile, il passo verso il secondo disco dei Dirty Knobs è stato brevissimo: il tempo di scrivere alcune  canzoni  durante il lockdown, e la volontà di ridare forma e sostanza a vecchi demo dormienti nel cassetto. Ha radunato i compagni Lance Morrison (basso), Matt Laug (batteria) e Jason Sinay (chitarre) in studio e senza troppi fronzoli e sovraincisioni External Combustion è nato in un paio di settimane insieme al produttore George Drakoulias. Una combustione spontanea. Ecco trovato il titolo. 

C'è voglia di suonare. Di divertimento. Lo si capisce fin dall'apertura 'Wicked Mind', un rock'n'roll inconfondibilmente da cuori spezzati con la chitarra di Campbell a tirare la fila. 

Lo si capisce dalla presenza di una leggenda come Ian Hunter che presta la sua voce da ultraottantenne (che prodigio! ) e le sue mani su un pianoforte in 'Dirty Job'. "È stato un brivido per me. Perché sono un grande fan dei Mott the Hoople. Penso solo che sia uno dei migliori scrittori in circolazione. Quindi era solo un regalo caduto dal cielo" racconta Campbell. 

C'è la gioia di suonare senza barriere e steccati: dal tirato country di ' Brigitte Bardot', alla tensione creata dagli archi in 'Cheap Talk', dal blues con finale acido della title track, dallo stomp di 'Rat City', dalla voce di Margo Price che regala a 'State Of Mind' tutta la calma di una canzone d'amore con la A maiuscola. Le atmosfere orientali e meditative di 'In This Lifetime' sono un inaspettato svicolo dalla vecchia strada del rock che catturano al primo ascolto. 

In 'Lightning Boogie', ritorna la vecchia magia degli Heartbreakers con il piano ospite di Benmont Tech: rock'n'roll, solo puro e semplice rock'n'roll da gente che sa come trattare la materia. Si gioca. C'è solo da imparare. Nel country 'It Is Written' c'è un chiaro riferimento a Tom Petty, alla loro amicizia, al sud, alla California come se The Band suonasse ancora una volta l'ultimo degli infiniti valzer che la musica ogni tanto sa regalarci. 

"You were born in California, I was born in FLA, I went out there, with a rock and roll band". La mente vaga, rilegge, rivede con nostalgia. 

E dopo la finale 'Electric Gypsy' non si può ribadire ancora una volta quanto solo Mike Campbell sia concesso di fare Tom Petty. Un legame che va oltre. E questa volta la strada che porta verso il tour sembra essere libera perché come lo stesso Campbell ha rilasciato in una intervista: "è così divertente suonare in una band. Non c'è niente di simile. È il miglior lavoro del mondo".




Nessun commento:

Posta un commento